La libertà religiosa come diritto umano

Un progetto di ricerca della Commissione europea

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di padre John Flynn, LC

ROMA, domenica, 3 luglio 2011 (ZENIT.org).- L’Europa è stata teatro, negli ultimi anni, di una serie di dibattiti di alto livello sul ruolo della religione nella sfera pubblica: dal divieto del burka in Francia, alle decisioni della Corte europea per i diritti umani sui crocifissi nelle scuole italiane, ai contrasti in Inghilterra su una serie di questioni in materia.

Dal canto suo, la Commissione europea sta svolgendo attualmente una ricerca sui temi della religione e del secolarismo, in un progetto denominato “Religare”.

Nella presentazione ufficiale del progetto si spiega che esso prende avvio dall’idea di universalità del concetto di eguaglianza e di come tale concetto sia messo alla prova dalla crescente diversità delle fedi religiose e delle altre credenze, che stanno trasformando il panorama intellettuale, culturale e religioso dell’Europa.

Il progetto è stato avviato nel febbraio del 2010 e la sua durata dovrebbe essere di tre anni.

Una organizzazione non governativa, l’Observatory on Intolerance and Discrimination Against Christians in Europe ha da poco pubblicato un suo contributo alla ricerca. L’Osservatorio spiega che, sebbene il progetto “Religare” dovesse svolgersi inizialmente in modo indipendente, senza contribuzioni da parte di altre organizzazioni, si è avuta notizia di un documento trasmesso alla Commissione europea dalla Fondazione umanista europea (European Humanist Foundation – EHF).

Tale documento conterrebbe una serie di affermazioni che si configurano come forme di intolleranza e di discriminazione contro il Cristianesimo. Per questo l’Osservatorio ha elaborato un proprio contributo, perché tali affermazioni non restino senza chiarimento.

L’Osservatorio ricorda innanzitutto che la libertà di religione è riconosciuta in tutti i maggiori documenti sui diritti umani. Essa, peraltro, non è solo un diritto individuale, ma si applica anche alle comunità religiose in quanto tali.

“La religione e in particolare la fede cristiana è un patrimonio prezioso per la società”, afferma l’Osservatorio.

Le persone che credono hanno uno stile di vita più sano, un’aspettativa di vita più lunga, matrimoni più stabili e sono più generosi nel contribuire al bene comune, secondo il documento.

Di conseguenza, la religione è un ambito che dovrebbe essere promosso e non ristretto.

Troppo spesso il termine fondamentalismo viene utilizzato per denigrare la religione. Si tratta di un uso improprio di un termine che si riferisce a un determinato insieme di elementi teologici, quelli fondamentali. È sbagliato utilizzarlo genericamente contro il Cristianesimo.

L’Osservatorio critica il documento della EHF che conterrebbe numerosi e infondati stereotipi negativi, che dipingono la religione come fonte di tutti i mali sociali e come totalitaria e divisoria.

Un’ulteriore critica alla EHF riguarda il suo atteggiamento meramente offensivo verso le visioni del mondo che non condivide, senza apportare alcun contributo positivo. Un riflesso di questa mentalità è il fatto che l’ambiente ateo non vanta alcun contributo sociale identificabile, a fronte degli innumerevoli ospedali, asili, scuole e università gestiti dalle comunità religiose.

Secolarismo

In nome del secolarismo, l’EHF auspica uno spazio pubblico neutrale in cui tutti possano incontrarsi su un piano di eguaglianza. Questo spazio, secondo l’Osservatorio, implica che esso sia del tutto privo di qualsiasi simbolo o contenuto religioso. Lungi dall’essere neutrale, un simile spazio sarebbe riflesso dell’ateismo e di un rifiuto della religione.

Il Cristianesimo riconosce il carattere secolare dello Stato, spiega l’Osservatorio. Tuttavia, è importante che tale carattere sia definito correttamente. Secolare si riferisce a ciò che è terreno o temporale. Pertanto, il compito delle autorità pubbliche è di assicurare il benessere temporale dei cittadini, mentre la religione si occupa della loro salvezza eterna.

Questi compiti si distinguono l’uno dall’altro, ma questa diversità non significa che lo Stato debba essere irreligioso o antireligioso, o che la visione religiosa debba essere esclusa dal dibattito pubblico, sostiene l’Osservatorio.

L’idea che lo Stato debba essere neutrale rispetto alla religione non è contenuta solo nel contributo trasmesso dall’EHF, ma anche nello stesso disciplinare del progetto Religare, secondo l’Osservatorio.

