La Pentecoste è prima di tutto un dono alla famiglia

Il vento dello Spirito riempie il cuore di ogni componente familiare per vivere al meglio le relazioni

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La Pentecoste è un evento ecclesiastico che chiude la stagione dell’attesa e apre un tempo di speranza. Poichè il Concistoro sulla famiglia aprirà i suoi lavori nel prossimo mese di ottobre, può essere vantaggioso riflettere sulla Pentecoste come la festa del dono dello Spirito Santo alla famiglia, considerata come chiesa domestica.

Dopo essere stati testimoni del mistero dell’Ascensione al cielo del Signore Gesù Cristo, gli Apostoli si recano a Gerusalemme, percorrendo un cammino permesso il giorno di sabato. Ed entrati nella città santa salirono al piano superiore dove abitavano (At 1, 12-13). “Tutti questi (gli apostoli) erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui.”  (At 1,14).

Questa non è forse la stessa situazione che viene ripercorsa da molte famiglie? All’inizio il matrimonio sembra avere la forza dell’entusiasmo che ha la capacità di far pregustare un’anticipazione delle realtà celesti, come sono la gioia e la condivisione. Ma con il passar del tempo sorgono le prime difficoltà: incomprensioni con le famiglie di origine, problemi economici, differenze di vedute tra marito e moglie, la crescita di responsabilità per l’arrivo dei figli, le visioni educative differenti dei genitori.

Tutte queste pesantezze, inevitabili all’interno di ogni famiglia, possono essere affrontate con la preghiera, che è il vero collante che solidifica e risana le relazioni familiari. La preghiera richiede due elementi essenziali: l’assiduità e la concordia. L’assiduità significa non perdere mai l’occasione di rivolgersi a Dio per chiedere ispirazione al proprio agire, per riconoscere le proprie colpe e per avere la giusta contrizione e coraggio per chiedere scusa. La concordia significa avere il proprio cuore aperto alla volontà di Dio, per vivere quell’unità familiare anche nella diversità  delle intenzioni, e lasciar decidere a Dio quale via seguire tra le possibili che si presentano. Assiduità e concordia sono allo stesso tempo prerequisiti e frutti della preghiera.

Proprio in questa atmosfera umana e spirituale avviene la Pentecoste, che si manifesta con un rombo improvviso proveniente dal cielo, come di vento gagliardo che si abbatte sulla casa riempendola con la sua freschezza e con il suo sussurro (At 2,2). Questa è la ventata di novità portata dallo Spirito Santo, richiesto con perseveranza da Maria e dai discepoli di Gesù  riuniti in preghiera nel cenacolo.

Questo è esattamente quello di cui ha bisogno la famiglia di oggi; un vento impetuoso che riempa il cuore di ogni suo componente per vivere al meglio le relazioni, perchè il grande assente di molte famiglie è proprio il dialogo. Ognuno rimane ancorato sulle proprie posizioni. Alcune volte si preferisce fuggire il dialogo per evitare le discussioni. Questo vento dello Spirito di Dio contiene la forza necessaria per spingere l’uno verso l’altro, in modo da spazzare via quella chiusura, quei pregiudizi e quelle ambizioni che sono le più acerrime nemiche dell’unità familiare.

Il vento non solo produce quell’energia spirituale che induce al movimento verso l’altro. Il vento contiene quella freschezza che rinfranca la missione familiare. Il sudore del lavoro, la fatica dell’educazione dei figli, l’assistere i propri familiari anziani, producono una stanchezza d’animo ancora prima che fisica, una stanchezza che può essere alleviata solo con il soffio dello Spirito.

Il vento ha un altra missione: spazzare la polvere che si deposita nel corso del tempo. Quanti legami familiari hanno bisogno di essere spolverati dal vento dello Spirito. Questa è un’immagine tipica delle relazioni che rimangono inalterate nel corso degli anni, relazioni che non hanno mai trovato la forza di rinnovarsi e maturare per portare i frutti tipici della vocazione adulta. Fidanzamenti che durano tantissimi anni senza progetti di matrimonio, attendere tanto tempo prima di aprirsi ad accogliere dei figli, vivere con la nuova famiglia rimanendo condizionati dalla famiglia d’origine, sono quella polvere che si accumula rischiando di precludere la possibilità di evolversi verso la missione affidata da Dio.

L’ultimo elemento della Pentecoste è il fuoco dello Spirito. “Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi.” (At 2,3-4).

Quante famiglie sono diventate prigioniere dello spirito muto, quello spirito che fa tacere la verità del proprio io, invece di comunicarlo al noi della famiglia. Le relazioni familiari ardono di amore quando ognuno comunica se stesso nella verità, manifestando i propri pregi senza nascondere i propri difetti. I perfezionisti, i moralisti e i rigoristi sono coloro che ingabbiano il fuoco dello spirito rendendo freddi, distaccati e apatici i rapporti familiari.

Queste lingue di fuoco donano il potere di parlare in un’altra lingua, la lingua della sincerità che rivela pienamente chi è Dio e chi siamo noi realmente, per far conoscere come l’amore di Dio è sempre superiore ad ogni nostra mancanza e dimenticanza.

In questo modo la preghiera, il fuoco ed il vento rinnavano la famiglia cristiana spingendola ad uscire dalle proprie mure domestiche per comunicare al mondo intero la gioia di vivere insieme malgrado le differenze, le incomprensioni ed i limiti di ogni persona umana.

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Osvaldo Rinaldi

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