La presenza russa in Vicino Oriente e la visita del Papa in Terra Santa

Elena Agapova, vice presidente della Società Imperiale Ortodossa di Palestina, parla dell’attività dell’organizzazione in vista della prossima visita del Pontefice nella terra di Gesù

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La Società Imperiale Ortodossa di Palestina è la più antica organizzazione civile della storia russa. ZENIT ha intervistato la vice presidente Elena Agapova che spiega l’impegno profuso per il sostegno umanitario ai profughi siriani, i legami con numerose realtà del Vicino Oriente, i rapporti con la Santa Sede e con papa Francesco.

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Elena Agapova, negli ultimi tre anni la Società Imperiale Ortodossa di Palestina ha devoluto una parte consistente delle proprie risorse nel sostegno umanitario ai profughi siriani. Può spiegarci la vostra posizione e la vostra attività a riguardo?

Agapova: Da quando è iniziato il conflitto in Siria, nel marzo 2011, abbiamo seguito l’evolversi delle vicende con molta attenzione e apprensione, soprattutto a causa dei crescenti tentativi di persecuzione nei confronti della consistente componente cristiana. La Siria è un bastione del mondo cristiano nel Vicino Oriente, ma anche un crocevia di differenti religioni e culture, rappresentando perciò un patrimonio di civiltà per tutto il mondo. A febbraio 2014 più di sessanta chiese cristiano-ortodosse erano state distrutte, insieme ad un numero elevato di reliquie che costituivano oggetto di venerazione da parte di fedeli di diversa provenienza. Nel novembre 2012 abbiamo rivolto un appello pubblico internazionale, in qualità di esponenti della società civile russa, per la difesa dei cristiani in Siria. L’appello è stato raccolto dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill, che in virtù della sua carica è peraltro anche il Presidente dei Membri Onorari della Società Ortodossa, come accade da 132 anni in base al nostro statuto. A questo appello civile hanno risposto molti settori della società civile russa, anche di etnie e religioni diverse. Da Vladivostok a Mosca siamo riusciti a raccogliere finanziamenti per acquistare ad esempio apparecchiature mediche di diverso tipo: defibrillatori, incubatrici neonatali, sedie a rotelle, respiratori artificiali, tutta una strumentazione necessaria alla cura che abbiamo inviato all’Ospedale Pediatrico Centrale di Damasco. Abbiamo anche deciso di inviare generi di prima necessità, medicinali e antibiotici attraverso le principali autorità religiose, aprendo un filo diretto con il Patriarca greco-ortodosso di Antiochia Giovanni X Yazigi e con il Gran Muftì di Siria Badreddin Hassoun, affinché, trovandosi costantemente sul campo, essi potessero indicarci con precisione le necessità più impellenti. Questo tipo di collaborazione è indicativo di come uno dei nostri obiettivi sia anche la concordia civile tra le diverse confessioni religiose. Storicamente, d’altronde, la Siria è sempre stato un Paese tollerante sul piano religioso, offrendo un esempio plurisecolare di convivenza abbastanza pacifica fra cristiani e musulmani che oggi è messa seriamente a repentaglio. La prospettiva di una destabilizzazione di Damasco ha inoltre effetti devastanti anche nelle zone limitrofe e nella stessa Europa.

La Terra Santa, ove il Romano Pontefice si recherà in visita il prossimo 25 maggio, continua ad essere un’area gravida di tensioni anche al di fuori della Siria. Qual è il vostro ruolo e quali sono i rapporti che avete instaurato con i rappresentanti locali della Chiesa cattolica?

Agapova: La grande esperienza storica e il passato glorioso della Società Imperiale Ortodossa di Palestina ci consente di avere legami con numerose realtà del Vicino Oriente: la Palestina, l’Egitto o Israele sono Paesi in cui godiamo di una buona reputazione, costruita nei nostri 132 anni di attività. Una fiducia che è stata trasmessa di generazione in generazione da parte di coloro che hanno studiato nelle scuole costruite dalla Società in tutta la regione. Noi valutiamo in modo estremamente positivo il lavoro di Papa Francesco, nonché la comunanza di valori fondamentali con i cattolici del Vicino Oriente. Nei primi mesi del 2014, ad esempio, ho personalmente visitato il Libano per incontrare il Cardinale Béchara Pierre Raï, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, che ha affermato di condividere totalmente la nostra posizione su quanto sta accadendo in Siria, rendendosi disponibile a favorire un nostro incontro il Romano Pontefice. Un aiuto che tuttavia non è stato necessario: accreditare la Società Imperiale Ortodossa presso la Santa Sede non è risultato difficile. L’autorevolezza di Sergej Stepašin, che da sette anni ricopre la carica di Presidente della Società Imperiale Ortodossa di Palestina su invito del precedente Patriarca di Mosca Alessio II, ha facilitato l’organizzazione di questa visita. In pratica, noi ci sforziamo in ogni modo di proseguire la nostra attività con lo stesso spirito che animò la famiglia nobile dello zar e gli esponenti più illuminati dell’antica aristocrazia russa per tenere viva e partecipe la presenza della Russia in Terrasanta.

