La "questione copernicana" e il "caso Galilei" (Prima parte)

470 anni fa, nel giorno della morte dell’autore, fu pubblicata a Norimberga il “De revolutionibus orbium coelestium” di Niccolò Copernico

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Il 24 maggio 1543, esattamente 470 anni fa, veniva pubblicata a Norimberga, nello stesso giorno in cui l’autore moriva, il “De revolutionibus orbium coelestium” di Niccolò Copernico. Il contenuto dell’opera aprirà in Europa un importante dibattito sia dal punto di vista scientifico che teologico che porterà il 22 giugno 1633 alla condanna di Galileo Galilei. Per ripercorrere e comprendere cosa è accaduto in questo fondamentale passaggio per la civiltà abbiamo deciso di analizzare e contestualizzare la lettera che Galileo Galilei scrisse al suo discepolo Benedetto Castelli.

La lettera di Galileo Galilei a Benedetto Castelli è la prima di una serie di 4 lettere che la storiografica conosce come “lettere copernicane”. Lo scienziato pisano la inviò al suo allievo e monaco benedettino il 21 dicembre 1613. Essa si inserisce in modo significativo nel dibattito scientifico e culturale del XVII secolo e segna un punto di svolta nel rapporto fra le discipline scientifiche e quelle teologiche e in modo più particolare fra i risultati della scienza sperimentale e le verità contenute nella Sacra Scrittura.

Contesto storico generale

La genesi di due opposte cosmologie

Per comprendere a fondo l’importanza del documento che analizzeremo è necessario ripercorrere brevemente l’origine e lo sviluppo delle principali teorie cosmologiche del passato.

La teoria eliocentrica afferma che il sole sta al centro dell’universo e gli altri pianeti gli ruotano attorno. Questa visione cosmologica fu esposta per la prima volta dal filosofo naturalista Aristarco di Samo nel III secolo a.C.

Nel II secolo d.C. tale teoria venne respinta dall’astronomo egiziano di cultura greca Claudio Tolomeo. Egli si espresse a favore della teoria geocentrica che poneva la terra immobile al centro dell’universo e tutti gli altri pianeti, insieme al sole, ruotare intorno alla terra descrivendo un’orbita circolare. Egli espose questa teoria nella sua celebre opera Mathematikè sýntaxis, meglio conosciuta nella sua traduzione araba col nome di Almagesto. La visione geocentrica, che dal nome di questo astronomo viene anche chiamata tolemaica, è rimasta in auge per tutta l’antichità e il medio evo.

La Chiesa e l’interpretazione delle Sacre Scritture

Fino ad ora abbiamo visto come il “mondo laico” ha concepito l’universo. Per avere un’idea precisa della peculiarità della lettera scritta da Galilei è necessario conoscere brevemente come la chiesa ha interpretato le Sacre Scritture nel corso del tempo.

Sin dalle origini la Chiesa ha letto la Sacra Scrittura in modo spirituale, esistenziale e religioso, cioè cercando in essa la verità sull’uomo e su Dio. Essa, pur mai negando il fondamento storico della Sacra Pagina, ha sempre prediletto l’aspetto spirituale e sapienziale. Tale procedimento col quale la Chiesa si è avvicinata al suo testo sacro si trova contenuto nella stessa Bibbia: se ne trovano alcuni esempio nelle lettere paoline dove l’apostolo delle genti legge in chiave allegorica e spirituale dei passi dell’Antico Testamento per spiegare le condizioni di vita dei cristiani . Tale approccio viene meglio esplicitato nel III secolo da Origene che nella sua opera Philocalia parla proprio di come le Sacre Scritture vadano interpretate in modo allegorico.

Nel medio evo si arrivano a distinguere 4 sensi della Sacra Scrittura. Si parla di senso letterale, di senso allegorico, di senso morale e di senso anagogico. Di una simile divisione parla anche Dante Alighieri nella sua opera Convivio.

Questo modo di comprendere la Sacra Scrittura viene rivoluzionato nel XVI secolo dal Riformatore Martin Lutero. L’ex monaco agostinano infatti predilige, a discapito degli altri sensi della SacraScrittura, solo quello letterale. Inoltre Lutero introduce il principio del libero esame della Sacra Scrittura: secondo il riformatore tedesco ogni fede può avvicinarsi al testo sacro senza la mediazione della Chiesa.

Le innovazioni introdotte da Martin Lutero vennero condannate durante la quarta sessione del Concilio di Trento. Il decreto dell’8 aprile 1546 sull’edizione Vulgata della Bibbia e sul modo di interpretare la Sacra Scrittura recita fra l’altro:

Inoltre, per frenare certi spiriti indocili, stabilisce che nessuno, fidandosi del proprio giudizio, nelle materie di fede e morale, che fanno parte del corpo della dottrina cristiana, deve osare distorcere la Sacra Scrittura secondo il proprio modo di pensare, contrariamente al senso che ha dato e dà la santa madre chiesa, alla quale compete giudicare del vero senso e dell’interpretazione delle Sacre Scritture; né deve andare contro l’unanime senso dei padri.

Nel breve testo che abbiamo riportato emerge quale sarà lo spirito che animerà la Chiesa dopo l’assise ecumenica e che porterà alla cosiddetta questione galileiana. In primo luogo viene condannato il “soggettivismo” nell’interpretazione del testo sacro. In tale contesto si ribadisce  che l’esposizione del vero senso della Sacra Scrittura spetta solo alla Chiesa. Infine viene evidenziato come l’insegnamento della Sacra Scrittura non si deve discostare da quello dei Padri della Chiesa.

(La seconda parte segue venerdì 31 maggio)

Per approfondimenti o informazioni: www.nicolarosetti.it

(Articolo tratto da Àncora Online, il settimanale della Diocesi di San Benedetto del Tronto) 

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Nicola Rosetti

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