La storia di un eroe del Risorgimento

Il beato Toniolo e il cattolicesimo liberale

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di Claudio Gentili*

ROMA, giovedì, 3 maggio 2012 (ZENIT.org) – Ai festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia appena conclusi, ai più giovani restano tante belle citazioni e aneddoti sui soliti noti: Cavour, Garibaldi, Mazzini. Chi ha voluto giustamente ricordarli, sembra quasi intimorito dalla possibilità di fare un ulteriore sforzo: rimuovere il velo della storia da figure che questo Paese lo hanno forgiato da dentro, dandogli quell’anima silenziosa che è l’unica forza che resiste nei momenti difficili, facendo da backup di valori ed energie, pronte a conservarsi nei momenti di crisi e riattivarsi nei momenti di ripresa.

Tra queste figure c’è certamente Giuseppe Toniolo, l’uomo della sintesi, che il 29 aprile è stato proclamato beato. Si è trattato di un evento storico per l’Italia. Un evento storico per il cattolicesimo sociale. Toniolo è infatti un modello di santità “laica” che combina e valorizza, in modo del tutto naturale, ogni aspetto della presenza di un cittadino-cattolico nella società. Un esempio, come pochi, che sulla fede in Dio costruisce il suo impegno nella società sviluppando e combinando insieme, senza compromessi, la famiglia, la cultura e la solidarietà sociale.

Toniolo si colloca in un’epoca segnata dal non expedit ma anche dalla Rerum novarum; dall’anticlericale governo sabaudo ma anche dall’Opera dei Congressi. Un periodo che oggi diremmo “di transizione” in cui il lavoro culturale diventa centrale per formare le nuove classi dirigenti e garantire un futuro di ampio respiro al Paese.

Di questo lavoro culturale Toniolo è il più alto interprete. Per questo motivo la sua testimonianza è attuale più che mai, per cattolici e non cattolici. Egli si è trovato, dopo la Rerum novarum, davanti a un bivio: scegliere tra moralismo politico o discernimento politico. Scegliere di propugnare la distinzione tra buoni e cattivi, assumendo il ruolo di arbitro, oppure scegliere di unire, riflettere sulla portata del proprio impegno nella società da concretizzarsi in opere e azioni.

Toniolo scelse questa seconda strada. Padre di sette figli, a cui amava raccontare ogni sera una pagina del Vangelo, innamorato della moglie e legato alla sua famiglia, fu un instancabile promotore di solidarietà sociale. Grazie al suo impegno, al suo impulso e al suo coordinamento, sono nate in quegli anni, in cui i cattolici erano ai margini della vita politica italiana ma non avevano abbandonato la società civile, 588 Casse rurali, 668 Società operaie, 708 sezioni giovanili dell’Opera dei Congressi. Da questa visione aperta e concreta del ruolo nei cattolici della società nacque l’intuizione delle Settimane Sociali: un’occasione di testimonianza condivisa da parte di tutti coloro che avevano scelto di abbandonare la via del moralismo e fare del vero e proprio cattolicesimo sociale.

Non a caso Toniolo è l’illuminato ispiratore di associazioni, enti e movimenti che oggi sono fortemente attive nel contesto sociale. Non ha solo fondato la FUCI, da instancabile docente innamorato del suo mestiere, ma con la sua filosofia sociale e con la sua capacità di accostare evangelizzazione e promozione umana, si può dire che il Toniolo sia un precursore delle Acli, della Coldiretti, delle Confcooperative, della CISL, dell’Università Cattolica. Non a caso Gemelli lo andò a trovare sul letto di morte per preannunciargli che il suo sogno di avere un’Università dei cattolici stava per realizzarsi. E non è un caso se, quando andiamo in banca, ci può capitare di imbatterci in un istituto di credito a lui ispirato.

Toniolo era rispetto al coevo Marx, che come notava la Rerum novarum dava una risposta sbagliata ad un’esigenza giusta, la risposta vivente che metteva insieme amore per i poveri e amore per la Verità, e che non sacrificava sull’altare del collettivismo e dell’ateismo i valori della solidarietà. Già da studente dedicò la sua tesi di laurea alla dimostrazione della necessità di un nesso tra etica ed economia, inserendosi pienamente nel solco del pensiero cristiano a cui aggiungeva tutto il carico di questioni che nascevano col mondo industriale.

