La storia di Nostra Signora di Guadalupe raccontata in un film-documentario

“Il Sangue e la Rosa”, del regista Tim Watkins, riafferma il profondo significato ecclesiale e missionario di Guadalupe e Juan Diego

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Correva l’anno 1910, quando Nostra Signora di Guadalupe fu proclamata patrona dell’America Latina da Pio X. Tale gesto, realizzato da un Pontefice dalla forte devozione mariana, fu il riconoscimento che quanto avvenne nel 1531 nei pressi della collina di Tepeyac, nell’attuale Messico, costituisce il crocevia determinante nell’evangelizzazione dei popoli indigeni.

Un concetto ribadito decenni più tardi da un altro Papa. L’apparizione di cui fu protagonista Juan Diego, un umile nativo che abitava in quella zona, “significò l’inizio dell’evangelizzazione con una vitalità che superò ogni aspettativa”, dichiarò Giovanni Paolo II nel corso della sua omelia per la canonizzazione di Juan Diego, celebrata a Città del Messico il 31 luglio 2002.

L’evento miracoloso si consumò in un periodo storico concitato nella storia americana e del mondo intero, ad appena quarant’anni dallo sbarco di Cristoforo Colombo. “Il messaggio di Cristo, attraverso sua Madre, riprese gli elementi centrali della cultura indigena, li purificò e diede loro il definitivo significato di salvezza”, dichiarò sempre Giovanni Paolo II. Il quale aggiunse che, pertanto, “Guadalupe e Juan Diego possiedono un profondo significato ecclesiale e missionario e sono un modello di evangelizzazione perfettamente inculturata”.

Tutto questo costituisce un impulso al film-documentario Il Sangue e La Rosa, ultimo lavoro del regista Tim Watkins (non ancora uscito in italiano). La pellicola, che verrà presentata a Madrid nel corso di Dalavida, evento che si celebra il prossimo fine settimana per promuovere vita e famiglia, infrange quella cultura positivista che pretende di interpretare i fatti storici escludendo l’aspetto trascendente.

Watkins, infatti, si propone anzitutto di spiegare come la Chiesa, attraverso l’apparizione di Maria, sia riuscita a portare la luce della fede a popolazioni che vivevano nella più profonda oscurità. Il contesto storico, del resto, è quello di una civiltà azteca decadente, gravida di credenze che giustificavano i più efferati sacrifici umani come gesti graditi agli dèi.

La voce dolce di una donna, sussurrata all’orecchio di Juan Diego, cambiò tuttavia i destini di quei popoli e interruppe ogni scorrimento di sangue. E non solo, come spiega lo stesso Tim Watkins. “Prima di lavorare per questo progetto – afferma – credevo che (Nostra Signora di Guadalupe) fosse una ‘cosa solo messicana’. Ebbene, mi sbagliavo, è stato straordinario conoscere e ora condividere il più grande miracolo globale conosciuto come Nostra Signora di Guadalupe”.

La provvidenziale apparizione di cui fu protagonista Juan Diego fu dapprima trasmessa oralmente, trascritta attraverso una pittura azteca chiamata mapas, nonché attraverso quelle caratteristiche ballate antiche che accompagnano ancora oggi le celebrazioni che si tengono ogni anno, nell’anniversario dell’apparizione, a Guadalupe. I primi riscontri scritti – si racconta nel film-documentario – risalgono al 1556, el Nican Mopohua, e sono nella lingua Náhuatl, lingua ufficiale dell’impero azteco.

Più che una mera ricostruzione storica, Il Sangue e La Rosa si propone tuttavia di suscitare qualcosa di più profondo nei telespettatori. “Juan Diego era un uomo umile – spiega Tim Watkins – che ascoltò la Parola e contribuì a facilitare un miracolo di natura epica”. La Vergine chiese a Juan Diego di recarsi in cima alla collina, di raccogliere delle rose e metterle nel suo mantello. E lui, sebbene la stagione non fosse quella della fioritura, ubbidendo a quanto richiesto, trovò e raccolse molte rose di straordinaria bellezza. La Vergine, dunque, gli chiese di portarle al suo vescovo come segno dell’apparizione e di chiedergli di costruire una chiesa.

Giunto al cospetto del vescovo, Juan Diego aprì il suo mantello e lasciò scivolare a terra le rose raccolte. Ma lo stupore di chi gli stava innanzi non fu rapito dai fiori, bensì dal mantello, che aveva disegnata l’immagine di una Madonna. Quell’immagine che ancora oggi, rimasta incredibilmente intatta nei secoli, è meta di un copioso pellegrinaggio quotidiano.

“Juan Diego è nato per essere ‘l’aquila che parla’ (che è il significato del suo nome in lingua Náhuatl), e con il nostro battesimo lo siamo anche noi”, afferma entusiasta il regista della pellicola. “Speriamo che questo film – prosegue – servirà a risvegliare gli spettatori affinché riconquistino lo spirito battesimale e lascino che ‘l’aquila che parla’ esca da ognuno di noi! Lascino che essa voli. Dobbiamo conoscere e diffondere la Parola di Dio”.

Il messaggio di Nostra Signora di Guadalupe, secondo Watkins, è anche un altro. “Ci mostra, con la testa china, le mani giunte e le ginocchia piegate, che c’è qualcuno più importante di lei nell’immagine, che è Gesù Bambino nel suo grembo”. E questo, secondo Watkins, rende Nostra Signora di Guadalupe un’icona “della vita dal grembo materno alla tomba”.

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Federico Cenci

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