La mano protesa durante l'Epiclesi e la Consacrazione

Risponde padre Edward McNamara, L.C., professore di Teologia e direttore spirituale

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Un lettore di lingua italiana ha presentato la seguente domanda a padre Edward McNamara:

Vorrei un chiarimento circa la mano protesa nella concelebrazione durante l’epiclesi nell’eucarestia e durante le parole della consacrazione del pane e del vino. Tutti protendono la mano (palmo verso il basso) durante l’epiclesi sulle offerte, ma non tutti i concelebranti protendono la mano come nell’epiclesi durante le parole della consacrazione. Molti protendono la mano solo in modo indicativo verso le offerte. Le motivazioni sono diverse fino a dire che durante le parole della consacrazione si potrebbe anche solo ripetere le parole consacratorie senza nemmeno protendere la mano. Si arriva poi a dire che la vera transustanziazione avviene durante l’epiclesi e non nel pronunciare le parole: “Questo è il mio Corpo. Questo è il mio Sangue”. Quale delle due scuole è quella da seguire? — E.W.V., Svizzera

Padre McNamara risponde nel modo seguente: Questa domanda rispecchia un dibattito di lunga data riguardo a questo gesto, che finora ha causato fiumi di inchiostro tra i liturgisti, senza veramente chiarire o risolvere nulla.

Vorrei in primo luogo osservare che, a differenza di quando si pronunciano le parole della consacrazione, il gesto di protendere la mano in questo momento può anche essere omesso e non è necessario per la validità della celebrazione dei concelebranti.

Il vero problema del dibattito è quello di stabilire se il gesto di protendere la mano è meramente indicativo – un indicazione delle sacre specie – o se invece è direttamente un segno del potere consacratorio dei concelebranti.

Quello che si avvicina di più ad una dichiarazione ufficiale a tal riguardo è la nota a piè di pagina n° 79 nel Cerimoniale dei Vescovi che afferma: “Alla consacrazione invece il palmo della mano destra sia rivolta a lato”.

Questo sembra porre fine al dibattito in favore della posizione laterale. Tuttavia alcuni esperti sottolineano che la fonte di questa nota è un responso del 1965 da Notitiae, cioè l’organo ufficiale della Congregazione vaticana incaricata della riforma liturgica. La Congregazione aveva risposto affermativamente alla seguente domanda:

“Se è permesso di interpretare la rubrica del Ritus concelebrationis Missae n° 39, c: «Le parole della consacrazione, con la mano destra… protesa verso il pane e il vino» in modo tale che il palmo della mano sarebbe rivolto a sinistra (non al suolo), in modo che l’estensione della mano verrebbe compresa come un gesto dimostrativo e d’accordo con le parole: «Questo è… »?”

Una cosa è permettere questo come un’interpretazione, un’altra è affermare che è l’unica interpretazione possibile.

Per di più, in Notitiae 1 (1965) e 2 (1966), l’avviso in questione si trova sopra le risposte: una soluzione che viene proposta non assume alcun carattere di ufficialità. Ha solo una valenza orientativa; soluzioni saranno pubblicate ufficialmente, se il caso lo giustifica, dall’autorità competente negli Acta Apostolicae Sedis.

Dal momento che questa risposta non è mai stata sancita ufficialmente rimane un parere autorevole e valido.

Tra coloro che la pensavano in modo opposto, fu il compianto studioso benedettino Cipriano Vagaggini, che effettivamente ha contribuito alla stesura del nuovo rito della concelebrazione. Lui ha difeso il gesto epicletico (invocativo) dei palmi rivolto in basso nello stesso modo in cui fanno tutti i sacerdoti all’inizio del rito di consacrazione, quando protendono entrambe le mani ed invocano lo Spirito Santo per trasformare il pane e il vino nel corpo e il sangue di Cristo.

Dopo pochi anni è diventato chiaro che la discussione non stava andando da nessuna parte e, in assenza di una dichiarazione ufficiale e definitiva da parte della Santa Sede, tutti più o meno convengono di non essere d’accordo.

Nella pratica, tuttavia, il gesto rivolto a lato sembra sempre di più diventare più o meno la prassi standard.

Questo non significa che quando alcuni sacerdoti agiscono in un modo ed altri in modo diverso, esprimono un profondo disaccordo teologico. Probabilmente non rispecchia altro che l’opinione di chi ha insegnato liturgia al seminario.

Infine, per quanto riguarda l’ipotesi teologica di una consacrazione graduale o una consacrazione durante l’epiclesi: per usare un eufemismo, questa posizione sembra ingrandire le conclusioni di alcuni validi contributi alla teologia eucaristica, che hanno cercato di sottolineare il beneficio di considerare la preghiera eucaristica nel suo complesso, piuttosto che limitare la propria attenzione alla formula di consacrazione, in modo da raggiungere un concetto più completo e più ricco del mistero eucaristico.

La concentrazione al momento della consacrazione tende a privilegiare soprattutto l’aspetto della presenza reale, mentre tenendo in considerazione l’intera preghiera eucaristica, evidenzia maggiormente altri aspetti, come l’Eucaristia come memoriale del sacrificio di Cristo, la sua risurrezione ed ascensione, il ruolo dello Spirito Santo, l’aspetto della mediazione, il suo ruolo nella costruzione della Chiesa, ecc. Per molti versi è il procedimento usato dal Beato Papa Giovanni Paolo II nella sua enciclica Ecclesia de Eucharistia.

L’uso di questo metodo, tuttavia, non contraddice affatto la tradizionale teologia cattolica secondo la quale c’è un momento specifico in cui il pane e il vino si trasformano nel corpo e il sangue di Cristo durante la consacrazione (cfr. Catechismo, nn° 1348-1355, 1376-1377 ). Non ci possono essere fasi nel mistero eucaristico: o è pane o è Cristo, non c’è via di mezzo.

Questa verità viene indicata anche dalle rubriche della Messa che affermano esplicitamente che il sacerdote si inginocchi in adorazione dopo aver consacrato il pane e di nuovo dopo la consacrazione del vino. Non c’è alcuna indicazione del genere dopo l’epiclesi.

*I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che arrivano in redazione.

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ZENIT Staff

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