La mia guarigione sulla Via di Santiago

Marco Deambrogio, famoso “viaggiatore in moto”, che ha compiuto leggendarie imprese in giro per il mondo, racconta un episodio straordinario che ha cambiato la sua vita

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di Roberto Allegri

ROMA, mercoledì, 26 settembre 2012 (ZENIT.org) – “Da due anni ero bloccato sul divano di casa. Una brutta infiammazione ai piedi mi aveva quasi paralizzato. Un guaio tremendo per un giramondo come me. Mi sentivo morto, distrutto. Poi, all’improvviso, un pensiero folgorante: fare il Cammino di Santiago, il famoso pellegrinaggio che dai Pirenei porta a Santiago de Compostela. Ottocento chilometri a piedi, una cosa folle nelle mie condizioni. Ma quel pensiero divenne fisso, un’ossessione e, contro il parere dei medici, dei familiari, degli amici, mi sono organizzato e sono partito. Fin dal primo giorno mi sono successe cose incredibili. Sono tornato guarito e completamente cambiato. E ho ritrovato la bellezza della fede.”

Così dice Marco Deambrogio, e mi guarda con una luce particolare negli occhi come a volermi comunicare un intero universo, oltre alla sua storia.Quarantasei anni, Deambrogio è conosciuto come “l’uomo che attraversa i deserti in moto”. Le sue imprese, sempre in solitaria, sono diventate leggenda.A cavallo della sua motocicletta ha fatto il giro del mondo percorrendo 57 mila chilometri, ha viaggiato da Milano da Kabul in tempo di guerra, ha attraversato l’Oceania e i deserti australi, è arrivato sino a Pechino percorrendo l’antica “via della seta”. “Puoi dunque immaginare come mi sentivo ad essere immobilizzato”, dice Deambrogio. “Ero proprio a pezzi, mi pareva di essere in gabbia.Io che avevo fatto dell’assoluta libertà il mio stile di vita, potevo a malapena andare a fare la spesa al supermercato, camminando a stento tra fortissimi dolori”.

Hai detto che avevi un problema ai piedi.

Marco Deambrogio: Sì. Una fascite plantare da entrambe le parti, una brutta infiammazione dei tendini della pianta dei piedi. Ero stato da diversi ortopedici e le avevo provate tutte: antinfiammatori, laser terapia, onde d’urto, sottopiedi anatomici, trattamenti osteopatici, massaggi plantari. Nessun risultato e sempre fortissimi dolori.

E ugualmente hai deciso di partire?

Marco Deambrogio: E’ stato più forte di me. Era il 13 giugno dell’anno scorso e avevo appena ricevuto l’ennesimo referto medico che mi imponeva il riposo più assoluto. Quella mattina mi sono alzato con un pensiero fisso, un chiodo nella mente. “Devo fare il Cammino di Santiago”, mi dicevo. Ma non avevo ben chiaro cosa fosse e così mi sono documentato. Scoprii che era un antico pellegrinaggio, sacro al Cristianesimo, che nel Medioevo era stato percorso anche da San Francesco e da Carlo Magno. Attraversa la Francia e la Spagna e arriva fino a Santiago de Compostela, dove si trova la tomba di San Giacomo, uno dei dodici apostoli. Un percorso molto lungo, difficile, di oltre ottocento chilometri da percorrere a piedi. Oggi, sono sempre di più i pellegrini che lo intraprendono al punto che il Santuario di Santiago sta diventando una delle grandi mete religiose.

E tu volevi fare lo stesso nelle tue condizioni?

Marco Deambrogio: Sì. Mi davo del pazzo ma sentivo una forza irresistibile che mi spingeva a muovermi. Sottolineo che non c’era niente di devozionale nella mia decisione. Erano almeno trent’anni che non entravo in una chiesa e la mia vita era sempre stata abbastanza lontana dalla fede. Nonostante questo, sentivo che il “Cammino” mi stava chiamando.

