La liturgia nel Santuario celeste e nel tempo della Chiesa

ROMA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito una riflessione di don Enrico Finotti, parroco di S. Maria del Carmine a Rovereto (Trento), tratta dal volume “La centralità della liturgia nella storia della salvezza” (Edizioni “Fede & Cultura”).

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La perfetta Liturgia, celebrata sulla terra dall’uomo-Dio nel suo Sacrificio pasquale, una volta per sempre, continua perennemente ad essere presentata, davanti al trono della divina Maestà, sull’altare d’oro del cielo, dal Signore risorto e glorificato:

Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi un Agnello, come immolato (Ap 5, 6).

“…noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli, ministro del santuario e della vera tenda che il Signore, e non un uomo, ha costruito” (Eb 8, 1-2).

Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso. La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti all’umana debolezza, ma la parola del giuramento, posteriore alla legge, costituisce il Figlio che è stato reso perfetto in eterno” (Eb 7, 26-28).

Questa medesima Liturgia, che è officiata nel santuario del cielo, si compie contemporaneamente sugli altari della terra, nel tempo della Chiesa, fino alla fine dei secoli. E’ l’unica Liturgia, che si svolge in cielo e in terra, presieduta dall’unico Sommo Sacerdote, Cristo Gesù, che offre l’unico e identico Sacrificio, consumato sulla Croce. Ma mentre nel cielo si celebra nella luce, nella gloria e nella visione beatifica tra gli Angeli e i Santi adoranti, sulla terra si compie nel mistero, è velata dai simboli sacramentali e avviene nel regime ancora oscuro della fede. E’ tuttavia l’unico servizio cultuale, ormai indefettibile e insuperabile, senza più possibilità di crollo o fallimento, ma che sulla terra attende soltanto, dopo la grande tribolazione degli ultimi tempi, la sua piena manifestazione nella potenza del Regno di Dio, continuamente invocato e atteso.

Questa Liturgia, celebrata quaggiù nella Chiesa peregrinante, è affidata dal Signore stesso al collegio dei dodici Apostoli, che ricevono, fin dall’inizio della loro chiamata, il duplice mandato: liturgico e pastorale. Le medesime parole con le quali nostro Signore li sceglie e li chiama, contengono i due aspetti distinti e inseparabili nell’unità del loro ministero apostolico.

Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni” (Lc 3, 13-15).

Stare con lui è impegno liturgico di adorazione e di intimità divina; esser mandati a predicare e a scacciare i demoni è impegno regale di collaborazione con la carità di Cristo per l’edificazione della umanità rigenerata e dell’intera creazione, che riprende vita. Il mandato – liturgico e operativo – affidato in principio agli Angeli e ai progenitori, ora è nuovamente consegnato a coloro che sono le colonne della nuova creazione (Mt 19, 28) e i capostipiti del nuovo popolo di Dio. In tal modo la nuova creazione è fondata su quei due cardini sui quali fu stabilita la prima e risplendono nella Chiesa quelle due dimensioni che eternamente brillano nella SS. Trinità: la Liturgia e la Carità. Veramente si verifica nella chiamata degli apostoli la legge di sempre: si tratta di una nuova e più piena imitazione di Dio stesso, che opera e adora, che contempla e ama. Mediante il loro ministero, la Liturgia e la Carità divine hanno una applicazione visibile nella Chiesa e viene attuato quel culto e quella carità che hanno nella Santissima Trinità il modello supremo e la perenne sorgente, e nel duplice compito, già affidato agli Angeli e ai Progenitori, i primi anticipi.

La Liturgia apostolica, tuttavia, si specifica in relazione a Cristo, porta necessaria e scala indispensabile per ascendere a Dio e offrirgli un culto perfetto. Gli Apostoli insomma hanno ricevuto la stessa Liturgia di Cristo, il Kyrios, e non possono altro che adorare il Padre per Cristo, con Cristo e in Cristo. Essi offrono a tutte le genti la cifra segreta del culto vero e insuperabile e rivelano al mondo il nome di quell’altare, di quel sacrificio e di quel sacerdote, di fronte al quale gli Angeli si sono divisi e dal quale i Progenitori si sono allontanati.

