La Legge della libertà

Lectio Divina per la VI domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la VI domenica del Tempo Ordinario (Anno A).

Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.

***

LECTIO DIVINA

La Legge della libertà

Rito Romano – VI Domenica del Tempo Ordinario – 16 febbraio 2014

Sir 15,15-20; Sal 118; 1 Cor 2,6-10; Mt 5,17-37

La legge nuova

Rito Ambrosiano -Domenica VI dopo l’Epifania

1Sam 21, 2-6a. 7ab; Sal 43 (42), 1. 3-5; Mt 12, 9b-21

La legge è per l’uomo 

            1) La legge[1] e il suo compimento[2].    

            Nel Vangelo di questa domenica, Gesù afferma di voler portare a “compimento la Legge e i Profeti”[3] (Mt 5, 17). In effetti il Cristo, il Verbo fatto nostra carne per nostro amore non è solamente la Parola della legge, cioè la Via per la quale dobbiamo andare, ma è anche la Verità che adempie la legge, e la Vita che ne premia il compimento.

Qual dunque è il “compimento” della legge? Pieno compimento della legge è l’obbedienza al comandamento dell’amore (cfr. Rm 13, 9-10). L’obbedienza diventa così il segno che si vive sotto la grazia dell’amore. “Se mi amate, osservate i miei comandamenti” (Gv 14,15), perché l’amore non sostituisce la legge, ma la osserva, la “compie”.

            Anzi l’amore è l’unica forza che può osservare veramente la legge. Si può dire ancora di più: “E’ Gesù stesso il compimento della legge, in quanto egli ne realizza il significato autentico con il dono totale di sé: diventa Lui stesso legge vivente, personale” [4] e luminosa.

            Già il salmo 18 paragona la legge di Dio alla luce del sole, quando afferma che i “comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi” (18/19,9).

            Il Libro dei Proverbi poi afferma che “il comando è una lampada e l’insegnamento è una luce” (6, 23).    Infine non va dimenticato che Gesù stesso presenta la sua persona come rivelazione definitiva usando la medesima immagine: “Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12), la luce dell’amore. Cristo è Luce senza la quale non possiamo camminare che a tentoni. Lui è Luce che ci fa conoscere noi stessi, comprendere il mondo e sapere dove andiamo.

            Camminare alla luce di Cristo vuol dire accettare la croce quotidiana, e ricevere la pace.  La pace del cuore è la forza del credente: se siamo perseveranti nell’obbedire ai comandi di Dio, la nostra costanza sarà sorgente di felicità.

            Preghiamo il nostro Padre nei cieli perché Cristo, nostra Legge[5], illumini i nostri cuori, rinfranchi le nostre anime e ci doni la saggezza dei semplici, perché sappiamo sempre camminare nella sua luce anche quando ci sono difficoltà, affanni e pericoli.

            Gesù non cominciò a predicare dicendo: “Convertitevi e credete al vangelo affinché il Regno venga a voi”; cominciò dicendo: “Il Regno di Dio è venuto tra voi: convertitevi e credete al vangelo”. Non prima la conversione, poi la salvezza, ma prima il dono della salvezza e poi la conversione.

            Nel cristianesimo esistono i doveri e i comandamenti, ma il piano dei comandamenti, compreso il più grande di tutti che è amare Dio e il prossimo, non è il primo passo, ma il secondo; prima di esso, c’è il passo del dono, della grazia. “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19). È dal dono che scaturisce il dovere, non viceversa.

            2) La legge è un dono.

            Cristo non ci dice solo “cosa fare”, ma “chi dobbiamo essere” e, quindi, ci insegna anche come dobbiamo vivere per realizzare la comunione nell’amore a Dio ed ai fratelli. Con l’osservanza dei comandamenti, noi obbediamo con amore alla legge, che è radicata nell’amore di Dio e che indica la volontà di Dio di reggere la nostra vita con i suoi comandi di carità. Con questa osservanza alla sua legge di libertà noi diventiamo più “umani”, facendo risplendere in noi l’immagine e somiglianza di Dio che ci ha creati per la vita con Lui.

