La metamorfosi di Eva (prima parte)

La conversione mariana di Jocelyn Khoueiry, una donna di guerra libanese

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di Robert Cheaib

ROMA, lunedì, 5 marzo 2012 (ZENIT.org) – Con una serrata argomentazione, il filosofo francese Maurice Blondel giunse a dire nella sua opera L’Action che l’uomo partorisce se stesso e trova il senso della propria esistenza partorendo Dio in sé e diventando madre di Dio (theotokos).

Per quanto affascinante e invitante, il pensiero del filosofo rimane difficile da comprendere finché non ci si incontra con concrete figure storiche che mettono in atto questo processo e lo incarnano.

Jocelyn Khoueiry è una di queste figure profetiche che visse un’incredibile trasfigurazione, passando dal fronte di guerra – quell’atroce guerra che dissanguò il Libano dal 1975 al 1991 – alla militanza per la pace e per l’incontro con l’altro, l’ex-nemico, grazie all’innesto fecondo del Vangelo non nell’ideologia ma nel cuore e nella vita.

Il cammino di Jocelyn si delinea simbolicamente nel passaggio tra due figure femminili: da Eva a Maria. Zenit l’ha incontrata per scoprire le motivazioni che hanno portato questa donna a gettare le armi e a rischiare la vita per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo, vivo e perdonante, sulle frontiere dell’odio e della guerra. Offriamo quest’intervista ai nostri lettori alla vigilia della Festa della Donna, quale testimonianza luminosa verso la scoperta dei veri carismi femminili.

Entrare nel campo della guerra con degli ideali, è una cosa ovvia; uscirne con qualche ideale è qualcosa che rasenta il miracoloso. Lei era diventata una leggenda durante la guerra libanese perché ha guidato un gruppo di ragazze militanti sui fronti incandescenti di Beirut durante la guerra e ne è uscita vincente. Eppure, malgrado i successi bellici, ha vissuto un cambiamento inspiegabile. Ci può raccontare brevemente il suo percorso?

Jocelyn Khoueiry: Riassumo la mia vita con queste parole: «un cammino con la Vergine». Sono nata in una famiglia cristiana, ma personalmente non ero praticante. Ero più presa dalle luci di Beirut. Quando è iniziata la guerra, nel 1975, abbiamo pensato che sarebbe durata solo un paio di giorni. Invece è durata 16 anni. A causa di essa, siamo entrati in un tunnel oscuro che mi ha fatto porre domande sul senso della brutta monotonia innescata dalla guerra.

Due eventi in particolare hanno segnato la svolta nella mia vita: ero già arruolata nelle Falange Libanesi ed ero proprio sul fronte di guerra alla guida di un gruppo di 12 ragazze militari. Eravamo a pochi metri di distanza dal nemico e non ci era possibile dedicarci a lunghe riflessioni sul senso della vita, ma mi ricordo che avevamo un’immagine della Vergine Maria, davanti alla quale accendevamo una candela. Quella per me era un’occasione per rivolgermi ogni tanto a lei, affidandomi alla sua protezione, proprio come facevano i miei.

Il secondo evento riguarda un attacco a sorpresa che abbiamo subito dai palestinesi durante un periodo di tregua concordata. Durante i giorni di tregua stavo facendo dei controlli al nostro edificio da sola. Arrivata sul tetto, ho avuto un’esperienza che ad oggi non riesco ancora a spiegarmi: ho sentito dei canti religiosi e una sensazione forte della presenza divina. Non ho visto proprio niente, ma in compenso mi sono vista in ginocchio a pregare la Madonna. Quella è stata la mia «prima preghiera». In quel momento ho sentito anche che qualcosa di negativo stava per accadere, e la mia preghiera è stata questa: «Se dovesse accadere qualche male, fa che capiti a me. Ti prego proteggi le altre ragazze». Mentre scendevo dal tetto ho visto un gruppo di circa 50 persone con i volti coperti che stavano attaccando il nostro edificio. Quello è stato l’inizio di una battaglia fitta durata sei ore. Abbiamo combattuto contro circa 300 palestinesi. La battaglia sarebbe finita nei peggiori dei modi se non avessi rischiato salendo sul tetto e gettando una granata che ha ucciso diversi di loro. Quest’esperienza tragica è stata per me la percezione che Dio non solo esiste, ma che è presente. Eravamo in quel posto abbandonato da tutto, ma Dio era lì, ci ha protette e ci ha salvate.

Quali sono i passaggi che hanno seguito quella che ha definito coma «la mia prima preghiera»?

Jocelyn Khoueiry: A un anno da quest’evento, ho deciso di iniziare gli studi di teologia. Non mi bastava più niente, volevo essere di Dio con tutta me stessa. Ho cominciato a cercare un convento, volevo diventare carmelitana. In quel momento Bashir Jmaiel aveva fondato le Forze Libanesi e mi aveva convocato per incontrarlo. Sono andata da lui decisa a rifiutare qualsiasi richiesta. Ma parlando con lui ho capito che il Signore mi chiamava a prendermi cura di quelle ragazze cristiane che si aggirano per le strade senza guida. Mentre mi parlava ho iniziato a sognare di consegnare il Vangelo ai giovani militari e insegnare loro la vera fede cristiana. È un periodo in cui sono avvenute grandi conversioni. Facevamo incontri sul Vangelo con i militanti. Diversi giovani si sono convertiti e hanno scelto la vita sacerdotale e religiosa. Con il tempo abbiamo sviluppato l’attività e andavamo sui fronti di guerra per evangelizzare i combattenti lì.

Dopo la fine di quest’attività tanto rischiosa quanto coraggiosa, qual è stato il Suo orientamento e la Sua attività a favore della donna libanese?

Jocelyn Khoueiry: Dopo aver cessato l’attività con le Forze Libanesi nel 1985, abbiamo iniziato con il monaco (ora eremita) padre Youhanna Khawand, un’attività di ritiri spirituali durata due anni. Da essa è nata l’idea de «La libanese 31 maggio». Il nostro motto era: «Come tu sei oggi, così darà il tuo Libano domani».

Abbiamo capito che la risposta alla domanda posta da Jmaiel: «quale Libano vuoi?» non può essere politica. La risposta è la persona con la quale nasce la nazione. La risposta è la donna dalla quale nascono i figli della nazione.

Dinanzi a noi ci sono due paradigmi: Eva e Maria. Noi abbiamo scelto Maria come patrona e guida al nostro cammino. Nel 1988 abbiamo fatto questa promessa: «La mia promessa, come donna libanese, dinanzi a te Signore, e a tua Madre Maria, è quella di operare ispirandomi agli insegnamenti della tua santa Chiesa per una società più umana e una nazione vera». Il nostro obiettivo era quello di servire il Libano con il cuore di Maria.

(La seconda parte dell’intervista a Jocelyn Khoueiry sarà pubblicata domani, martedì 6 marzo)

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ZENIT Staff

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