Nessun manifesto, nessuna rivoluzione. Ma un lavoro intenso e quotidiano di costruzione di reti di solidarietà sociale. Toniolo divenne in poco tempo un bastione nel dibattito sull’economia europea: il suo obiettivo era rendere “pratica” l’elaborazione culturale, pratica e rispettosa. Testimoniare la fede per rendere più efficaci le opere. Per questo motivo Toniolo ha dato al cattolicesimo una via nuova, mantenendosi in totale adesione col Magistero. Roba da Santi. Roba da leader silenziosi e pazienti che passano la vita a promuovere l’unità dei cattolici.

Quando la temperie culturale post-unitaria, dominata da idee positiviste e anti-clericali, cercò di distruggere il legame antico tra Chiesa e società, Toniolo vi ha contrapposto una proposta culturale nuova, forte della concretezza dei cattolici che si impegnavano nel silenzio. Cosa potremmo fare noi oggi, per riproporre un legame che tanti benefici ha dato al nostro Paese? In un’epoca in cui il relativismo mostra tutti i suoi difetti di pensiero debole, quando è ormai evidente che hanno fallito il capitalismo più sfrenato e il collettivismo che cancella i diritti delle persone, ecco che è necessario che i cattolici tornino a impegnarsi con rinnovato vigore. Non possiamo più permetterci l’apar­theid.

Le potenzialità non mancano e non si tratta soltanto di snocciolare numeri e dati: è una buona notizia quanto rilevato dal CENSIS sulla percentuale in aumento degli italiani che si riconoscono in una religione organizzata (il 65,5%, in larga parte cattolici, un + 20% rispetto agli anni Ottanta). Ma più importante dei numeri è riconoscere il valore di una proposta culturale nel contesto socio-economico, proposta che Toniolo fece per primo, e che oggi non è più possibile trascurare: la prevalenza dell’etica sull’economia, la soluzione del problema sociale con la difesa della piccola proprietà, la tutela del lavoro delle donne e dei ragazzi, il riposo festivo per dedicarsi alla famiglia. Sono questi i temi che non devono mancare sull’agenda sociale, da quella di chi ci governa a quella degli ultimi cittadini che si dedicano al volontariato e alla cura degli altri.

Per Toniolo la scelta, l’opzione fondamentale, fu una “facile cosa” e la santità che gli verrà riconosciuta manifesta tutti i benefici che la sua persona ha dato all’Italia e al cattolicesimo sociale. Non possiamo essere insensibili ad un insegnamento così efficace e alla portata di tutti. La Rivista “La Società” ha fatto la sua parte, organizzando i Laboratori della DSC, un percorso culturale che ha visto una vasta partecipazione di giovani, esponenti delle associazioni ecclesiali, sindacalisti, imprenditori, docenti, politici. Toniolo anche oggi continua a unire e a creare legami e relazioni.

Quali passi affrontare dunque? Prima di tutto fare cultura, mettendo in condivisione tutte le energie intellettuali che il mondo cattolico sa offrire, aprendo a tutti e trovando le ragioni della sintesi, più che gli uomini della sintesi. La politica viene dopo: è auspicabile che i principi della Dottrina Sociale della Chiesa penetrino nella cultura politica diffusa. Occorre imparare a vivere l’unità nel pluralismo e fare in modo che i principi che proclamiamo siano ispiratori di nuove progettualità politiche. In questo modo anche l’impegno politico si inserisce nella grande tensione dell’annuncio del Vangelo cui siamo primariamente chiamati.

Per questo è necessario un grande lavoro culturale per combattere il largamente diffuso dogma della diaspora che spesso motiva disattenzioni e sottovalutazioni rispetto alla funzione positiva che l’unità politica dei cattolici (esercitata anche in partiti diversi) può fornire alla coesione e all’unità del Paese. Occorre prendere atto che le nuove forme di presenza politica di successo non nascono
più attraverso modalità organizzative che fanno riferimento alla forma-partito, ma attraverso fondazioni che ispirano programmi culturali che possono svolgere azioni incisive all’interno delle coalizioni politiche e nel momento elettorale.

Non esiste una ricetta, non esistono chef. Esiste la voglia e la necessità di far riscoprire il gusto di Dio nella società. Lo stesso Toniolo, uomo di sintesi, ricordava ai cattolici del suo tempo: “Ben altra deve essere la nostra professione dottrinale e il nostro proposito pratico. Di fronte ad un movimento che mira definitivamente a questo risultato, che nelle relazioni sociali la religione non sia nulla, noi dobbiamo adoperarci perché nei rapporti sociali la religione virtualmente sia tutto.”  

* Claudio Gentili è direttore de La Società, la rivista della Fondazione Toniolo

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ZENIT Staff

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