            La legge è la parola di Dio, che indica la sua volontà per la vita. Gesù è il primo che ha compiuto questa volontà, che è un dono che Dio ci dà per vivere da uomini nuovi nell’amore. Chi ama compie tutta la legge che è cammino della vita, osservandola sempre.

            Dicendo che Lui non è venuto ad abolire la legge ma a compierla, Gesù intende toglierci dalla paura della punizione e radicarci nell’amore fiducioso. Lui è l’Uomo e conosce l’uomo, comprendendone le debolezza. Sa che una legge imposta con la paura della punizione è rispettata, possiamo dire, tre volte su dieci. Sa pure che una legge che garantisce un premio è osservata sette volte su dieci. Lui vuole aiutarci ad osservarla dieci volte su dieci. Allora da buon fratello maggiore ci ricorda che non solamente la legge fu data da Dio a Mosè sul Monte Sinai, tra tuoni e fulmini, ma che essa è uscita dal Pensiero di Dio, che ce l’ha donata grazie al suo Amore e l’ha detta con la sua Parola. Gesù, Uomo che ha Dio come Padre, ci insegna che la santità non è un “mestiere” per pochi, ma la vocazione di tutti i battezzati.

            Santità non è separazione dalla vita quotidiana, dalla quotidiana fatica di vivere, ma vivere nella fiducia e nella confidenza come bambini nelle braccia della loro mamma.

            Un esempio significativo è quello di Santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo. Che cosa ha fatto questa che noi non possiamo fare? Questa piccola, grande Santa rispose all’amore come una giovane donna di 24 anni può fare. Non fece grandi cose[6].

            La grandezza delle nostre azioni dipende dalla fede che abbiamo nel Suo amore. Imitiamo la piccola Teresa, che credeva con certezza di essere amata da Dio, e così ha sconvolto il Cielo con i suoi “semplici, piccoli” atti di amore, con un sorriso, con un passo in più in giardino, un’offerta del suo dolore dovuto ad un tumore osseo, perché un missionario avesse la forza di riprendere il cammino di evangelizzatore.

            Anche i suoi genitori, i coniugi Martin, vissero come la piccola Teresa Martin del Bambin Gesù e, penso, furono loro ad insegnare quello stile di vita che la Santa carmelitana percorse come “piccola via”. La piccola via dell’infanzia spirituale di Teresa di Lisieux chiede un cuore puro e povero di una semplice persona come la piccola Teresa che seppe stare a mani vuote davanti a Dio, senz’altro appiglio che “la fiducia e nient’altro che la fiducia”. Quindi la santità e la felicità sono anche per noi una meta possibile, “basta” vivere ogni momento della nostra vita quotidiana offrendolo a Dio.

            Questo stile di vita è praticato in particolare dalle Vergini consacrate, le quali sono donne semplici, che esprimono i loro talenti nella dedizione a Dio e nel servizio agli altri nella normalità del quotidiano. Proprio nella donazione feriale queste donne scorgono la loro vocazione più profonda a farsi carico della vita anche là dove nessun sguardo umano giunge, ma solo lo sguardo di Dio.

            L’Ordo Virginum è un dono per la Chiesa di oggi, per rendere visibile il Regno di Dio in mezzo a noi.  Queste donne sono chiamate a “fare straordinariamente bene l’ordin
ario
”, in quanto la verginità consacrata nel mondo non ha compiti operativi definiti se non la testimonianza chiara e coraggiosa del Vangelo in ogni ambiente. Loro si donano completamente a Dio rimanendo nel mondo. Esse hanno come segno distintivo quello di mostrare la compassione di Dio che si manifesta con la loro discreta presenza. Questa presenza che si dona, permette agli altri di incontrare la Presenza, che è dono.

