La Santa Sede e l'"evangelizzazione della vecchiaia"

700 operatori sanitari parteciperanno alla Conferenza Internazionale sulle patologie neurodegenerative

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A partire da giovedì 21 novembre, circa 700 persone si incontreranno in Vaticano, per partecipare alla XXVI Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema La Chiesa al servizio della persona anziana malata: la cura delle persone affette da patologie neurodegenerative.

L’incontro, che si terrà dal 21 al 23 novembre, è stato presentato stamattina in Sala Stampa Vaticana. A conclusione dei lavori, la mattina di sabato 23, tutti i partecipanti si riuniranno in Aula Paolo VI per partecipare all’Incontro di Preghiera e di Riflessione che precederà l’udienza con papa Francesco.

Durante il suo intervento, monsignor Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ha spiegato quali sono i quattro punti cardinali della Conferenza: “L’approfondimento, il dialogo-scambio di conoscenze e di esperienze, la riflessione e la preghiera con l’obiettivo di migliorare per quanto possibile l’assistenza sanitaria nell’ottica del servizio pastorale agli infermi e ai sofferenti”.

Sono più di 700 gli iscritti al congresso, tra medici, personale ecclesiale e sanitario, professionista o volontario, tutti operativi nell’assistenza alle persone anziane; giunti da 57 paesi dei 5 continenti, “una pluralità in grado di garantire quella varietà di approcci culturali, sociali ed economici che costituisce, ‘da sempre’, una delle maggiori ricchezze offerte dalle nostre Conferenze Internazionali”, ha affermato monsignor Zimowski.

Gli operatori dell’apostolato della Misericordia “come fu definito questo ambito pastorale dal Beato Giovanni Paolo II, Papa, che fondò il nostro Dicastero”, ha ricordato il presule, “sono infatti sempre più spesso chiamati, anche in conseguenza della globalizzazione e delle migrazioni, a dare testimonianza in realtà e strutture multiculturali e multireligiose”.

Sul tema trattato dalla Conferenza, Zimowksi ha spiegato che le forme di demenza senile – tra cui l’Alzheimer è la più diffusa con più del 50% di incidenza registrata – affliggono più di 35 milioni di persone in tutto il mondo ed è in forte crescita con 7 milioni di nuovi casi ogni giorno”.

“Evangelizzare la vecchiaia significa scoprire le sue interne e originali possibilità, i suoi propri significati, quei valori ‘che si possono attuare soltanto in questo frangente’”, ha sottolineato.

Da parte sua monsignor Jean-Marie Mupendawatu, segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ha osservato che l’obiettivo della scienza medica deve essere la “salute integrale” della persona, unità inseparabile di corpo e spirito, il rispetto della sua dignità, della sua esperienza e dei suoi diritti. Allo stesso modo Mupendawatu ha messo in guardia sulla situazione che affligge l’Europa e in particolare l’Italia, riguardo al “calo demografico” e la “diffusione di una cultura che esalta l’individualismo e l’autonomia personale, ‘esclude’ la malattia, rifiuta la dimensione della vecchiaia e considera e fa considerare ‘di peso’ ciò che non fornisce reddito o compiacimento immediato”.

Monsignor Mupendawatu ha anche sottolineato l’importanza di una nuova attitudine pastorale, con il coinvolgimento iniziale dei cappellani ospedalieri, cui segue l’intervento e la presenza dei sacerdoti e dei volontari presenti a livello parrocchiale.

Di seguito padre Augusto Chendi, M.I., sottosegretario del Dicastero, ha sottolineato di ritenere che “l’atteggiamento davanti alla persona anziana ammalata, e particolarmente quella affetta da patologie neurodegenerative, costituisca per gli operatori sanitari il banco di verifica della loro professionalità e responsabilità etiche”. Ha inoltre aggiunto che “ciò vale anche coloro che operano nel territorio e nelle stesse famiglie, chiamate a costituire sempre e in ogni circostanza l’alveo naturale dell’ultimo tratto di vita, secondo un patto generazionale che arricchisce i giovani del bagaglio di sapienza e di saggezza accumulati dai nostri anziani, ancorché incapaci di comunicarlo in forme normali: la loro stessa presenza è un segno prezioso da non disperdere o, peggio, azzerare, in quanto ‘dono’ che arricchisce”.

La presentazione del Congresso, si è conclusa con la partecipazione di due laici, Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia, e Gabriele Carbone, responsabile del Centro di Demenze dell’Unità Alzheimer, Gruppo Ospedaliero Italiano di Guidonia, che hanno condiviso le proprie esperienze sulle difficoltà e le sfide nella cura e nell’assistenza nei confronti di questa patologia.

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Rocío Lancho García

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