La Polonia, avanguardia della cultura pro-life

Intervista con l’attivista Katarzyna Urban

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di don Mariusz Frukacz

CRACOVIA, lunedì, 19 dicembre 2011 (ZENIT.org) – La Polonia è un paese all’avanguardia in ambito pro-life a livello europeo. Ne abbiamo parlato con Katarzyna Urban, 34 anni, residente a Cracovia, economista con diploma MBA, editrice ma, soprattutto attivista pro-vita.

Da anni Katarzyna scrive dell’argomento su numerosi giornali cattolici polacchi. Dal 1999 è membro del Consiglio dell’Associazione polacca dei difensori della vita umana, mentre dal 2005 è membro del Consiglio della Federazione polacca dei movimenti per la vita.

Poco più di una settimana fa Lei è stata all’incontro che si è svolto a Roma sul progetto di una petizione in difesa della vita nascente nell’Unione europea. Quale importanza potrebbe assumere questa iniziativa?

Urban: È un progetto importante. Il Trattato di Lisbona permette di raccogliere firme per progetti di legge di almeno un milione di sottoscrizioni, provenienti da almeno sette paesi membri. Naturalmente in questa fase non posso rivelare dettagli ma vedo possibilità concrete che della nostra iniziativa possano venirne a conoscenza milioni di persone. Ciò sarà possibile se i mass media ci daranno risalto: sono sicura che Zenit lo farà!

Cosa pensa del discorso di Benedetto XVI ai partecipanti all’incontro di Roma? Quale passaggio del discorso è il più importante secondo Lei?

Urban: Il Papa, con la ferrea logica del ricercatore, ha ricordato l’anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (10 dicembre 1948) e ribadito che il nucleo di tutti i diritti umani è il diritto alla vita. Quando si parla di “diritti delle donne” o di legittimazione dell’aborto, a causa della situazione economica o della salute delle donne, penso sia una procedura mentale che è un po’ come fare frazioni aggiungendo denominatori diversi. Speriamo che con il tempo l’espressione “diritto all’aborto”, che non ha nessun senso intellettuale, scompaia dal dibattito pubblico.

Si tratta di parole forti!

Urban: È vero, ma si tratta del linguaggio più insidioso in materia di aborto.
I movimenti pro-life difendono i diritti umani, a differenza dei movimenti pro-aborto. Un’altra ovvietà, eppure difficile da accettare, è che chi parla di “diritti delle donne” non sembra notare che l’aborto impedisce la vita. Per non parlare di quanto sono numerose le vittime d’aborto tra i feti femminili. Secondo i dati di Lancet in India ogni anno sono vittime di aborto almeno mezzo milione di bambine! I movimenti femministi, paradossalmente, portano alla discriminazione più estrema contro le donne. Certo, all’inizio il femminismo combatteva per una giusta causa ma oggi è diventato una caricatura. Penso al ruolo dell’uomo che oggi, di fronte alla paternità, scarica ogni responsabilità sulla donna, con il risultato che c’è sempre una ‘uscita d’emergenza’: l’aborto. E nel caso di una gravidanza indesiderata è la donna che porta il 100% della responsabilità sulle conseguenze mentali e fisiche dell’aborto, compresa la minaccia alla propria stessa vita. Non esiste il concetto di aborto ‘sicuro’ visto che, ad esempio, negli Stati Uniti, l’aborto è una delle prime cinque cause di mortalità materna. È giusto, allora, parlare di ‘liberazione delle donne’? O forse stiamo facendo dei passi indietro?

Allora com’è possibile sperare che scompaia il termine “diritto all’aborto”?

Urban: Penso alla Carta di San José, i cui scienziati firmatari dimostrano che non esiste il concetto di “diritto all’aborto” nel diritto internazionale, quindi le azioni delle agenzie delle Nazioni Unite che supplicano tale diritto nei registri o trattati internazionali sono “falsi e devono essere respinti”. Nella stessa Carta leggiamo che “questi corpi esplicitamente o implicitamente interpretati che i trattati internazionali non possono vincolare i governi nazionali ad agire contro il mandato popolare che hanno ricevuto.