            La loro vita testimonia che non solamente è possibile fare agli altri quello che si vuole sia fatto a noi, ma fare agli altri quello che Dio fa a noi, amando con amore pulito e vigoroso. La legge dell’amore non è dare tanto o poco, ma dare con tanto amore. Con la bocca parliamo, con gli occhi guardiamo, con la mani facciamo, con la vita consacrata la bocca dice parole di lode a Dio, gli occhi contemplano l’amore di Dio e le mani si uniscono per pregare Dio e si aprono per donare.

LETTURA PATRISTICA

« Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento » 
San Bernardo di Chiaravalle
(1091-1153)
Monaco cistercense e Dottore della Chiesa
In Discorsi vari, n° 22, 5-6

“La grazia, un tempo nascosta e velata nell’Antico Testamento è stata rivelata nel Vangelo del Cristo secondo un’ordinatissima distribuzione dei tempi fatta da Dio, che sa disporre bene tutti gli eventi…

In tale mirabile coincidenza c’è questa grande differenza tra due epoche: nel Sinai, il popolo non osava accostarsi al luogo dove il Signore donava la sua legge; nel Cenacolo invece lo Spirito Santo discende su coloro ai quali era stato promesso e che per aspettarlo si erano riuniti insieme in un sol luogo (Es 19,23; At 2,1).

Prima il Dito di Dio operò in tavole di pietra; ora scrive nei cuori degli uomini (2 Cor 3,3).

Un tempo, la legge fu proposta esternamente e spaventava gli ingiusti, ora è data interiormente perché gli ingiusti fossero da essa giustificati. Infatti tutto ciò che fu scritto su quelle tavole: “Non commettere adulterio, non uccidere, non desiderare”, e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. L’amore non fa nessun male al prossimo:pieno compimento della legge è l’amore (Rm 13,9-10).

L’amore “è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).”

*

NOTE

[1] E’ importante ricordare che la Legge (in ebraico la Torah) per Israele non è un insieme di norme, come la intendiamo noi. E’ prima di tutto un dono che Dio ha fatto al suo popolo con lo scopo di far conoscere la sua volontà salvifica. In ebraico Torah deriva dal verbo istruire (yrh) con un particolare riferimento all’istruzione trasmessa dal Pentateuco (i primi 5 libri dell’Antico Testamento) e per estensione è attribuita poi a tutta la Scrittura. Naturalmente tale dono è di ordine pratico, comporta azioni concrete da compiere, e quindi la traduzione in greco con nomos legge è corretta.

[2] Il compimento portato da Gesù a tale Legge può essere inteso con riferimento a) al suo comportamento personale (ha osservato i precetti della Legge); b) al suo ruolo di adempimento delle Scritture, sottolineato da San Matteo (cfr. capitoli 1-2 e altri passi); c) alla portata del suo insegnamento come espresso nel comandamento dell’amore (cfr. Mt 22,40) dal quale tutti gli altri prendono forza e significato.

[3] Legge e Profeti erano le prime due grandi parti della Bibbia ebraica (la terza parte è costituita dai Salmi; per estensione, indicano tutto l’Antico Testamento ed è in questo senso San Matteo la usa (cfr. 7,12; 11,13; 22,40).

[4] B. Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, 15.

[5] La Torah del Messia è il Messia stesso, è Gesù. In essa, ciò che delle tavole di pietra del Sinai è davvero essenziale e permanente appare ora iscritto nella carne vivente: il duplice comandamento dell’amore, che trova espressione nei “sentimenti” che furono in Gesù (Fil 2,5). (J. Ratzinger,  La Chiesa, Israele e le religioni del mondo, Roma 1967, p 74)

Ma poi quali cose sono grandi davvero davanti a Dio? Quale differenza c’è fra le imprese di Francesco Saverio e ciò che fece la piccola Teresa? Ogni differenza viene meno davanti alla grandezza infinita di Dio. La vita e la grandezza di una persona sono nulla davanti a Dio. Quello che invece fa grande l’atto dell’uomo è che ogni atto raggiunge un Dio che lo ama.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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