Ma tale posizione non corrisponde alla realtà dell’Europa. L’Osservatorio elenca, a tale proposito, una serie di Stati le cui costituzioni o fanno riferimento a Dio o conferiscono uno status speciale alla religione. Tra questi Paesi vi sono la Germania, la Svizzera, la Grecia, l’Italia, la Danimarca, la Norvegia e la Spagna.

Inoltre, secondo l’Osservatorio, la libertà di religione non consiste nel mero eguale trattamento di tutte le religioni. La libertà religiosa e la libertà di coscienza comprendono la tolleranza e l’adeguamento verso i convincimenti religiosi, a meno che non contrastino con i requisiti fondamentali di giustizia.

Sfera pubblica

L’Osservatorio, nel suo contributo, passa poi a esaminare una serie di punti specifici sollevati dall’EHF. In particolare, l’EHF sostiene che la presenza dei simboli religiosi nei luoghi pubblici violi i principi di neutralità o di laicità.

Tale posizione manca di fondamento, in quanto nessuno di tali principi è affermato dall’Unione europea o dal diritto internazionale.

L’EHF auspica anche restrizioni nell’indossare abiti religiosi. Venire incontro a questa richiesta – replica l’Osservatorio – comporterebbe un’indebita restrizione nella libertà personale. Ciascuno è infatti libero di indossare ciò che vuole, sempre che siano garantiti la sicurezza e la decenza.

Per quanto riguarda l’educazione dei bambini, il ruolo dello Stato è quello di aiutare i genitori. Quindi – avverte l’Osservatorio – lo Stato non ha alcun diritto di indottrinare i bambini con ideologie. Se i genitori desiderano educare i propri figli alla fede cristiana, lo Stato dovrebbe sostenerli in questa scelta.

Passando al mondo del lavoro, l’Osservatorio afferma che l’attuale normativa dell’Unione europea riconosce la necessità di esenzioni per organizzazioni che hanno caratteristiche specifiche. Lo stesso rispetto dovrebbe essere assicurato alla religione o ai convincimenti di singoli lavoratori.

Inoltre, la richiesta dell’EHF di regolamentazione del diritto all’obiezione di coscienza va nel senso di una significativa restrizione di questo diritto.

L’EHF sostiene che l’obiezione di coscienza si applica solo agli individui e non agli ospedali cristiani o alle chiese. Questo è contrario al diritto internazionale consolidato, sottolinea l’Osservatorio, che invece riconosce la natura collettiva della libertà religiosa.

Il documento della EHF tenta anche di modificare i concetti di matrimonio e di famiglia, al fine di eliminare la naturale complementarietà dei due sessi. EHF si esprime infatti in favore del “matrimonio” omosessuale e della possibilità per tali coppie di crescere dei bambini.

È invece perfettamente legittimo definire il matrimonio come l’unione per la vita tra un uomo e una donna, contesta l’Osservatorio. Questo istituto esiste da molto tempo prima della nascita del Cristianesimo e non è mero elemento di fede di una particolare religione.

Peraltro, diluire il concetto di matrimonio e di famiglia, consentendo una serie di scelte arbitrarie, porta verso la dissoluzione dell’intero istituto.

Un altro punto sollevato dal documento della EHF è la richiesta di un riconoscimento statale ufficiale delle organizzazioni ateistiche e umanistiche, analogo a quello concesso alle Chiese.

Un passo simile conferirebbe un’indebita capacità di influenza a gruppi marginal
i, afferma l’Osservatorio. Inoltre l’esperienza dei regimi ateistici totalitari del XX secolo fornisce ampia dimostrazione dell’antagonismo tra l’ateismo e i diritti umani.

Dignità

“Il diritto alla libertà religiosa è radicato nella stessa dignità della persona umana”, ha affermato Benedetto XVI nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2011 (n. 2).

Essa deve essere intesa non solo come immunità dalla coercizione, ma prima ancora come capacità di ordinare le proprie scelte secondo la verità, ha affermato il Pontefice.

La libertà religiosa è anche il frutto di una sana cultura politica e giuridica, secondo il Papa. È un bene essenziale che consente alle persone di professare e manifestare i propri convincimenti, individualmente o in comunità, sia in pubblico che in privato. Resta da vedere se il progetto della Commissione europea riconoscerà pienamente l’intera portata della libertà religiosa.

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ZENIT Staff

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