La Santa Sede ribadisce la centralità della libertà religiosa

Intervento di mons. Fronteiro al Meeting per l’Implementazione della Dimensione Umana 2009

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, giovedì, 8 ottobre 2009 (ZENIT.org).- La libertà religiosa è un diritto fondamentale che si basa sulla dignità dell’essere umano e può apportare grande beneficio alla società perché la religione dà un contributo “fondamentale e positivo” al vivere associato.

Lo ha sottolineato monsignor Anthony R. Fronteiro, della delegazione della Santa Sede, intervenendo il 29 settembre a Varsavia (Polonia) al Meeting per l’Implementazione della Dimensione Umana 2009 dell’OSCE/ODIHR in occasione della II sessione, sul tema “Libertà di Pensiero, Coscienza, Religione o Credo”.

Il presule ha iniziato il suo intervento ricordando le “significative sfide” alle libertà oggetto del dibattito esistenti ancora oggi nel mondo.

Alcune, ha affermato, sono “di lunga data” e “si manifestano in atti di intolleranza, violenza e discriminazione, come l’interferenza dello Stato nella possibilità per le persone di pregare, l’ostilità sociale o la stereotipizzazione delle religioni, i requisiti di registrazione superflui, onerosi o invasivi”.

Altre sfide, ha aggiunto, sono sorte in tempi più recenti, in “società sempre più relativistiche, in cui ci si sforza di subordinare la libertà di religione, o di sradicarla del tutto, a volte per favorire altri programmi percepiti come diritti”.

In questo contesto, la delegazione vaticana ha sottolineato “la centralità della libertà religiosa”, ritenendola “un diritto più fondamentale e importante della libertà d’espressione”.

La sua rilevanza, ha ricordato monsignor Fronteiro, è evidente anche nelle finalità dell’OSCE, che sottolinea come la persona umana abbia diritto a questa libertà, un diritto che trova la sua base nella dignità e nella natura stessa della persona e che riflette il fatto che tutti gli uomini e le donne sono dotati di ragione e volontà e quindi possono avere una responsabilità personale.

“L’impegno dell’OSCE per la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo indica chiaramente che la fede religiosa propriamente intesa non deve essere guardata con sospetto riluttante, o come una mania bizzarra o una reliquia antiquata retaggio del passato più semplice”, ha osservato il presule.

Gli Stati mebri, infatti, “hanno il dovere di rispettare e di assicurare a tutti gli individui soggetti alla loro giurisdizione il diritto alla libertà di religione o credo, riconoscendo la libertà religiosa come preminente tra i diritti fondamentali e la sua difesa come ‘cartina di tornasole’ per il rispetto di tutti gli altri diritti umani”.

L’obiettivo dell’impegno dell’OSCE per la libertà religiosa non è “relegare la religione ai margini nella speranza che appassisca”, ma “sostenerla perché possa fiorire”. A tale proposito, “ci deve essere una vera distinzione tra lo Stato e la religione, ma quest’ultima non deve essere separata dalla vita sociale e culturale”.

La religione, ha aggiunto monsignor Fronteiro, “è un contributo fondamentale e positivo alle nostre società ovunque la libertà è rispettata”.

Per questo, bisogna escludere ogni coercizione sulle questioni religiose, nei confronti sia di chi crede che di chi non crede.

L’impegno degli Stati membri dell’OSCE alla libertà di religione difende il diritto di mantenere la fede privata, ha aggiunto, ma ciò non implica “la privatizzazione della fede”, promuovendo anzi “il contributo che la libertà religiosa può offrire nella sfera pubblica”.

Quanto al rapporto tra libertà religiosa e libertà di parola, monsignor Fronteiro ha affermato che non esiste il diritto di “non essere offesi” dall’espressione di convinzioni religiose profonde.

Garantire un diritto di questo tipo, ha concluso, “restringerebbe la libertà d’espressione di individui e gruppi, inclusi quelli religiosi, e rappresenterebbe una discriminazione contro chi esprime un punto di vista diverso attraverso queste convinzioni”.

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ZENIT Staff

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