La proposta di Sant'Egidio per gli apolidi

A 60 anni dalla Convenzione di New York, la Comunità sostiene un più rapido riconoscimento del loro status giuridico

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Ricorrono in questi giorni i 60 anni dalla Convenzione relativa allo status degli apolidi, adottata a New York il 28 settembre 1954 e ratificata in Italia con legge 1 febbraio 1962, n.306. Apolide, ai sensi della Convenzione è “una persona che nessuno Stato, in base al proprio ordinamento giuridico, considera come proprio cittadino”. Si stima che vi siano circa 12 milioni di apolidi nel mondo.

In Italia i dati relativi alla presenza di apolidi riconosciuti sono quelli dei Comuni: 900 apolidi sono iscritti nei registri anagrafici. La Comunità di Sant’Egidio stima che la presenza di apolidi de facto (cioè potenziali, ma non riconosciuti) nel nostro Paese sia intorno alle 12/15 mila unità, si tratta nella quasi totalità di ex jugoslavi di seconda o terza generazione. La differenza tra  il numero di apolidi de facto (persone che  non hanno nessun documento di identità ) e  gli apolidi riconosciuti è dovuta principalmente alla difficoltà burocratica e procedurale che si incontra  per ottenere lo status di apolide.

La Comunità di Sant’Egidio sin dai primi anni ’90 ha iniziato ad approfondire le problematiche relative a persone presenti in Italia prive di qualsiasi status giuridico. Nel tempo  sono stati seguiti in via giudiziale, a Roma,  più di  45 casi  che hanno ottenuto lo status di apolide, si tenga presente  che nel 2012 a Roma si registravano in tutto 90 apolidi. Roma è la città in Italia con il più alto numero di apolidi riconosciuti. Altre situazioni sono state seguite nelle città di Napoli e Milano. A partire dall’esperienza acquisita e dallo  studio delle situazioni, al fine di garantire il diritto delle persone apolidi a veder riconosciuto il loro status e  uscire dalla condizione di limbo giuridico.

La Comunità di Sant’Egidio avanza alcune proposte per migliorare l’attuale situazione:

1) Semplificare e sburocratizzare le procedure per la richiesta di status di apolide in via amministrativa, superando il requisito della residenza anagrafica. Ad oggi per ottenere l’apolidia è richiesta la “residenza anagrafica”. Andrebbe invece considerata a questi fini la “residenza di fatto” (continuità della dimora abituale, come previsto dal codice civile) essendo questo il concetto di residenza cui si riferisce la convenzione. Si potrebbe richiedere allo straniero che presenti l’istanza la prova della sua effettiva e non episodica presenza in Italia, senza dover pretendere  l’iscrizione anagrafica.

2) Ratificare la Convenzione internazionale (agosto 1961) sulla Riduzione dell’Apolidia, che consentirebbe agli apolidi di conseguire più rapidamente una cittadinanza più rapida.

Sbloccare e calendarizzare i progetti di legge sulla cittadinanza, recanti nuove norme sulla cittadinanza. Introducendo uno Ius soli (più o meno temperato), molti degli apolidi de facto potrebbero ottenere la cittadinanza italiana senza dover prima essere riconosciuti apolidi.

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ZENIT Staff

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