La solidarietà: un antidoto contro l'egoismo

L’ex cestista Riccardo Esposito, ospite di Villa Letizia, parla del binomio sport e solidarietà come di un modo “per uscire da se stessi e capire le vere priorità nella vita”

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Per capire quanto sia importante la mano di uno sportivo protesa verso le persone in difficoltà, basta farsi una passeggiata a Villa Letizia in un pomeriggio in cui è ospite un campione come Riccardo Esposito, stella della pallacanestro italiana. Lo sguardo buono di quest’omone di due metri contagia quello dei ragazzi che vivono all’interno di questa comunità di recupero, creando un’atmosfera di festa, di complicità e di interesse verso lo sport.

È lo stesso Riccardo Esposito a sottolineare come l’attività sportiva professionistica si coniuga da sempre con l’impegno sociale. “Noi personaggi dello sport – spiega a ZENIT nel corso di una conversazione a margine della sua visita – siamo stati sempre molto attenti al sociale. Personalmente poi, avendo un fratello disabile, sono più sensibile a questo tema”. È per questo che Riccardo, non appena ricevuto l’invito da Villa Letizia, non ha esitato a fornire il suo contributo. “Per me è un onore venire qui. Sono stato accolto benissimo, tra sorrisi e voglia di aprirsi e parlare”.

Villa Letizia è un ex convento di suore, diventato oggi una comunità terapeutica e socio riabilitativa per persone che soffrono di disagio mentale.

“Questi ragazzi – prosegue – mi pare poi che abbiano già una mentalità sportiva, segno del fatto che il lavoro che sta portando avanti con loro Vincenzo Cantatore è proficuo”. Già, perché a Villa Letizia sono in piedi un paio d’iniziative originali, che usano lo sport come veicolo per aiutare i ragazzi in difficoltà. Il direttore della struttura, lo psichiatra Santo Rullo, li ha coinvolti con il “calcio sociale”, mentre l’ex pugile Cantatore li sprona con un po’ d’allenamento atletico.

Di esempi come quello di Cantatore, rileva tuttavia Esposito, ce ne sono sempre meno. “Devo dire – ammette – che questa funzione dello sportivo si è un po’ persa negli ultimi tempi. In passato c’era più impegno sociale”.

Sembra invece che oggi, la patina che avvolge il mondo degli sportivi abbia fatto perder loro il contatto con la realtà. “La crisi di valori ha senz’altro influito”, è il parere di Esposito. “Oggi – prosegue -, mondo del rugby a parte, dove mi sembra che ci sia una maggiore propensione verso il sociale, altrove è subentrato forse un po’ d’egoismo. Eppure, sono dell’avviso che passare una giornata con ragazzi disagiati rappresenta proprio una cura contro l’egoismo: è un modo per uscire da se stessi e capire quali sono le vere priorità nella vita”.

Ed è un modo per trasmettere valori, dando testimonianza del bagaglio che ogni campione si è dovuto caricare sulle spalle per diventare tale. Un bagaglio fatto di tanti sacrifici e privazioni, come spiega Esposito: “Ho iniziato a dedicarmi alla pallacanestro relativamente tardi, in seconda media, su impulso di Stefano, un mio vecchio allenatore e attuale amico. Sono entrato in un gruppo composto da ragazzi che avevano già una preparazione tecnica. All’inizio ero quindi un lungagnone che veniva messo in disparte, ad allenarsi da solo. Non è stato semplice accettarlo”.

Con il tempo però, l’esperienza insegna a Riccardo che sono proprio le difficoltà la migliore scuola di vita. Il desiderio di riscattarsi da quell’iniziale emarginazione lo spinge a perseverare. Più ci mette impegno, più prende confidenza con la palla a spicchi. E poi, a forza di collezionare progressi tecnici esaltati da un fisico da marcantonio, la pallacanestro ha finito per diventare il suo mestiere. Quindici anni di serie A, un anno in Germania al Bayer Leverkusen, due Coppe Italia e una Coppa d’Europa, tutte e tre vinte con la maglia di Treviso. Prima dei successi però, tre stagioni a Gorizia, “dove – spiega – mi sono trasferito a diciannove anni. Fuori dalla finestra della casa in cui vivevo, vedevo solo una caserma. Mi mancavano gli affetti familiari, eppure quella esperienza mi è servita tantissimo”.

Oggi continua a calcare i parquet. Lo fa con la Nazionale Italiana Over 40, con cui ha vinto il campionato mondiale, e in veste d’allenatore, insegna ai giovani della Lazio Pallacanestro Riano. Confida che “a me piace tantissimo istruire i ragazzi, è una sfida che non si esaurisce con il semplice allenamento tecnico. È importante saperli educare e formarli come uomini”.

Una sfida che vuole affrontare anche a Villa Letizia, dove Esposito tornerà presto per organizzare una partita di basket tra i ragazzi della struttura. Uno di loro, mentre ci avviciniamo all’uscita, esclama un saluto affettuoso: “Ciao Riccardo! E grazie tante di essere venuto qui!”. Esposito risponde cordialmente e poi si rivolge verso di me: “Il grazie di quel giovane è un grande appagamento. Per questo dico che fa bene anzitutto a noi stessi aiutare chi ha bisogno”.

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Federico Cenci

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