Quello stesso giorno ho caricato la mia auto e sono partito alla volta della cittadina di St. Jean Pied de Port, sui Pirenei, da dove parte ufficialmente il Cammino per Santiago. Il giorno dopo, ho messo i piedi sul sentiero. Sulle spalle avevo uno zaino di venti chili, un macigno se pensi che io ne peso sessanta. La prima tappa era di 25 chilometri in montagna. Ma solo dopo pochi metri, credevo di svenire dal dolore.

Come hai fatto allora?

Marco Deambrogio: Ho stretto i denti. Camminavo adagio, mi fermavo in continuazione. Le fitte erano terribili, avevo paura che i tendini si rompessero.V edevo gli altri pellegrini procedere spediti, li vedevo pregare. Mi chiedevo perché fossi lì ma l’unica risposta che sentivo in me era che dovevo proseguire. Ho impiegato dodici ore a fare quei 25 chilometri, fino a Roncisvalle, in Spagna. Una sofferenza inaudita. Entrato in città, sono subito andato alla struttura recettiva per i pellegrini. Mi sono buttato sul letto: ero distrutto dal dolore ai piedi e alla schiena. Qualcuno mi disse che quella sera era in programma la benedizione del pellegrino. Così, per curiosità, mi trascinai fino in chiesa. E lì, mi è accaduto qualcosa di meraviglioso.

Che cosa?

Marco Deambrogio: Come ti ho detto, erano almeno trent’anni che non mettevo piede in chiesa. Eppure, la Messami colpì, mi emozionò moltissimo. Quando finì, aspettai che tutti fossero usciti e rimasi da solo. Allora mi avvicinai alla statua della Madonna. All’improvviso avvertii un forte calore. Mi avvolgeva completamente. Le gambe mi tremavano, non riuscivo a staccare gli occhi dalla statua. Volevo pregare ma non ricordavo le parole dell’Ave Maria. Allora ho iniziato a parlare come se avessi una persona di fronte a me. Parlai conla Vergine, le affidai la mia vita, quella dei miei cari. E subito sentii una voce, non so dire se dentro o fuori di me, che diceva: “Marco, stai tranquillo. Ci sono io vicino a te, ti accompagno fino alla fine.” Sono scoppiato in lacrime e quando sono uscito dalla chiesa, ero un uomo diverso.

Hai continuato il cammino?

Marco Deambrogio: Certo. Ma in un modo tutto nuovo. Lo facevo pregando. E, cosa incredibile, i miei piedi, guarivano passo dopo passo. Era una meraviglia continua. Chilometro dopo chilometro, i piedi stavano sempre meglio. Mi facevano male solo se mi fermavo. Non potevo restare fermo, dovevo proseguire e solo allora il dolore spariva. Ho fatto tutto il Cammino in uno stato di grande serenità, meditando, immerso nella preghiera. Ottocento chilometri in 39 giorni. Ho conosciuto gente meravigliosa lungo la via, altri pellegrini ognuno con la sua storia di gioia o di dolore e sono stati incontri che mi hanno arricchito.

E adesso?

Marco Deambrogio: Adesso il vecchio Marco, tutto teso e solitario, non esiste più. Ho ritrovato la fede e mi sento benissimo. Tutte le domeniche vado in chiesa con mia madre. Sono stato a Medjugorie. Ma rimango un viaggiatore e così ho in progetto di andare in pellegrinaggio a Gerusalemme in automobile, sul percorso che facevano un tempo i pellegrini detti “palmieri”. Stavo per partire qualche mese fa ma i disordini in Siria mi hanno fermato. Non appena sarà possibile, mi metterò in viaggio. Poi, a piedi andrò a Roma sulla famosa via Francigena. Così avrò compiuto i tre percorsi che ho chiamato le “tre Vie della Vita”. E sto anche scrivendo un libro. Alle mie principali  avventure di viaggio ho sempre dedicato un libro, raccontando quanto mi è capitato. Sono libri-diario. Ho scritto “Il giro del mondo in moto” e “Destinazione Afghanistan”. Il prossimo, nel quale racconterò il viaggio a Santiago, il viaggio a Gerusalemme e il viaggio a Roma, si intitolerà “Le tre vie della vita”.

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ZENIT Staff

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