La pastorale dei migranti e dei rifugiati in Europa: una proposta di comunione

Concluso a Mosta (Malta), l’incontro dei vescovi e delegati responsabili per la pastorale dei migranti delle Conferenze episcopali in Europa

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L’approccio al fenomeno migratorio in Europa è vittima di una sorta di schizofrenia. Mentre l’UE riconosce sempre più diritti all’immigrato regolare, l’Europa fortezza continua a gestire la mobilità umana come una questione meramente economica. Il migrante non è una merce che si può importare ed esportare a piacimento! Un approccio al fenomeno migratorio che non tenga conto di tutte le dimensioni della persona umana e della realtà sociale e culturale delle singole nazioni è destinato a generare esclusione, marginalità e tensioni sociali.L’approccio pastorale che la Chiesa propone obbliga quanti sono coinvolti a un realismo nel modo di guardare la realtà delle persone e delle comunità di migranti, evitando quindi di ridurre la questione e la problematicità del tema a valutazioni meramente economiche, sociologiche o di carattere politico.E’ quanto è emersonella due giorni di lavoro, promossa dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), per i vescovi e direttori nazionali per la pastorale dei migranti e rifugiati delle Conferenze episcopali in Europa, svoltasi a Mosta (Malta) dal 2 al 4 dicembre 2013.

A Malta, i vescovi e responsabili per la pastorale dei migranti si sono mostrati preoccupati per tutte le situazioni in cui i rifugiati e i richiedenti asilo non sono rispettati nella loro dignità. La politica europea e quella degli Stati non può non basarsi sul rispetto della persona, il riconoscimento del valore e dell’importanza della famiglia. Ogni movimento migratorio deve svolgersi nel quadro della legalità. In caso contrario, l’ordine pubblico dei paesi meta di migrazione rischia di venire meno, rendendo questi paesi poco attrattivi per l’immigrazione. In ogni caso, i criteri della carità e della legalità devono essere osservati.

Una sana ‘politica’ migratoria deve poter favorire la partecipazione attiva nella società dei migranti, facilitando il loro impiego lavorativo. Un’attività permanente che permetta il proprio sostentamento o di rispondere ai bisogni della propria famiglia appare fondamentale nel processo d’integrazione: costituisce, di fatto, il mezzo principale perché l’emigrato possa iniziare una ‘nuova vita’. Allo stesso tempo, questa politica deve sempre essere sostenuta da sforzi per affrontare le forme d’ingiustizia economica e sociale all’interno dei singoli paesi e a livello globale (sfruttamento d’intere regioni, distruzione dell’ambiente in molti paesi poveri, guerre ingiuste…).

Per i molti rifugiati che arrivano in Europa, attraverso i suoi confini a Sud e a Est, la Chiesa cerca, per quanto le è possibile, di essere presente con varie realtà e iniziative (centri d’accoglienza, dormitori, centri per bambini, corsi di lingua…). La Chiesa non intende chiaramente sostituirsi allo Stato, ma non può non sentirsi interpellata dall’umana sofferenza, materiale o spirituale che sia. La Chiesa ha una vocazione ad essere prossima, a incontrare e ad accompagnare il cammino di ogni uomo, seguendo il suo Signore. In questo senso, una particolare attenzione è stata data al tema ‘famiglia e immigrazione’. Una giusta pastorale del migrante non può prescindere dal suo bisogno di affetti, ad avere una famiglia e a sentirsi parte di una comunità.

Allo stesso tempo, le migrazioni costituiscono una vera sfida per la comunità cristiana perché chiamano in causa la sua capacità di accogliere e gestire la differenza. Il pluralismo non dovrebbe essere percepito come la contrapposizione di mondi antagonisti, bensì come la complementarietà di ricchezze multiformi. D’altra parte, a più riprese, i partecipanti hanno insistito sul fatto che non basta offrire ciò che si ha, bisogna imparare a offrire quello che si è. Accogliere è amare, è prendere sul serio l’umanità delle persone, permettendo a ognuno di essere se stesso. E’ fare in modo che l’altro esista senza per questo sentirsi minacciato dalla sua differenza.

Da anni, la Chiesa è tesa a sviluppare rapporti tra le comunità di partenza e quelle di arrivo. La cooperazione tra le chiese locali costituisce sempre più una dimensione del lavoro pastorale. Questa cooperazione non è richiesta da esigenze sociologiche o di efficacia. La posta in gioco è l’essere e l’identità della Chiesa. Una cooperazione così compresa non si riduce a un dare, è anche un ricevere: l’immigrato ha certamente bisogno di aiuto, ma è anche una risorsa per la comunità che sa accoglierlo.

Infine, appare importante dare contenuto alle parole che si usano. Termini come ‘assimilazione’, ‘integrazione’, ‘inclusione’ appaiono spesso inadeguati o incompleti, specie se usati in ambito ecclesiale.  La cultura dell’incontro, il cui metodo è costituito dell’andare incontro e prendersi cura dell’altro, chiede che il fenomeno migratorio sia percepito non soltanto come una sfida che chiama alla carità, ma anche come un’occasione di arricchimento della comunione ecclesiale.

Nel corso dell’incontro promosso dalla Sezione “Migrazione”, Commissione Caritas in Veritate del CCEE, presieduta dal Cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria, i partecipanti hanno visitato il centro chiuso di Hal Safi per richiedenti asilo e un centro aperto a Balzan, gestito dalla Chiesa locale. In particolare, il centro di Balzan costituisce un felice esempio di come sia possibile conciliare evangelizzazione e azione sociale: la fede che genera le opere e le opere che testimoniano la fede.

L’incontro si è svolto a Malta su invito dell’Arcivescovo locale, Mons. Paul Cremona, e del Presidente della Conferenza episcopale maltese, Mons. Mario Grech, Vescovo di Gozo, ed è stato organizzato da Mons. Alfred Vella, Direttore della Commissione “Malta Emigrants”. Vi hanno preso parte i vertici del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti: del suo presidente, il Cardinale Antonio Maria Vegliò, e del sotto-segretario del dicastero vaticano, Mons. Gabriele Ferdinando Bentoglio. Nel corso dell’incontro, sono intervenuti: l’On. Emanuel Mallia, Ministro degli Interni e della Sicurezza Nazionale della Repubblica di Malta; l’On. Helena Dalli, Ministro delle Politiche Sociali, della protezione dei consumatori e delle libertà civili della Repubblica di Malta; l’ambasciatore José Angelo Oropeza Rojas, Direttore dell’ufficio di coordinamento IOM per il Mediterraneo e Capo Delegazione IOM in Italia e a Malta; Mons. Ciriaco Benavente Mateos, Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni in Spagna e la Prof.ssa Laura Zanfrini dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. 

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ZENIT Staff

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