La Santa Sede all’ONU per il 60º della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo

NEW YORK, mercoledì, 10 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell’intervento pronunciato questo mercoledì, a New York, da monsignor Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede, alla sessione commemorativa dell’Assemblea Generale dell’ONU per il 60º  della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

 

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Signor Presidente,

1.         Vorrei anzitutto esprimere il plauso della Delegazione della Santa Sede per questa seduta celebrativa del 60º della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, atto fondamentale per la vita internazionale e per quella dei singoli Stati. Un atto attraverso cui popoli, Stati, istituzioni internazionali possono anche oggi riscoprire il vero significato della persona, la sua concreta umanità, la dimensione ad un tempo individuale e comunitaria dei suoi diritti, e in particolare il  valore realmente universale della dignità umana.

La Dichiarazione, infatti, mostra chiaramente che i diritti umani di cui si chiede applicazione e tutela, non sono solo un’espressione della dimensione della legalità, ma trovano la loro radice e la loro finalità nell’etica e nella ragione naturale comune a tutti gli uomini. Si può ben dire che mediante quella proclamazione l’intera famiglia umana ha affermato che il rispetto dei diritti è frutto della giustizia ed è garanzia di pace. Attraverso la tutela internazionale dei diritti, persone,  popoli, Stati e governi hanno manifestato la volontà di evitare conflitti e contrapposizioni per  percorrere invece un cammino unitario fatto di cooperazione e di integrazione.

2.         In molti dei presenti all’odierna commemorazione è ancora vivo il ricordo delle parole pronunciate in questa stessa aula il 18 aprile scorso dal Santo Padre Benedetto XVI, che ha legato i diritti umani e la loro protezione a due obiettivi fondamentali: la promozione del bene comune e la salvaguardia della libertà umana.

Dall’attività internazionale, e dall’azione dell’ONU in particolare, cogliamo quanto l’idea del bene comune sia condizione essenziale per assumere efficaci decisioni in ordine alla sicurezza, alla cooperazione allo sviluppo, come pure alla speciale azione di carattere umanitario che sempre più l’Organizzazione è chiamata ad attuare di fronte a eventi e situazioni che compromettono gravemente la persona, la sua dignità e quindi i suoi diritti. Il bene comune è ben espresso nel richiamo “ad agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza” (Art. 1) che la Dichiarazione Universale rivolge a tutti i membri della famiglia umana. Infatti, non possiamo negare che la prima violazione dei diritti è data dalla mancanza di condizioni di vita considerate essenziali, quando prevale una iniqua distribuzione delle ricchezze, condizioni di povertà, di fame, di mancanza di cure mediche. Non è un caso che il primo degli Obiettivi del Millennio proclamati dalle Nazioni Unite sia rivolto proprio al superamento di questa situazione che coinvolge una parte consistente della popolazione mondiale.    

Quanto alla libertà umana, tutelarla nelle sue diverse dimensioni e manifestazioni non solo garantisce la costruzione del bene comune e fa superare le minacce alla dignità di ogni persona, ma anche riconosce che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti” (Art. 1). Un fatto che permette di costruire quelle necessaria correlazione tra diritti e doveri che porta ogni persona, ogni Stato, ogni comunità ad assumersi la responsabilità delle scelte operate, come pure a riconoscere il suo rapporto di reciprocità con gli altri.

Oggi, di fronte ai significativi traguardi che l’umanità ha raggiunto, sono purtroppo evidenti negazioni dei diritti che violano l’ordine della creazione, contraddicono il carattere sacro della vita, privano la persona umana, la famiglia, le comunità della loro naturale identità. Tutelare i diritti significa quindi rispettare quegli imperativi etici che sono presupposto necessario alla libertà.

3.         I diritti umani esprimono l’unità della creatura umana, della sua aspirazione proiettata contemporaneamente a soddisfare i bisogni essenziali ed a consentire le sue libertà, le sue relazioni, i suoi valori spirituali.

In questo senso i diritti sono anche uno strumento attraverso cui la persona manifesta la sua  relazione con la verità, protegge la sua coscienza, la sua dimensione di fede e le sue convinzioni più profonde. Aspirazioni che ognuno deve essere capace di esprimere nel suo essere parte di una comunità di persone, di cittadini, di credenti, anche proponendo una sua visione dell’ordine sociale, delle libertà, delle istituzioni e delle regole senza che questo sia motivo di discriminazione o di limitazione della partecipazione nel corpo sociale.

Nello specifico campo della libertà religiosa, la Dichiarazione Universale concretamente ne prevede una manifestazione che è insieme individuale e comunitaria, e non contrappone la dimensione del cittadino e quella del credente, riconoscendo piuttosto la piena libertà del rapporto tra la persona e il suo Creatore. Un rapporto che nessun principio o azione interna o internazionale può cancellare o anche limitare se vuole con coerenza riconoscere i diritti proclamati sessanta anni or sono. Una libertà che oggi come allora richiede di non essere limitata all’esercizio del culto religioso, ma permette di manifestare la dimensione pubblica del fatto religioso attraverso i canali della formazione, dell’istruzione, dell’informazione e della piena partecipazione ai processi decisionali all’interno di un Paese.

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Signor Presidente,

4.         La Dichiarazione Universale ha fatto dei diritti umani e dell’azione finalizzata alla loro tutela uno degli obiettivi prioritari della Comunità internazionale e della vita degli Stati, facendo maturare un’esperienza che non si riduce più alle sole proclamazioni o alla necessità di modificare legislazioni ed istituzioni di ogni Paese.

I diritti, infatti, non sono un richiamo retorico, ma il frutto dei gesti responsabili di ciascuno. Gesti necessari in un mondo che dispone di mezzi adeguati, di strutture specializzate per porre fine allo scandalo della fame e della povertà, per garantire una sicurezza che non sia violata e derisa, per salvaguardare la vita in ogni suo momento. Celebrare questa giornata significa porre la persona nel cuore della Comunità internazionale e del suo diritto, per superare gli ostacoli presenti sul cammino dell’umanità.

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ZENIT Staff

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