La risurrezione di Cristo, principio di vita nuova

Messaggio di mons. Orazio Soricelli, arcivescovo di Amalfi-Cava de’ Tirreni, per la Pasqua 2012

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di Eugenio Fizzotti

ROMA, domenica, 8 aprile 2012 (ZENIT.org).- «L’annuncio Cristo è risorto dell’evento che ha cambiato la storia e ci colma di fiducia e di speranza, in questo momento storico di grave crisi mondiale è veramente gioioso perché, come ha ricordato il Santo Padre, avviene in un momento preciso della storia e lascia in essa un’impronta indelebile. La luce, infatti, che abbagliò le guardie poste a vigilare il sepolcro di Gesù, non solo ha attraversato il tempo e lo spazio, ma ha squarciato le tenebre della morte e ha portato nel mondo lo splendore di Dio, lo splendore della Verità e del Bene».

Richiamando questo senso fortemente realistico, Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi-Cava de’ Tirreni, mette bene in evidenza che «la Pasqua coincide annualmente con la fase primaverile delle stagioni, quando la natura, stanca del torpore invernale, si risveglia al nuovo flusso naturale che le è proprio. Essa è davvero la Primavera dell’anima, in quanto Cristo si presenta come l’ultima parola sulla vita umana, sottraendo alla morte ogni supremazia finale».

Considerando che il dominio del Risorto sulla morte è l’apice della sua vittoria su quanto offusca ed appesantisce l’iter esistenziale dell’uomo il Vescovo sottolinea che «la luce dell’evento pasquale investe ogni coscienza, provocandone stupore, ma anche adesione convinta. In Cristo Risorto, infatti, si riacquista la speranza che i passi quotidiani sulle strade della vita possono continuare: pur se contornati da difficoltà, da fragilità o da anomali abitudini, essi possono attivare ogni giorno la marcia della ripresa, proprio perché Egli, il Vivente, sostiene e rafforza il cammino con la sua potenza pasquale».

Avendo lasciato vuoto il sepolcro della morte il Dio-Uomo chiama i credenti a «uscire dai sepolcri dei propri vizi, dalle proprie grette chiusure, dai sepolcri dell’indifferenza e dell’avarizia, dai sepolcri delle miopie che opacizzano il loro sguardo, per divenire creature davvero pasquali, rinate a una vita di comunione e di carità, capaci di contagiare chi li avvicina, rendendosi testimoni credibilidi Colui che è il senso del proprio impegno feriale, ma anche la sponda dell’approdo ultimo esistenziale»,

Ecco perché dopo queste opere e questi giorni di sacrosanto approfondimento del dono della fede i credenti silasciano conquistare dal Risorto e diffondono a tutti lo splendore della sua luce.

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ZENIT Staff

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