Cosa pensa dei movimenti per la vita oggi in Europa? Qual è il rapporto dell’attività dei movimenti pro-life rispetto all’azione legislativa e alla politica pro-famiglia?

Urban: Senza sottovalutare l’importanza delle legislazioni su questi temi, il nostro obiettivo non è di carattere giuridico ma culturale. Vogliamo cambiare la mentalità dominante, andare controcorrente. Il fenomeno dell’aborto, ad esempio, distrugge il valore della vita umana, per iniziativa dell’azione arbitraria di gruppo di interesse particolari. Nell’ultimo anno, ad esempio, i ricavi annuali dell’organizzazione abortiva  Planned Parenthood hanno superato il miliardo di dollari. Così come in passato la schiavitù negava l’umanità di una parte del genere umano, oggi l’aborto la nega al feto. Tuttavia so che la ragione è dalla nostra parte e so con quali argomenti possiamo difendere la vita. Come sia la condizione di una persona non nata, lo illustra bene il documentario L’urlo silenzioso di Bernard Nathanson.

Quali sono i  questioni più importanti attualmente che affrontano i movimenti pro-life in Polonia?

Urban: I difensori della vita polacchi sono in una posizione di forza: la nostra legge del 1993 tutela la vita del nascituro, dichiarando illegale l’aborto, salvo eccezioni (vedi www.pro-life.pl/index.php?a=pages&id=194). Siamo anche riusciti a rafforzare anche il rispetto sociale per la vita del nascituro. Secondo i sondaggi di opinione pubblica (IQS) del 2010, l’88% degli intervistati affermano che la vita umana inizia al concepimento, mentre il 90%  è d’accordo sul diritto incondizionato alla vita, da parte del bambino. Oggi in Polonia si discute soprattutto di come proteggere la vita nascente, ad esempio attraverso l’abolizione dell’aborto per i bambini disabili, che a nostro avviso è la più estrema delle discriminazioni contro i portatori di handicap.
Abbiamo, inoltre, il problema della mancanza di regolamentazione della fecondazione in vitro. Organizziamo, poi, grandi campagne che illustrano le conseguenze di tale tipo di concepimento per il bambino (compreso il fatto che solo una piccola percentuale di embrioni sopravvive, il basso peso alla nascita, ecc.) e per la donna (triplicazione del rischio di mortalità materna, aumento del rischio di tumore ovarico e della mammella).
Tornando a parlare di aborto, il dibattito attuale concerne l’utilizzo della pillola abortiva RU486. I dati delle cliniche abortiste americane mostrano che nel 2008 gli aborti farmacologici hanno rappresentato il 17% delle interruzioni di gravidanza. La pillola abortiva, dalla sua introduzione nel 2000 ha ucciso 14 donne negli Stati Uniti, mentre in 2200 hanno subito un danno fisico a causa della sua applicazione. Su 612 donne che hanno richiesto l’ospedalizzazione, 339 aveva perso tanto sangue, al punto di chiedere una trasfusione, mentre 256 avevano sviluppato un’ infezione, di cui, in 48 casi, la FDA definisce “grave”.
Sul fronte pro-aborto, organizzazioni internazionali come l’ONU sostengono che vietare l’aborto significa di condannare a morte le donne. La verità è diversa: il divieto d’aborto non aumenta la mortalità materna. Uno dei più bassi tassi di mortalità materna nel mondo è l’Irlanda (tasso di 5), un paese dove non c’è spazio per l’aborto. In Polonia durante i 18 anni di vigenza della nostra legge a tutela della vita del nascituro, soltanto una donna è morta per aborto  clandestino. Allora il compito principale dei movimenti pro-life è sempre quello di promuovere la verità a favore della vita.

Per info è possibile visitare il sito web pro-life polacco in italiano: http://www.pro-life.pl/index.php?a=pages&id=194

 

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ZENIT Staff

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