La speranza di Bergoglio affinché l'Europa riscopra la sua anima buona

Nel suo lungo discorso al Parlamento Europeo, il Papa risveglia la coscienza di un Continente divenuto ormai “una nonna” stanca e smarrita, lontana dal suo progetto originario

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È un’Europa stanca, invecchiata, smarrita, quella che denuncia Papa Francesco nel suo lungo discorso al Parlamento Europeo. Un’Europa dove i valori che l’hanno fondata appaiono un ricordo sbiadito, e dove al posto della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, ci sono la solitudine, la crisi economica, il consumismo esasperato e il mancato rispetto della persona umana che provoca stragi come quelle del Mediterraneo, divenuto ormai un cimitero a cielo aperto.

Per questo Bergoglio sente di dover portare “speranza e incoraggiamento” ai cinquecento milioni di cittadini rappresentati dai 28 membri riuniti nell’Eurocamera, affinché questo continente torni ad essere “fertile e vivace” come auspicato da Schuman, De Gasperi e Adenauer, e non più una “nonna” che assiste impassibile al declino della sua progenie.

Nel discorso del Papa confluiscono le parole di San Giovanni Paolo II che, circa un quarto di secolo prima, nel 1989, aveva stigmatizzato nella stessa Aula i blocchi che ferivano l’Europa dividendola in due parti. Da allora “molto è cambiato in Europa e in tutto il mondo”, osserva Francesco. A partire da quell’anno scattò il processo che portò infine alla liberazione del continente dal giogo sovietico, con la conseguente emancipazione e indipendenza dei cittadini soprattutto dell’Est.  

26 anni dopo vi è “un’Unione Europea più ampia” – sottolinea il Pontefice – accanto alla quale vi è un mondo “complesso e fortemente in movimento”, “più interconnesso e globale” e perciò “sempre meno ‘eurocentrico’”. A questa Unione più estesa e influente, sembra affiancarsi tuttavia l’immagine di un’Europa “un po’ invecchiata e compressa, che tende a sentirsi meno protagonista in un contesto che la guarda spesso con distacco, diffidenza e talvolta sospetto”.

Di fronte a questo panorama, la speranza del Successore di Pietro è che “le difficoltà possano diventare promotrici potenti di unità, per vincere tutte le paure che l’Europa – insieme a tutto il mondo – sta attraversando”. L’incoraggiamento è a tornare al desiderio originario di “un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente”.

Nell’idea dei Padri fondatori, inoltre – evidenzia il Santo Padre – vi era “la fiducia nell’uomo”, non tanto in quanto cittadino, né soggetto economico, ma come “persona dotata di una dignità trascendente”. Quella dignità che l’Unione Europea oggi si preoccupa di tutelare attraverso la promozione dei diritti umani “sia al suo interno che nei rapporti con gli altri Paesi”. Un impegno “ammirevole”, ammette il Papa, “poiché persistono fin troppe situazioni in cui gli esseri umani sono trattati come oggetti, dei quali si può programmare la concezione, la configurazione e l’utilità, e che poi possono essere buttati via quando non servono più, perché diventati deboli, malati o vecchi”.

“Effettivamente – domanda il Papa con rammarico – quale dignità esiste quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere?”. “Quale dignità – soggiunge – può mai avere un uomo o una donna fatto oggetto di ogni genere di discriminazione” o  “una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, il lavoro che lo unge di dignità?”.

Promuovere la dignità della persona significa, in tal senso, “riconoscere che essa possiede diritti inalienabili di cui non può essere privata ad arbitrio di alcuno e tanto meno a beneficio di interessi economici”. Inonltre, la dimensione individuale dei diritti umani non può essere distaccata da quel “‘noi-tutti formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale”. Il rischio è di finire per concepire il diritto di ciascuno “senza limitazioni”, trasformandolo in una “sorgente di conflitti e di violenze”.

Non per nulla, osserva Papa Francesco, una delle “malattie” oggi più diffuse in Europa è la solitudine. La solitudine degli anziani, “spesso abbandonati al loro destino”, dei giovani “privi di punti di riferimento e di opportunità per il futuro”; dei poveri che popolano le nostre città e dei migranti i cui occhi “smarriti” mostrano la delusione di non aver trovato quel “futuro migliore” tanto agognato.

