La musica sacra, un linguaggio forte e immediato per i giovani

Presentato il Festival “In signo Domini-Musica Sacra nelle Basiliche romane”

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ROMA, lunedì, 4 aprile 2011 (ZENIT.org).- La musica sacra ha “un linguaggio universale ma soprattutto forte in una società dei consumi e del benessere. Ed è una componente essenziale della liturgia che stiamo riscoprendo e che arriva particolarmente ai giovani, che hanno un linguaggio più immediato”. E’ quanto ha detto questo lunedì a ZENIT mons. Liberio Andreatta, vice presidente dell’Opera Romana Pellegrinaggi (ORP), in occasione della presentazione a Roma del Festival “In signo Domini-Musica Sacra nelle Basiliche romane”, promosso dall’Accademia Musicale Europea.

L’iniziativa, che si svolgerà per tre mercoledì di aprile – il 13 e il 27 presso la Basilica di S. Giovanni in Laterano, il 20 presso la Basilica dei Santi XII Apostoli – e accompagnerà lo spettatore nel cammino di spiritualità della Pasqua, si inserisce nella cornice delle manifestazioni per la beatificazione di Giovanni Paolo II. La direttrice artistica è Daniela De Marco.

Mons. Andreatta ha osservato che “l’uomo è arrivato a una situazione di delusione, di vuoto, di solitudine. Ha perso tutti i punti di riferimento”. E in questa situazione, ha aggiunto, credo che “la musica sacra sia lo strumento e il linguaggio per fargli ritrovare quella nostalgia che ha ogni uomo sulla sua origine e sulla sua meta finale, che è la nostalgia di Dio”. 

Il vice presidente dell’ORP ha poi ricordato a ZENIT che “i simboli sono il linguaggio primordiale: il bacio, l’abbraccio, lo sguardo se sono dotati di veri contenuti, hanno un senso. Se il bacio è riportato a un vero contenuto di amore ha senso, ma ricordiamo anche che con un bacio Giuda ha tradito, quindi si può utilizzare anche in maniera opposta al suo valore”. 

“Noi dobbiamo riscoprire – ha aggiunto – la semantica dei segni e dei linguaggi che sono interiori all’uomo e i giovani hanno una capacità istintiva immediata perché non sono ancora corrotti o inquinati da quella che è poi l’esperienza della vita che purtroppo riesce anche a non dare più senso al linguaggio”.

“La musica – ha sottolineato ancora – è una componente essenziale della liturgia. Basti pensare a Davide con la cetra. Dall’Antico Testamento sappiamo che davanti al Sancta Sanctorum c’era la musica sacra. Era espressione profonda di un linguaggio che non era più umano ma divino”. 

Oggi, invece, ha affermato, là dove la musica sacra è stata accantonata, abbiamo tolto qualcosa al linguaggio divino della liturgia. A questo proposito ha poi precisato che ci sono state interpretazioni distorte del Concilio Vaticano II che hanno dato alla celebrazione liturgica un aspetto assembleare, in cui scompare il senso del Cristo come celebrante. “Una assemblea senza Cristo non ha senso”, ha commentato.

Spesso, ha continuato, “i canti seguono una musica fatta con le chitarre, improvvisata, più frutto della modernità del tempo che non della tradizione profonda della Chiesa che dopo millenni ha un patrimonio che così viene dilapidato”. 

“Ma anche nelle processioni – ha detto – abbiamo cancellato i segni che esteriormente non ci dicevano più niente perché avevamo perso interiormente il significato e il senso di quei linguaggi”.

Ed ha poi ricordato che “grazie a Dio con Benedetto XVI stiamo riscoprendo questa strada che in qualche modo abbiamo smarrito” ed auspicato “che in qualche modo i sacerdoti e i giovani possano ricostruire questo patrimonio straordinario”, invitando anche i parroci a “riscoprire la musica sacra dei nostri antichi, specialmente il gregoriano”. 

I concerti del Festival sono dedicati a “Giovanni Paolo II, un Papa particolarmente amato che ha scoperto il velo del dolore”, ha detto mons. Andreatta, e sono nati grazie alla partnership tra l’Accademia Musicale Europea, che organizza ogni anno un concorso internazionale sulla musica sacra, e l’Agenzia artistica “A Voce Solal”.

Per maggiori informazioni: www.accademiamusicaleeuropea.org/

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ZENIT Staff

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