La Pasqua matrice della Chiesa (Prima parte)

Una riflessione su come l’architettura aiuti l’assemblea cristiana a vivere pienamente le celebrazioni liturgiche

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di Andrea Baciarlini *

ROMA, martedì, 3 aprile 2012 (ZENIT.org) – “Andate a preparare per noi, perché possiamo mangiare la Pasqua” (Lc 22,8).

Arriva la Grande Festa, la Notte delle notti, il centro della vita cristiana, il tempo liturgico di 50 giorni inaugurato dalla Grande Veglia, durante la quale l’assemblea dei fedeli rivive in pienezza tutta la sua esperienza di fede nei vari momenti e tempi rituali della medesima, come esperienza fondante e basilare della sua stessa fede ed esistenza.

In questo tempo ci si propone quindi l’opportunità di riflettere su come questa liturgia non sia solo un’esperienza rituale conclusa in sé, ma sia la matrice stessa simbolica, semantica e spaziale dell’edificio cultuale cristiano, ciò che ne determina i suoi spazi ed i suoi ambiti, plasmandolo in tutti i suoi “fuochi liturgici”.

Tutto ciò in modo che l’edificio cristiano sia imago ecclesiae, ossia proiezione spaziale e temporale della visione ontologica che l’assemblea cristiana ha di sé stessa .

Si inizia nella notte tale Grande Veglia con la Liturgia del Fuoco, che inaugura tutta la celebrazione vigiliare e che si celebra all’esterno dell’edificio liturgico, in luogo purtroppo spesso indefinito ed anonimo,  denunciante la frequente mancanza di riflessione progettuale sul medesimo.

Qui il Popolo di Dio si riunisce intorno al “Fuoco Nuovo” inaugurante il nuovo tempo con l’accensione del Cero Pasquale che illuminerà e guiderà tutta la processione liturgica che si concluderà dentro l’Aula, dove con l’introduzione del melodico canto del Preconio Pasquale, si svolgerà l’intera notte di veglia, così come è stato di generazione in generazione fin dai tempi del popolo d’Israele prima e della comunità cristiana poi.   

Ma questo luogo, lungi dall’essere banale ed indefinito, in realtà possiede caratteristiche formali e spaziali che lo distinguono da tutti gli altri spazi esterni dell’edificio cultuale: esso infatti deve essere ampio, accogliente, collocato nei pressi dell’entrata principale della chiesa; deve prevedere un luogo dedicato alla preparazione del fuoco e deve poter permettere l’ordinato congregarsi dell’assemblea cristiana. 

Questo luogo, identificato nel Sagrato, è il medesimo luogo che conterrà l’assemblea prima e dopo le celebrazioni durante tutto l’anno liturgico, rimanendo luogo deputato all’Agapé fraterna, imprescindibile elemento del tripode della vita cristiana, arricchito a proposito dalla presenza di quegli elementi naturali che lo rendono gioioso, accrescendo il valore spirituale dello stare insieme dei fratelli (Sal. 133), anticipazione del libero congregarsi dell’assemblea celeste festante che si realizzerà in cielo.    

Che esperienza entusiasmante sostare in quei bei sagrati di tante chiese storiche, siano esse basiliche paleocristiane, chiese medievali o rinascimentali, od anche meravigliose chiese barocche o neoclassiche che hanno conservato questo elemento insostituibile, il quale con discrezione ed amorevole accoglienza raduna l’assemblea cristiana preparandola alle celebrazioni liturgiche.

Assemblea cristiana che, dopo essere stata congregata, prende forma e si prepara disponendosi in processione sotto il Nartex, ossia il portico antistante l’entrata , e quivi già ordinata, si pone  in marcia nella processione liturgica iniziale che la porterà da fuori fino all’interno, attraversando il maestoso Portale d’entrata (segno di Cristo Porta, limite tra il sacro ed il profano, cesura tra l’esterno e l’interno dell’Aula celebrativa) facendo tre tappe di breve sosta nelle quali canta “Christus lux mundi… Deo gratias” a memoriale delle tappe del popolo di Dio nel deserto, che ne rievocano il suo peregrinare.    

Tappe quindi che ordinatamente devono essere in qualche modo intellegibili da chi tale processione guida e delle quali sicuramente hanno avuto considerazione coloro che nei preziosi percorsi processionali dei mosaici cosmateschi hanno voluto indicare con i loro motivi geometrici – solo apparentemente decorativi ma in realtà fortemente dotati di espressività simbolica e semantica – le pause processionali ai ministri che, non avendo in tal modo nessun dubbio riguardo ai momenti e luoghi dove farle, possono guidare con solenne dignità tale rito.

[La seconda ed ultima parte della riflessione verrà pubblicata domani 4 aprile]

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*Andrea Baciarlini è architetto e professore di Storia dell’Arte di Roma. Oltre ad occuparsi di Architettura Civile, ha realizzato soprattutto numerosi progetti nel campo dell’Architettura Liturgica ed Ecclesiale. 

Tra questi, il restauro e il riadattamento liturgico, a Roma, della Cappella di San Colombano alle Grotte Vaticane, della Chiesa di S.Maria in Vallicella, di S.Maria Liberatrice, della Cappella dei Martiri Irlandesi al Pontificio Collegio Irlandese, della Casa Generalizia dei Christian Brothers of Ireland ed infine la ristrutturazione del complesso di S.Giovanni a Porta Latina.

Per molti anni è stato docente presso la Pontificia Università San Tommaso (Angelicum) e presso il Pontificio Istituto Sant’Anselmo a Roma.

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ZENIT Staff

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