Maria, l’immagine perfetta della Chiesa, assunta in anima e corpo nella gloria e partecipe pienamente della pasqua di Cristo, è perennemente associata alla liturgia celeste, che il Figlio eleva per sempre davanti al trono della Maestà divina. Al contempo, quale Madre amorosa, partecipa con misteriosa sollecitudine alla liturgia terrena della Chiesa, ancora in cammino verso la patria beata. Ella continua a pronunziare verso di noi e per noi quelle parole che rivolse ai servi alle nozze di Cana: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2, 5). E così, fino alla fine del pellegrinaggio terreno e poi fin sulle soglie dell’eternità, la dolce voce della Madre ci sospinge, e si attua per gli eletti quella mirabile legge di salvezza: Per Mariam ad Jesum. La sua più grande solennità, l’Assunzione, domina sovrana nel cuore del tempo liturgico ‘della Chiesa’- il tempo per annum – per consolare il cammino dei pellegrini col fulgore della sua gloria e confortarli nell’arduo combattimento pasquale sulla via verso il cielo.

La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di certa speranza e di consolazione, fino a quando verrà il giorno del Signore” (Lumen gentium, 68).

Il crollo della Liturgia terrena alla fine dei tempi con la grande apostasia e la manifestazione dell’anticristo.

Mentre la Liturgia della Nuova ed eterna Alleanza, perennemente celebrata nei cieli dal Figlio reso perfetto in eterno e sempre vivo per intercedere per noi (Eb 7, 28. 25), non avrà più né corruzione, né fine, ma sarà eterna fonte di salvezza e beatitudine per tutti gli eletti; questa medesima Liturgia, che viene, invece, celebrata sulla terra, nel regime sacramentale della fede, è ancora esposta ai pericoli e cammina nell’insicurezza di questa valle di esilio e di pianto. Anzi, nel tempo della Chiesa si ripeterà nelle vicende della storia quel moto pendolare, che caratterizzò i secoli che precedettero la venuta del Salvatore. Il cammino accidentato del popolo di Dio vede, infatti, continuamente alternarsi i tempi felici del primato della Liturgia con quelli tristi del suo crollo. La storia della Chiesa e dell’umanità ne sono eloquente dimostrazione. Per di più il Signore stesso e tutte le Scritture ci hanno annunziato un misterioso e finale crollo della Liturgia sulla terra, al termine della storia. Saranno i tempi della grande apostasia dalla fede e della manifestazione dell’anticristo. Quel giorno d’ira, di angoscia e di afflizione (Sof 1, 15), sarà l’ultimo e maturo frutto di quel crollo della Liturgia, che ebbe il suo esordio nel peccato originale e il suo vertice nella passione del Signore.

Il profeta Daniele ne annunziò il mistero:

Alla fine dei tempi sorgerà un re, che proferirà insulti contro l’Altissimo e distruggerà i santi dell’Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge; i santi gli saranno dati in mano per un tempo, più tempi e la metà di un tempo. Si terrà poi il giudizio e gli sarà tolto il potere, quindi verrà sterminato e distrutto completamente. Allora il regno, il potere e la grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e obbediranno(Dan 7, 25-27).

L’apostolo Paolo lo ricorderà con estrema chiarezza:

Ora vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e alla nostra riunione con lui, di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente. Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell’iniquità è gia in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l’empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all’apparire della sua venuta, l’iniquo, la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi. E per questo Dio invia loro una potenza d’inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità (2 Ts 2, 1-12).

Ma, come nel Sacrificio pasquale del Signore si esprimevano al contempo la estrema iniquità e la perfetta giustizia e la bestemmia e l’adorazione si affrontarono in un prodigioso duello (Messale Romano, Sequenza di Pasqua), così nel lembo estremo della storia umana, alla fine del presente mondo, quando l’iniquità sembrerà trionfare definitivamente, la salvezza risplenderà pienamente. E come nella pienezza dei tempi il Signore della vita, che era morto, regnò vittorioso (Sequenza di Pasqua), così alla fine dei tempi, la Chiesa, estenuata dalla prova, sarà finalmente liberata dall’impero delle tenebre (Lc 22, 53) e dall’ombra della morte (Lc 1, 70), perché il Signore Gesù distruggerà l’iniquo con il soffio della sua bocca e lo annienterà all’apparire della sua venuta (2 Ts 2, 8).

In quel giorno tremendo e glorioso, quando passerà il mondo presente e il Figlio dell’Uomo apparirà sulle nubi del cielo rivestito di potenza e splendore per il giudizio di tutte le genti (Mess. Rom. pref. di Avv. I/A), lo sguardo supplice degli eletti si rivolgerà alla Regina, che sta alla sua destra (sal 44, 10). L’immagine eloquente del giudizio universale nella cappella Sistina in Vaticano la dipinge avvolta nel suo manto ceruleo. Lei è l’avvocata dei peccatori e la madre di misericordia e per Lei lo sguardo severo del Giudice sarà reso benevolo verso tutti coloro che non avranno rifiutato liberamente il dono della grazia del Redentore.

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ZENIT Staff

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