La laicità positiva contro la minaccia dell'Islam politico

L’appello del Relatore generale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente

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di Mirko Testa

ROMA, lunedì, 11 ottobre 2010 (ZENIT.org).- I cristiani in Medio Oriente devono impegnarsi nella promozione di una democrazia sana, capace di riconoscere il contributo alla vita pubblica delle diverse religioni e di frenare l’avanzata dell’Islam politico.

E’ questo uno dei nodi centrali affrontati da Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti (Egitto) e Relatore Generale al Sinodo per il Medio Oriente, nell’aprire questo lunedì in Vaticano i lavori dell’Assise che riunirà per due settimane 185 Padri sinodali sul tema “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. ‘La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola’” (At 4, 32).

L’avanzare dell’Islam politico

Nella sua Relazione prima della discussione il Patriarca Naguib ha riconosciuto che “a partire dagli anni settanta, constatiamo nella regione l’avanzata dell’Islam politico, che comprende diverse correnti religiose”.

“Esso – ha detto – colpisce la situazione dei cristiani, soprattutto nel mondo arabo. Vuole imporre un modello di vita islamico a tutti i cittadini, a volte con la violenza. Costituisce dunque una minaccia per tutti, e noi dobbiamo, insieme, affrontare queste correnti estremiste”.

A questo proposito già nell’Instrumentum Laboris, il documento preparatorio per i lavori sinodali, si poneva l’accento su un caso particolare, quello dell’Egitto, dove “la crescita dell’Islam politico, da una parte, e il disimpegno, in parte forzato, dei cristiani nei confronti della società civile, dall’altra, rendono la loro vita esposta all’intolleranza, alla disuguaglianza e all’ingiustizia”.

Tornando successivamente sull’argomento, durante il briefing con i giornalisti in Sala Stampa vaticana, il Patriarca Naguib ha spiegato che in Egitto i fedeli cattolici “essendo una minoranza all’interno di una minoranza in un Paese con una religione diversa devono chiaramente affrontare una situazione difficile”.

E questo perché nonostante all’art. 46 della Costituzione egiziania si precisi che “lo Stato garantisce la libertà di credenza e la libertà di culto”�, l’art. 2 afferma invece che “l’islam è la religione di Stato e i principi della legge islamica costituiscono la fonte principale della legislazione”�.

I fedeli della Chiesa cattolica in Egitto sono circa 250.000 su una popolazione di 74 milioni di abitanti. Mentre i cristiani, che rappresentano circa il 10%, sono in maggioranza copti ortodossi.

Questa situazione si riflette nella loro scarsa rappresentanza all’interno delle istituzioni, perché i numeri non permettono di raggiungere una “massa critica” tale da eleggere candidati cristiani. Su 454 parlamentari egiziani, solo 3 sono cristiani.

La laicità positiva e il caso libanese

Sempre nella Relazione prima della discussione il Patriarca Naguib ha quindi evidenziato il fatto che “tutti i cittadini dei nostri paesi devono affrontare insieme due sfide principali: la pace e la violenza. Le situazioni di guerre e conflitti che viviamo generano la violenza e vengono sfruttate dal terrorismo mondiale”.

“L’Occidente – ha aggiunto – viene identificato con il Cristianesimo e le scelte degli Stati vengono attribuite alla Chiesa. Oggi, invece, i governi occidentali sono laici e sempre più in contrasto con i principi della fede cristiana”.

Da qui la necessità e l’importanza di “spiegare questa realtà e il senso di una laicità positiva, che distingue il politico dal religioso”.

“Una laicità positiva – ha continuato – permetterebbe alla Chiesa di dare un contributo efficace e fruttuoso e aiuterebbe a rafforzare lo status di cittadino di tutti i membri del Paese, sulla base dell’uguaglianza e della democrazia”.

Sempre durante il briefing, ha quindi preso la parola mons. Béchara Raï, O.M.M., Vescovo di Jbeil-Byblos dei Maroniti (Libano), il quale ha affermato che “la laicità positiva è quella che rispetta i valori spirituali” mentre “la laicità negativa si permette di legiferare senza alcun riferimento alla legge divina e alla legge naturale, per esempio rendendo lecito l’aborto che è un crimine, o allo stesso modo consentendo il matrimonio gay o l’eutanasia”.

“Il termine laicità – ha spiegato – è rifiutato dai nostri fratelli musulmani in quanto temono che questo voglia azzerare la religione. Preferiamo, pertanto, parlare di Stato laico, ovvero di uno Stato che rispetta la dimensione religiosa”.

Il Vescovo di Jbeil-Byblos ha quindi accennato al caso del Libano, un Paese dove una pluralità di religioni e riti convive in armonia, da quando soprattutto la Costituzione del 23 maggio 1926 e il Patto nazionale del 1943 hanno instaurato un regime consociativo o di democrazia consensuale.

In particolare l’articolo 9 della Costituzione dichiara che “la libertà di coscienza è assoluta” e che “lo Stato, rendendo omaggio all’Altissimo, garantisce in pari misura alle popolazioni, a qualunque rito appartengano, il rispetto del loro statuto personale e dei loro interessi religiosi”.

“Promuovere questa visione è il compito dei cristiani in tutto il mondo arabo”, ha concluso infine mons. Béchara Raï.

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ZENIT Staff

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