La nuova primavera dei giovani

Originale romanzo di Egidio Chiarella, dell’Ufficio Legislativo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

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di Eugenio Fizzotti

ROMA, giovedì, 23 agosto 2012 (ZENIT.org).- «Lavorare con i giovani per i giovani, perché il mistero racchiuso nella loro vita possa sbocciare, fiorire e giungere fino alla piena maturazione, in modo che dai loro frutti la società intera attinga energie vitali per il suo ininterrotto cammino nella storia, è un’opera non facile». Così iniziando, a p. 9, la Premessa, il teologo e giornalista pubblicista Costantino Di Bruno mette in evidenza che il volume La nuova primavera dei giovani (Ibiskos Editrice Risolo, Empoli, 2011) di Egidio Chiarella, titolare della cattedra di Italiano e Storia presso l’Istituto Professionale L. Einaudi a Lamezia Terme (Catanzaro) e membro dell’Ufficio Legislativo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, costituisce una testimonianza di eccezionale valore nell’individuare le energie psicologiche, relazionali e culturali che consentono ai giovani di attraversare con entusiasmo e profonda solidarietà le strade della verità, della giustizia, della sapienza, del discernimento, della comunicazione e della spiritualità.

In una prospettiva particolarmente originale il volume parla di un numeroso gruppo di giovani che, venuti da alcune regioni del nord, del centro e del sud d’Italia, si recano nella Sila Grande, in Calabria, per vivere «un’esperienza di divertimento e di libera discussione su temi di attualità in continua evoluzione» (p. 15). Sono infatti numerose e di forte attualità le tematiche che, con l’animazione di un professore di lettere e di un sacerdote, i giovani prendono in considerazione non tanto per apprendere quanto per condividere e per maturare i loro atteggiamenti interiori e assumere delle scelte circa uno stile di vita che favorisca l’essere protagonisti attivi e responsabili nel contesto culturale e sociale da cui provengono.

I singoli capitoli riportano dialoghi particolarmente affascinanti sul rispetto da avere nei confronti delle singole persone, riconoscendone le abilità e le competenze, oltre che gli orientamenti e i progetti e, manifestando perplessità nei confronti di atteggiamenti critici che molti purtroppo hanno verso il Sud, accusandolo di avere una mentalità mafiosa, richiamano con estremo realismo un intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale «ha detto a proposito che c’è un legame forte e inscindibile tra sviluppo del Mezzogiorno e complessivo rilancio dell’economia italiana» (p. 64).

Forte attenzione viene anche riservata all’appartenenza alla Chiesa, ritenuta dal giovane Luigi «una significativa agenzia educativa, al pari della scuola e della famiglia e questo ruolo andrebbe rafforzato, anche con l’uso dei mezzi informatici più sofisticati, specie in un tempo di confusione come quello che stiamo vivendo» (p. 82).

Non diversamente le conversazioni si soffermano sulla scuola che ha come obiettivo specifico il «far apprendere a un ragazzo un insieme di saperi, partendo dal leggere, dallo scrivere e far di conto, fino a sviluppare in lui il pensiero critico e i pensieri complessi, fondamentali nella formazione della struttura portante della sua persona» (p. 101).

Ed esprime una straordinaria originalità l’argomento sul significato del dialetto che, stando a quanto dice Elena, «una ragazza molto riflessiva», «se ogni comunità lo perdesse, sarebbe come se un gigantesco incendio mandasse in fumo i nostri boschi, o se si seccassero tutte le sorgenti. Un pezzo incommensurabile della nostra storia, della nostra cultura millenaria andrebbe perduto. Con esso si potrebbe spegnere quel meraviglioso insieme di sensazioni, sonorità, profumi, emozioni che solo il dialetto ci sa mettere nell’animo. Si perderebbe l’anima delle nostre regioni. Il nostro dialetto porta dentro di sé la nostra storia di millenni, le nostre radici» (p. 122).

Approfondendo con serietà e forte condivisione esperienziale tematiche riguardanti la famiglia, l’etica, l’economia, la cupidigia, l’immigrazione, la giustizia, la politica e l’associazionismo, i giovani partecipanti al campo estivo di distensione e di formazione offrono nel libro effettivamente numerosi spunti per non diventare «burattini della mafia, per maturare la libertà di non cadere nelle tentazioni di altri mondi illusori, guidati da falsi maestri che danno nell’immediato anche un fascio di luce, per tenere aperto l’oblò della speranza» (p. 180) e accettano con estrema condivisione ciò che a conclusione dell’esperienza dice loro Don Anselmo, il sacerdote che li ha assistiti e animati: «ben venga una nuova primavera dei giovani, che sappia tutelare e interpretare il nuovo che avanza e di cui c’è urgenza, in questa società attraversata da una profonda crisi. Mi auguro che le nuove generazioni nel loro agire abbiamo sempre la forza, la costanza e la libertà di alzare lo sguardo verso il cielo!» (p. 183).

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ZENIT Staff

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