La preghiera infonde nell'uomo il desiderio di amare

In occasione dell’Udienza Generale, Benedetto XVI prosegue la sua catechesi sulle lettere paoline

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di Luca Marcolivio

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 20 giugno 2012 (ZENIT.org) – Supplicare la nostra preghiera a Dio Padre, nel momento della prova e della necessità è qualcosa di “normale per l’uomo”. Lo ha affermato papa Benedetto XVI, introducendo la propria catechesi, in occasione dell’Udienza Generale di oggi.

Attraverso la nostra recita del Padre Nostro, il Signore “ci insegna le priorità della nostra preghiera, pulisce e purifica i nostri desideri e così pulisce e purifica il nostro cuore”, ha proseguito il Santo Padre.

C’è, tuttavia, anche un “motivo di ringraziamento” nella preghiera a Dio e “se siamo un po’ attenti”, possiamo accorgerci che da Lui “riceviamo tante cose buone”. Solo se, alla richiesta e alla supplica, si aggiungono la lode e il ringraziamento, “la nostra preghiera è completa”.

Di seguito Benedetto XVI ha soffermato la sua meditazione in particolare sul tema La benedizione divina per il disegno di Dio Padre (Ef 1,3-14), tratto dalla Lettera agli Efesini.

San Paolo afferma che c’è motivo di ringraziare Dio quando “ci fa conoscere quanto è nascosto: la sua volontà con noi, per noi; «il mistero della sua volontà»”, che non consiste tanto in ciò che è ignoto, quanto nella “volontà misericordiosa di Dio”, che ci aiuta a comprendere il Suo amore.

La lode e il ringraziamento sono dovuti a Dio, in primo luogo perché Egli “ci ha chiamati all’esistenza, alla santità”, prima ancora della creazione del mondo. “Dio non esclude nessuno, il suo progetto è solo di amore”, ha aggiunto il Santo Padre. Non veniamo scelti da Dio “perché siamo buoni noi, ma perché è buono Lui”. E questa bontà è degna di essere comunicata, annunciata, estesa.

Con l’immolazione di Suo Figlio Gesù Cristo in croce, l’amore di Dio per noi raggiunge l’apice della sua concretezza. “Così concreto è l’amore di Dio, che partecipa non solo al nostro essere, ma al nostro soffrire e morire”, ha proseguito il Papa.

San Paolo afferma poi che nulla “potrà mai separarci dall’amore di Dio” (Rm 8,39). “Questa certezza – ha commentato Benedetto XVI – dobbiamo inserirla nel nostro essere, nella nostra coscienza di cristiani”.

Con l’effusione dello Spirito Santo nei nostri cuori si chiude la benedizione divina ma la nostra redenzione non è ancora conclusa: essa “avrà il suo pieno compimento quando coloro che Dio si è acquistato saranno totalmente salvati”. Questo cammino “è anche un cammino nostro, perché Dio vuole creature libere, che dicano liberamente sì; ma è soprattutto e prima un cammino Suo”, ha osservato il Papa.

Accanto alla benedizione di Dio, c’è la contemplazione del suo volto nelle tre Persone della Santissima Trinità: “il Padre, che ci ha scelti prima della creazione del mondo, ci ha pensato e creato; il Figlio che ci ha redenti mediante il suo sangue e lo Spirito Santo caparra della nostra redenzione e della gloria futura”.

Si contempla dunque la bellezza di Dio, che “emerge dalle sue creature” (cfr. Ef 3,9). “Importante – ha commentato il Pontefice – è essere attenti proprio adesso, anche nel periodo delle vacanze, alla bellezza della creazione e vedere trasparire in questa bellezza il volto di Dio”.

La potenza di Dio incide anche “nella debolezza dell’uomo”, come la vita dei Santi “mostra in modo luminoso”. Dio, quindi, “si è fatto vicino a noi e attende con pazienza i nostri tempi, comprende le nostre infedeltà, incoraggia il nostro impegno e ci guida”.

La preghiera è, in definitiva, un modo per abituarci “a essere con Dio”, così come Lui, incarnandosi, “si è abituato ad essere nell’uomo”. È sempre la preghiera che, in questo modo, “genera uomini e donne animati non dall’egoismo, dal desiderio di possedere, dalla sete di potere, ma dalla gratuità, dal desiderio di amare, dalla sete di servire, animati cioè da Dio; e solo così si può portare luce nel buio del mondo”, ha quindi concluso Benedetto XVI.

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ZENIT Staff

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