La sofferenza del rifiuto

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Mc 6,1-6

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Lettura

Gesù torna ancora a Nazareth, sua terra d’origine. Entrato nella sinagoga, prende la parola, secondo l’usanza, e si mette a insegnare. Non ha frequentato nessuna scuola rabbinica, eppure parla in modo tale che i presenti, stupiti all’udirlo, si domandano a vicenda: «Da dove gli vengono queste cose?». È lo scandalo che si deve superare. Quelli di casa, pur timorati di Dio, non l’accolgono, non vedendo altro che il carpentiere e lo giudicano pazzo; noi diciamo di non poter credere in lui come Dio perché non lo vediamo. Sant’Agostino ammonisce: «Nessuno si lusinghi. Una cosa, infatti, è non aver ricevuto e un’altra è non aver voluto ricevere. Chi rifiuta il dono di Dio è responsabile di questo rifiuto» (Disc. 32,23). Per questo Gesù non può operare, tra i suoi, che pochi miracoli.

Meditazione

Tutta la vita di Gesù è stata incomprensione, rifiuto e sofferenza. Quanta amarezza gli suscita il vedersi deriso sia dai suoi compaesani, sia dai suoi parenti. È tale il suo disgusto, da fargli dire: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». Il rifiuto è ancora più lancinante in quanto, nel considerarlo solo come uno di loro, un carpentiere e il figlio di Maria, vi è anche il rifiuto del suo messaggio. Nei fedelissimi della sinagoga c’è più orgoglio luciferino che non animo buono e aperto a un messaggio di salvezza. I più non vogliono neppure ammettere che uno di loro possa essere chiamato da Dio a una missione straordinaria ed emergere su tutti per sapienza e grazia. Gesù condivide la sofferenza di quanti s’impegnano a fare del bene in famiglia, nella propria città, nella stessa parrocchia o diocesi e, come ricompensa, non ricevono che lo sprezzante giudizio: “Chi crede mai di essere? Vuole farsi bello e fare carriera. Medico, cura te stesso!”. È noto il proverbio: Comun servigio, ingratitudine rende. Un profeta è sempre e dappertutto una persona scomoda. Gli uomini in genere non amano la novità, soprattutto se si tratta di un cambiamento di vita in meglio; non importa se, così facendo, si diventa infelici, schiavi, dal cuore indurito. Pur di non doversi mettere in questione, si preferisce il passato, la tradizione dei padri, ostentando la propria sicurezza, usata come un velo per coprire la propria pigrizia, ma in realtà segno di una riprovevole chiusura mentale. Gesù è colui che fa nuove tutte le cose.

Preghiera

Signore Gesù, mite e umile di cuore; è virtù dei santi desiderare di essere sconosciuti e considerati buoni a nulla. Dammi la forza di saper ricambiare con il bene ogni male e di combattere ogni forma di disordinato amor proprio.

Agire

Non rinunciare a essere sempre, tanto in famiglia quanto in pubblico, di buon esempio con le parole e le buone azioni, anche quando si è incompresi, osteggiati o, addirittura, derisi.

Meditazione del giorno a cura di mons. Alberto Maria Careggio, vescovo emerito di Ventimiglia-San Remo, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti  info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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