La preghiera tra facebook, internet e digital media

Don Paolo Padrini spiega come umanizzare la rete

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ROMA, sabato, 26 maggio 2012 (ZENIT.org).- Bisogna aver paura dell’uso di Internet? Facebook è pericoloso? Come si fa a regolare l’uso della rete da parte dei giovani? E’ diseducativo giocare con le realtà virtuali? Come fare per rendere più umani i media nel mondo di Internet?

A queste ed altre domande, cerca di rispondere don Paolo Padrini, con il libro “ Facebook, internet e i digital media: una guida per genitori ed educatori. Conoscerli, valorizzarli, umanizzarli” pubblicato dalle edizioni San Paolo.

Don Paolo Padrini è un super esperto delle tecnologie virtuali e del suo utilizzo. Curatore del blog molto frequentato Passi nel Deserto, sta studiando metodi di comunicazione che possano avvicinare la religione e la preghiera al mondo dei giovani.

Un grande successo ha avuto la realizzazione di iBreviary, un’applicazione per iPhone e iPod touch.

Attraverso iBreviary, ogni giorno vengono proposte le preghiere quotidiane, suddivise secondo l’ordine tradizionale del Breviario Cattolico. La lettura può essere seguita sul touchscreen.

iBreviary è la prima proposta cristiana, in lingua Italiana, di tecnologia iPhone Apple applicata alla preghiera ed alla meditazione.

Ora don Paolo ha ha creato Praybook, un’applicazione per la preghiera e per la condivisione della preghiera su Facebook.

Nel libro “Facebook, internet e i digital media: una guida per genitori ed educatori. Conoscerli, valorizzarli, umanizzarli” don Paolo spiega: “I nostri ragazzi hanno sicuramente bisogno di socialità e di relazioni. Questi elementi sono presenti all’interno dei social network, ma si trovano anche in altri ambienti, come quello della scuola, della famiglia, dell’oratorio.

Bene. Avere una dieta mediale varia non significa necessariamente rinunciare ad internet ed ai social network; significa, soprattutto, integrare questo strumento all’interno del bisogno di relazioni, collegandolo così agli altri ambienti nei quali tali relazioni si possano differentemente coltivare.

Significa utilizzare altri strumenti quali ad esempio Twitter, e, contemporaneamente, valorizzare la vita di relazione in ambiente scolastico e famigliare.

Semplifico: è inutile togliere Facebook ai figli se poi in casa non si parla o se non si lascia loro spazio (e il tempo) per incontrare gli amici all’oratorio (magari rinunciando a voler vedere nostro foglio diventare necessariamente un campione di serie A).

Quello che semmai gli si deve far capire è che la loro vita ha bisogno di relazione e la relazione deve essere vissuta in modo sano e “nutriente”, a prescindere dagli strumenti (che comunque necessitano di una valutazione) che si sceglie di utilizzare.

Questo concetto chiave che mi sono permesso di esprimere con un po’ di dogmatismo (mi perdonerete) vale ovviamente anche per gli altri elementi di cui i nostri ragazzi hanno urgentemente bisogno.

Pensiamo a ciò di cui abbiamo parlato prima: al tema del senso del pudore, della responsabilità nei confronti di sè e degli altri. Pensiamo a discorso circa la libertà e la responsabilità, ….

Tutti temi imprescindibili nei confronti dei quali, forse, anche i social network (nei quali troppo spesso vediamo rischi e problematiche) possono venirci in soccorso.

L’importante è ovviamente cercare di conoscerli, di studiarli e di valutarli sapientemente.

L’importante è non arrenderci all’ignoranza e non delegare anche il ruolo educativo nei confronti di questi temi, così importanti e rilevanti per la vita dei nostri figli.

Anche perché il più grande pericolo di internet finiremmo per diventare noi: portatori sani di ignoranza e di arrendevolezza.

Che possa non essere davvero così. Per il bene nostro e dei nostri ragazzi: conoscere, imparare e soprattutto…mai arrendersi. Mai”.

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ZENIT Staff

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