Tale solitudine – prosegue il Santo Padre – è stata poi “acuita” da una crisi economica dalle conseguenze socialmente “drammatiche”. Una su tutti: “la sfiducia dei cittadini nei confronti di istituzioni ritenute distanti”, se non addirittura “dannose”. “Da più parti – ribadisce Francesco – si ricava un’impressione generale di stanchezza e d’invecchiamento, di un’Europa nonna e non più fertile e vivace. Per cui i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva, in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni”.

Ne conseguono “stili di vita un po’ egoisti”, “opulenza” spesso indifferente verso il mondo circostante, il “prevalere delle questioni tecniche ed economiche al centro del dibattito politico” che distolgono l’attenzione dall’essere umano, il quale – afferma il Papa – “rischia di essere ridotto a semplice ingranaggio di un meccanismo che lo tratta alla stregua di un bene di consumo da utilizzare”. Senza esagerazioni, è ciò che avviene con i  malati terminali, gli anziani senza cura, i bambini uccisi prima di nascere: “Quando la vita non è funzionale a tale meccanismo viene scartata senza troppe remore”.

In quest’ottica, l’impegno per affermare la dignità della persona si traduce nel “riconoscere la preziosità della vita umana, che ci è donata gratuitamente e non può perciò essere oggetto di scambio o di smercio”. I parlamentari, soprattutto, rimarca il Santo Padre, per vocazione sono chiamati “a una missione grande benché possa sembrare inutile: prendervi cura della fragilità dei popoli e delle persone”.  

Come farlo? Come ridare speranza al futuro?, domanda il Vescovo di Roma. La risposta è un’immagine: la celebre Scuola di Atene di Raffaello,in cui Platone punta il dito verso l’alto, “verso il mondo delle idee”, “verso il cielo”, e Aristotele “tende la mano in avanti, verso chi guarda, verso la terra, la realtà concreta”. Un’immagine che, secondo il Papa, “ben descrive l’Europa e la sua storia, fatta del continuo incontro tra cielo e terra”, cioè tra l’apertura a Dio e la capacità pratica di affrontare situazioni e problemi.

Il futuro dell’Europa, allora, dipende “dalla riscoperta del nesso vitale e inseparabile fra questi due elementi”. Perché, avverte il Pontefice, “un’Europa che non è più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita è un’Europa che lentamente rischia di perdere la propria anima e anche quello ‘spirito umanistico’ che pure ama e difende”.

Parimenti – è convinto Bergoglio – “un’Europa in grado di fare tesoro delle proprie radici religiose, sapendone cogliere la ricchezza e le potenzialità”, potrà essere anche “più facilmente immune dai tanti estremismi che dilagano nel mondo odierno”, causati dal “grande vuoto ideale” che caratterizza l’Occidente.

A tal proposito, il Papa rammenta ai parlamentari “le numerose ingiustizie e persecuzioni che colpiscono quotidianamente le minoranze religiose, e particolarmente cristiane, in diverse parti del mondo”. Comunità e persone vittime “di barbare violenze”, “cacciate dalle proprie case e patrie; vendute come schiave; uccise, decapitate
, crocefisse e bruciate vive, sotto il silenzio vergognoso e complice di tanti”.

Passa poi in rassegna, una ad una, le sfide che l’Unione Europea deve affrontare. Anzitutto la salvaguardia della democrazia, depotenziata da “‘maniere globalizzanti’ di diluire la realtà”, come “i purismi angelici, i totalitarismi del relativo, i fondamentalismi astorici, gli eticismi senza bontà, gli intellettualismi senza sapienza”.

Poi l’educazione, a partire dalla famiglia, “cellula fondamentale ed elemento prezioso di ogni società”. “La famiglia unita, fertile e indissolubile porta con sé gli elementi fondamentali per dare speranza al futuro”, afferma Francesco, “senza tale solidità si finisce per costruire sulla sabbia, con gravi conseguenze sociali”.

