La rubrica di poesia prende il largo: i poeti pubblicati

Il tratto accomunante dei brani di oggi è l’empatia, declinata in modi diversi ma ugualmente comunicativi

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La nuova rubrica di poesia di ZENIT sta prendendo il largo ed anche questa settimana sono arrivati numerosi testi sul tavolo della redazione.

In qualche caso, siamo stati costretti a rinunciare alla pubblicazione a causa di problemi di natura redazionale: testi troppo lunghi oppure privi dei dati biografici dell’autore. Per quanto ci riguarda, preferiamo non porre parametri rigidi, ma dobbiamo pur dire che il web ha le sue regole. Che privilegiano la pubblicazione di testi brevi. Regole che non sono date in astratto. Accurate ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato che l’affaticamento visivo da monitor è più accentuato rispetto a quello su carta, ragione per cui i lettori preferiscono testi brevi (e questo vale, ancor più, per gli ormai diffusissimi tablet e smartphone).

Alcuni studiosi arrivano addirittura a sostenere che il testo “ideale” per Internet è quello contenuto in una sola videata. Suggeriamo quindi ai nostri lettori di inviarci testi brevi (o relativamente brevi) che meglio si prestano ad essere pubblicati – e soprattutto letti – su una testata diffusa via web come ZENIT.

Ciò premesso, vorremmo dirvi del sentimento che ci ha guidato nella scelta dei brani. Questo sentimento è l’empatia. Uno stato d’animo difficile da definire. Nemmeno i sinonimi offerti dal vocabolario ne danno la misura esatta. Ne abbiamo trovato invece una bellissima definizione nelle parole di Papa Francesco, riportate nell’ultimo libro di padre Antonio Spadaro (“Oltre il muro”, 2014, Ed. Rizzoli). Per Papa Francesco – scrive Spadaro – l’empatia consiste nella sfida “di non limitarci ad ascoltare le parole che gli altri pronunciano, ma di cogliere la comunicazione non detta delle loro esperienze, delle loro speranze, delle loro aspirazioni, delle loro difficoltà e di ciò che sta loro più a cuore”.

Ecco, ci sembra che il tratto accomunante delle poesie che seguono sia proprio l’empatia, declinata in modi diversi ma ugualmente comunicativi.

Marzano Crescenzo spiega le ragioni del cuore con una suggestiva metafora poetica: “una musica bella / un tango da ballare insieme / perché la solitudine è tormento / e poi da soli non si vive…”.

Giulia Riboldi spiega che la sua è una poesia “di vita”, ispirata da un’esperienza parigina: l’incontro nella Chiesa di Notre Dame con una giovane mendicante. Giulia fu colpita dalla sua giovinezza e scrisse una poesia a lei dedicata: “si trascina dietro una vita fatta di rinunce e di stenti, / che le hanno arato il cuore, / e seminato una ribellione mai germogliata”.

Guido Tracanna illumina poeticamente l’empatia che il credente stabilisce con il Mistero: “fissa l’abisso che non comprendi / lo Spirito tocca / dove non spetta alla mente”.

***

COME DEVE ESSERE UN CUORE…

di Crescenzo Marzano  

Un cuore che vive
deve saper raccogliere il tempo
senza disperdere niente,
anche il dolore
come pioggia battente del momento
in attesa del sereno…

un cuore che batte
è come un tempo di passione,
come una musica bella
un tango da ballare insieme
perché la solitudine è tormento
e poi da soli non si vive…

un cuore che sceglie
è come un setaccio finissimo
che filtra amore e amicizia
attraverso gli occhi di Dio
lasciando fuori le scorie cattive…

un cuore che ama
non ha nessuna schiavitù,
è come una pagina di vangelo,
una buona notizia
mite e umile
ma anche forte di emozioni…

un cuore sacro
è proprio come quello di Gesù,
salvadanaio dell’anima,
a rovesciarci dentro le passioni,
una vita pienamente vissuta,
fino all’ultimo spicciolo,
tutti i tuoi risparmi 
messi da parte per pagare il cielo…

Crescenzo Marzano è nato a Napoli e risiede a San Donato Milanese. È sposato, ha tre figli e un nipotino di nome Samuel. Ha pubblicato due opere saggistiche d’ispirazione cristiana e ha scritto molte poesie, alcune delle quali pubblicate in appendice al suo secondo libro (“L’equilibrista di Dio” – Nel labirinto della vita verso la fede cattolica).