Veniamo proprio alla visita in Vaticano: dal 24 al 27 febbraio 2014, una delegazione della Società Imperiale Ortodossa di Palestina guidata proprio dal Presidente Sergej Stepašin è stata a Roma per un incontro con Papa Francesco. Quali valutazioni può dare di questo evento?

Agapova: L’incontro che abbiamo avuto ha rappresentato il primo colloquio diretto tra la Società Imperiale Ortodossa di Palestina e la Santa Sede. Abbiamo interloquito con il Segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Mamberti, il Ministro degli Esteri del Vaticano, con il quale abbiamo discusso della difesa dei cristiani in Vicino Oriente e dei tentativi congiunti di fermare le persecuzioni in atto. Parallelamente abbiamo anche affrontato la questione della possibile soluzione politica al conflitto siriano. Siamo convinti infatti che la cooperazione con i cattolici su questo tema sarebbe molto importante. Papa Francesco aveva espresso pubblicamente una posizione molto chiara e forte, rivolgendosi a tutti i leader politici del mondo e scrivendo una lettera al Presidente Putin per sollecitare tutti gli sforzi necessari in vista della cessazione delle ostilità. Secondo i dati dell’ONU, il conflitto in Siria ha già mietuto oltre 120.000 vittime; circa un milione di cristiani sono stati costretti ad abbandonare il Paese e la cifra di Siriani che in una forma o nell’altra hanno bisogno di aiuto umanitario si aggira sui dieci milioni. In pratica si tratta quasi di metà della popolazione in uno Stato che conta 23 milioni di abitanti.

Avevamo già apprezzato i forti appelli pubblici, le preghiere e la proclamazione del digiuno da parte del Papa, ma un momento importante per noi è stato indiscutibilmente l’incontro con Putin nel novembre scorso. Abbiamo valutato come un fatto di assoluto rilievo che in occasione di questo incontro la Russia e la Santa Sede abbiano espresso la medesima posizione su una vicenda chiave dell’agenda internazionale. Anche per questo abbiamo messo sul tavolo a Mons. Mamberti proposte di cooperazione congiunta tra noi e le organizzazioni cattoliche internazionali. Nell’agenda del nostro incontro c’è stato anche il tema della cooperazione culturale con la Città del Vaticano. Saremmo lieti infatti di organizzare a Roma una mostra con le opere del pittore russo Vasilij Nesterenko, membro dell’Accademia Russa delle Arti che lavora molto su temi biblici, per poi realizzare analogamente una mostra di un artista cattolico a Mosca. D’altronde, la Società ha scelto di donare a Papa Francesco una miniatura raffigurante un paesaggio di Vladimir Nikonov, pittore molto importante in Russia. Già prima dell’incontro confidavamo nel buon esito del colloquio e nella benedizione del Papa della Chiesa cattolica, anche perché prima di venire a Roma avevamo avuto modo di incontrare il Nunzio Apostolico a Mosca, che ci aveva garantito che Papa Francesco attendeva la nostra visita. Il 17 marzo scorso, poche settimane dopo l’incontro, il Cardinale Kurt Koch ha inviato una lettera al nostro Presidente Sergej Stepašin in cui ci ringraziava da parte dello stesso Francesco per la visita e il do
no ricevuto, definendo il nostro primo colloquio come «un passo importante nelle relazioni bilaterali, che speriamo diventino molto fruttuose in futuro».

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Dario Citati è Direttore del Programma di ricerca «Eurasia» dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG)  [www.istituto-geopolitica.eu] e redattore della rivista Geopolitica [www.geopolitica-rivista.org].

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Dario Citati

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