Accanto alla famiglia vi sono poi scuole e università: “L’educazione – rimarca il Papa – non può limitarsi a fornire un insieme di conoscenze tecniche, bensì deve favorire il più complesso processo di crescita della persona umana nella sua totalità”. È una richiesta che nasce nel cuore degli stessi giovani d’oggi che aspirano ad “una formazione adeguata e completa per guardare al futuro con speranza, piuttosto che con disillusione”.

Numerose sono, poi, “le potenzialità creative dell’Europa in vari campi della ricerca scientifica”, alcuni ancora inesplorati, come le fonti alternative di energia, “il cui sviluppo – osserva il Pontefice – gioverebbe molto alla difesa dell’ambiente”. E proprio in tema di ambiente, Francesco plaude all’impegno dell’Europa a favore dell’ecologia. Un argomento per nulla secondario, anzi – evidenzia – “questa nostra terra ha bisogno di continue cure e attenzioni e ciascuno ha una personale responsabilità nel custodire il creato, prezioso dono che Dio ha messo nelle mani degli uomini”.

Ciò non significa limitarsi ad evitare di deturpare l’ambiente, ma “di utilizzarlo per il bene”. “Penso soprattutto al settore agricolo, chiamato a dare sostegno e nutrimento all’uomo”, dice il Papa, “non si può tollerare che milioni di persone nel mondo muoiano di fame, mentre tonnellate di derrate alimentari vengono scartate ogni giorno dalle nostre tavole”.

Accanto alla ecologia ambientale, è necessaria poi una “ecologia umana”, fatta del rispetto della persona e degli ambiti in cui fioriscono i suoi talenti. Il lavoro, quindi: “È  tempo – avverte il Santo Padre – di favorire le politiche di occupazione, ma soprattutto è necessario ridare dignità al lavoro, garantendo anche adeguate condizioni per il suo svolgimento”.  

Un discorso valido per tutti, anche per i migranti, divenuti ormai una questione nodale nel Vecchio Continente. “Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero!”, afferma Bergoglio, “sui barconi che giungono quotidianamente sulle coste europee ci sono uomini e donne che necessitano di accoglienza e di aiuto”. E “l’assenza di un sostegno reciproco all’interno dell’Unione Europea rischia di incentivare soluzioni particolaristiche al problema”, favorendo “il lavoro schiavo e continue tensioni sociali”.

“L’Europa – sottolinea dunque il Papa – sarà in grado di far fronte alle problematiche connesse all’immigrazione se saprà proporre con chiarezza la propria identità culturale”. La stessa coscienza è necessaria inoltre per dialogare “in modo propositivo” con gli Stati che hanno chiesto di entrare a far parte dell’Unione. Come quelli dell’area balcanica per i quali l’ingresso “potrà rispondere all’ideale della pace in una regione che ha grandemente sofferto per i conflitti del passato”. Ed è “indispensabile” nei rapporti con i altri Paesi vicini, specie quelli che si affacciano sul Mediterraneo, sofferenti a causa dei “conflitti interni” e della “pressione del fondamentalismo religioso e del terrorismo internazionale”.

L’esortazione del Vescovo di Roma è pertanto “a lavorare perché l’Europa riscopra la sua anima buona”. Per far ciò non bisogna dimenticare mai la storia bimillenaria che lega l’Europa e il cristianesimo. “Una storia non priva di conflitti e di errori, ma sempre animata dal desiderio di costruire per il bene”. Una storia, “in gran parte, ancora da scrivere”, ma che “è la nostra identità”, afferma il Papa. E l’Europa – rimarca – “ha fortemente bisogno di riscoprire il suo volto per crescere”.

“Cari Eurodeputati – conclude quindi il Santo Padre, sintetizzando quanto detto lungo tutto il suo discorso – è giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia, ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili; l’Europa che abbraccia con coraggio il suo passato e guarda con fiducia il suo futuro per vivere pienamente e con speranza il suo presente. È giunto il momento di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e piegata su sé stessa per suscitare e promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali; l’Europa che guarda, difende e tutela l’uomo; l’Europa che cammina sulla terra sicura e salda, prezioso punto di riferimento per tutta l’umanità!”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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