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La strana storia della ”band bank”

Rischi di speculazione in Europa e per i risparmiatori

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Il fallimento della Cassa di Risparmio di Ferrara, della Banca delle Marche,della Banca dell’Etruria e del Lazio e della Cassa di Risparmio di Chieti, ha portato alla ribalta la questione della badbank. L’argomento partito in sordina, ha acquistato via via maggiore importanza, soprattutto, per le difficoltà che il progetto di costituzione di tale soggetto ha incontrato in sede europea.
Infatti, la preoccupazione della Commissione è sempre stata quella di evitare che l’operazione “salva banche” si trasformasse in una forma occulta di aiuto di Stato. In effetti, la questione aveva già formato oggetto di osservazione nel nostro articolo del 2 dicembre scorso: “Salva-banche, operazione rischiosa che non tiene conto del passato”, dove rilevammo, tra l’atro, il citato pericolo.
Ma cosa effettivamente è una badbanke, soprattutto,si tratta uno strumento in concreto in grado di risolvere i problemi che nascono dal fallimento delle banche citate e di permettere alle nuove banche di agire senza patire il peso degli errori compiuti nel recente passato nell’erogazione del credito?
Per rispondere alla domanda facciamo un passo indietro, e cerchiamo di comprenderecosa effettivamente realizzi l’istituzione di una badbank.Premettiamo, per chi non fosse avvezzo di questioni bancarie, che in questo soggetto andranno a confluire i crediti considerati inesigibili delle banche fallite, e che lo scopo della badbank è proprio quello di realizzare gli incassi di tali crediti, (parte interessi e parte capitale).Prima questione: la band bank acquista i crediti dalla banca fallita (o comunque cedente) non a titolo gratuito, ma pagandoli. Domandiamoci allora, perché tale soggetto dovrebbe pagare qualcosa per dei crediti che si considerano inesigibili?
La verità è che ad esser ceduta è una massa indistinta di crediti. Alcuni di questi crediti sicuramente non sono esigibili, altri, lo sono solo parzialmente, altri ancora, invece,sono legati a semplici difficoltà temporanee del debitore e possono essere agevolmente rinegoziati.
Su questo aspetto, l’esperienza maturata da apposite società di riscossione crediti permette di convenire che soggetti specializzati possono trovare profitto dove, invece, le banche non sono in grado di farlo.  Pertanto, ceduti in blocco, tali crediti possono avere certamente un prezzo.
Ma qual è il prezzo di cessione/acquisizione giusto?È certo che la definizione di un prezzo corretto di cessione è indiscutibilmente prodromico al successo di tutta l’operazione; un prezzo troppo basso è in danno dei creditori della società fallita (o della nuova realtà che si vuole alleggerire di tale incombenza) mentre,un prezzo troppo alto pregiudica il successo della badbank.
La determinazione del prezzo corretto è, peraltro, affare complicatissimo ed intervengono elementi di natura contingente e di natura politica che rendono oltremodo ardua una pretesa valutazione oggettiva degli assetceduti.Posto, tuttavia, che la cessione sia avvenuta al prezzo giusto, come potrà la badbank ricavare un profitto?
Le modalità operative della badbank possono essere diverse; un modello sperimentato in molti paesi occidentali è quello di emettere obbligazioni garantite, a loro volta, dai crediti incagliati acquistati dalla banca medesima. Normalmente si procede attraverso l’emissione di tre categorie di obbligazioni: le junior, obbligazioni molto rischiose, le mezzanine e, le senior, obbligazioni, quest’ultime,caratterizzate da un più alto grado di sicurezza.
Queste tre categorie di obbligazioni verranno collocate al pubblico (o meglio ad intermediari professionali), ed il relativo prezzo di collocamento dovrebbe incorporare il rischio di fallimento. Senza voler spaventare nessuno, si ricorda, tuttavia, che i mutui subprime sono stati collocati in tal modo e, quindi, va da se il suggerimento di evitare che tali prodotti vengano collocati al retail. A scongiurare che qualche risparmiatore rimanga col cerino in mano, potrebbe non bastare la trasparenza nello scopo attribuito alla badbank, che rimane (ricordiamolo) quello di incassare i crediti e, che utilizza l’emissione di obbligazioni per reperire i mezzi necessari per l’espletamento del compito. Il collocamento dei predetti titoli dovrebbe, pertanto essere attentamente seguito.
Dicevamo,  all’inizio del nostro breve articolo, che la Commissione europea ha sospettato che dietro l’operazione badbank al servizio delle banche fallite, si celasse un aiuto dello Stato italiano. In effetti, per rendere appetibili il collocamento di tali obbligazioni presso il pubblico è stato ventilato da più parti l’opportunità che tali obbligazioni o, almeno quelle senior, fossero assistite dalla garanzia dello Stato italiano.
La questione è stata sciolta, pochi giorni fa, con la previsione del pagamento da parte delle banche fallite (ovvero cedenti i crediti in sofferenza) di una commissione perché il credito ceduto sia assistito dalla garanzia statale. Va da se, che è un mistero il criterio adottato dalla Commissione per la determinazione di tale prezzo, atteso che un importo giusto potrebbe, anche in questo caso, essere deciso solo dal mercato.Ma oramai il meccanismo sembra poter decollare senza ulteriori aggiustamenti. Speriamo solo che nessuno si rompa ulteriormente la testa!

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Enea Franza

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