*

EL BARBUN

di Giulia Riboldi

Mi precede di alcuni passi e,
nonostante le sue spalle curve sfiorino il muro,
la gente che viene verso di lei
scarta di lato fino al limite estremo del marciapiede,
allungando il passo e
fissando la strada che ha dinnanzi,
per evitare d’incrociare il suo triste sguardo.
La gente che passa fissa un punto vago,
oltre la sua figura, molto giovanile
ed allo stesso tempo vecchia,
per lo sporco incrostato che le sta addosso,
cercando di non incontrare il suo sguardo,
nel timore assurdo di rimanere contaminati
dal sortilegio che trasforma costei in un avanzo d’umanità.
La gente che passa e non si ferma,
davanti a quell’infelice mendicante,
che nulla chiede, se non un po’ di compassione;
tendendo la sua giovane e sporca mano, che fa ribrezzo alla gente.
Qualcuno si sofferma a squadrarla,
convinto di non essere visto, per poi menar dritto.
Altri invece la fissano con disprezzo, indifferenza ed egoismo.
La povera mendicante parigina
si sente osservata e s’arresta,
volge i suoi malinconici occhi azzurri
verso le persone che s’allontanano in fretta,
scrollando il capo in segno di disprezzo.
Lei si rattrista,
si chiede di quale colpa e di quale condanna
sia stata accusata.
Si trascina dietro una vita fatta di rinunce e di stenti,
che le hanno arato il cuore,
e seminato una ribellione mai germogliata.

Giulia Riboldi (Concorezzo, MB) ha 27 anni. È studentessa universitaria di scienze dell’educazione, con una passione per la scrittura creativa. Diffonde le sue opere attraverso un blog su Internet.

*

IL SIGNORE DEGLI ORIZZONTI

(…un “nuovo” nome di Dio)

di Guido Tracanna

Non vivrai assieme
alle prime persone che incontri
alza la testa guarda quei monti
ciò che non vedi
ha visto i tuoi giorni…

Io sono il Signore degli Orizzonti
Io sono la luce
che si nega ai tramonti
il Signore di strade
che non conosci neanche
Io sono anche
ciò che scontorni…

Io sono il Signore degli Orizzonti
se mi ami
impara a sedere sugli strapiombi
fissa l’abisso che non comprendi
lo Spirito tocca
dove non spetta alla mente.

Mani di guglie in inverno
puntano il dito al mio Eterno
col guanto bianco
…e secoli e secoli di alberi
si pentono sotto il mio vento…
quando Io già non ho tempo.

Io sono il Signore degli Orizzonti
Io sono la luce che si nega ai tramonti
per serbare l’alba ai nuovi giorni…

…Io sono l’acido
che scioglie i tuoi marmi…
Io sono il Signore degli Orizzonti
credevi nel fuoco
t’ho coperto di fiamme
speravi nel cielo
ho acceso le stelle…

…infine
Io sono il Signore
degli Orizzonti
ho aperto le valli
per spaziare i tuoi sogni…
…e tanto ti basti.

Guido Tracanna, nato a L’Aquila, è insegnante di Religione Cattolica, incaricato dal Vicariato di Roma. Laureato alla PUL con una tesi sul disagio affettivo degli adolescenti, ha pubblicato diversi testi letterari ed ha ottenuto riconoscimenti in campo poetico. Ha collaborato all’Osservatore Romano ed altre testate scrivendo articoli giornalistici e brani di poesia.

***

I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privileg
iando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

Inviando le loro opere alla Redazione di ZENIT, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

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Massimo Nardi

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