La grande attualità del pensiero di Antonio Rosmini

Se ne è discusso in un convegno organizzato dall’Acton Institute

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di Luca Marcolivio

ROMA, martedì, 9 dicembre 2008 (ZENIT.org).- La globalizzazione e la crisi finanziaria mondiale viste alla luce del pensiero di Antonio Rosmini. Il tema è stato dibattuto in occasione del convegno “Finanza, Globalizzazione e Moralità: una sfida per il XXI secolo”, organizzato dall’Acton Institute e tenutosi il 4 dicembre scorso alla Pontificia Università della Santa Croce.

Al termine del dibattito, lo storico e filosofo argentino Carlos Hoevel è stato insignito del Novak Award, premio intitolato al filosofo e teologo americano Michael Novak, e attribuito ogni anno a un accademico che abbia saputo approfondire in modo costruttivo il rapporto tra religione, libertà di mercato e società libera.

A introdurre la tavola rotonda è stato José Angel Lombo, professore di Antropologia filosofica alla Pontificia Università della Santa Croce, che ha ricordato l’importanza di Rosmini nella storia del pensiero economico e la sua profonda coerenza con la teologia cattolica e con i fondamenti della Dottrina Sociale della Chiesa.

Di seguito padre Robert Sirico, fondatore e presidente dell’Acton Institute, ha presentato il vincitore dell’ultimo Novak Award: il professor Carlos Hoevel, docente di Filosofia e Storia dell’Economia all’Università Cattolica d’Argentina e di Filosofia sociale all’Università San Tommaso d’Argentina.

Hoevel ha innanzitutto ricordato il contesto storico-sociale in cui presero forma il pensiero e le opere di Antonio Rosmini. “Erano tempi simili ai nostri – ha sottolineato – caratterizzati dal passaggio da un’economia ed una società ‘protette’ ad un modello di convivenza improntato a maggiore libertà ed universalità”.

“La fine dell’Ancient Regime e le guerre che ne erano conseguite – ha proseguito Hoevel – avevano indebolito l’economia europea. In questo contesto storico-sociale Rosmini si schierò contro il conservatorismo sociale e difese l’economia di mercato dalla tecnocrazia e dalla burocrazia”.

“Ebbe il merito di dare una base antropologica alla stessa economia di mercato e considerava la proprietà privata come estensione della persona, nonché come diritto naturale. In base a ciò criticò tutti i sistemi interventisti e socialisti, da lui identificati con la statolatria. L’eccessiva presenza dello stato nell’economia era considerata da Rosmini un ostacolo allo sviluppo sociale, alla giustizia e alla dignità della persona”, ha aggiunto.

“Altra corrente di pensiero cui Rosmini si oppose fu l’utilitarismo, secondo il quale la felicità è soltanto la massimizzazione della soddisfazione dei piaceri materiali. Secondo il filosofo di Rovereto l’identificazione tra piacere e felicità non è affatto scontata”.

“Secondo Rosmini l’appagamento di un bisogno, inteso come piacere, non porta necessariamente alla felicità – ha proseguito Hoevel -. Tale prospettiva conduce, al contrario, ad aspettative irraggiungibili e a impulsi autodistruttivi: questa mentalità è nemica della libera concorrenza. Pertanto egli non credeva nell’infallibilità del mercato, in quanto esso è condizionato dalla libertà degli individui che può essere orientata verso il bene o verso il male”.

Con riferimento al liberismo economico applicato in molti paesi emergenti, il professor Hoevel ha osservato che esso si è tradotto spesso in chiave “antigiuridica” e ciò “non ha favorito i più competitivi ma semplicemente i più forti”. Ha giudicato inoltre “irresponsabili” la concessione di prestiti per i mutui o pratiche come la cartolarizzazione.

Alla base dell’attuale crisi finanziaria mondiale, secondo Hoevel, c’è anche “un vuoto spirituale”. Pertanto si rendono necessari operatori economici “che abbiano senso della realtà e della giustizia sociale, prudenza, saggezza e uno spirito di fratellanza genuinamente cristiano. Tali virtù non sono insite nell’economia di mercato bensì negli uomini che vi operano”.

“Servono inoltre progetti sociali che rispettino i diritti naturali, tribunali che giudichino gli abusi dello stato in campo economico, leggi antitrust adeguate, un sistema tributario equo. Quanto alla libera concorrenza, essa non produce automaticamente giustizia sociale ma, viceversa, la pratica della giustizia sociale, favorisce tale concorrenza”, ha aggiunto.

“La dottrina economica di Rosmini è molto diversa da quello di Keynes – ha proseguito Hoevel -. Lo stato è tenuto a intervenire solo per riparare gli eventuali fallimenti del mercato e, comunque, senza mai distorcere il meccanismo dei prezzi. La stessa concorrenza ha come unico vero limite il rispetto del diritto naturale”.

Tra le sue considerazioni finali, sempre in coerenza con il pensiero rosminiano, Hoevel ha auspicato che le università recuperino “l’unità del sapere” che caratterizza i grandi padri della Chiesa, a partire da San Tommaso d’Aquino. Oggigiorno, nel mondo accademico regna piuttosto “una frammentazione epistemologica nella quale le discipline operano a compartimenti stagni”.

“Un esempio su tutti: molte facoltà hanno soppresso l’insegnamento della storia delle dottrine economiche, perché, secondo alcuni rettori, il principio da seguire è solo quello della competitività”. Una conseguenza della mentalità denunciata da Hoevel è la nascita di “bisogni fittizi”, scaturita “non dal mercato in sé ma dalla separazione tra mercato e morale”.

Un contributo sugli aspetti più propriamente filosofici del pensiero di Rosmini è stato dato da padre Umberto Muratore, provinciale dei padri rosminiani d’Italia e direttore del Centro Internazionale di Studi Rosminiani. Secondo padre Muratore, Antonio Rosmini è in primo luogo un esempio di “carità intellettuale, un’espressione da lui stesso coniata, per troppo tempo dimenticata e rivalutata solo negli ultimi dieci anni”.

Anche padre Muratore è tornato sul concetto di unità del sapere, conseguenza della “eccessiva esaltazione delle nuove scienze con l’intento di ridicolizzare la grandezza del pensiero del passato che pure aveva scavato assai bene nell’interiorità dell’uomo”.

“Rosmini parlava di una verità da amare in modo disinteressato – ha aggiunto Muratore –. A suo avviso, i diritti non risiedono nella legge, bensì nell’uomo. L’essere umano, infatti, non vive di solo pane ma ha fame anche di ricchezza etica e spirituale”.

Riguardo all’uomo, padre Muratore ha sottolineato che Rosmini scrisse le sue opere “non certo per vanità intellettuale ma per amore disinteressato verso i suoi simili. Pur venendo da una famiglia ricca, scelse la povertà sacerdotale, poiché aveva scoperto una bellezza superiore”.

Al termine del dibattito è intervenuto anche il professor Michael Novak. Dopo aver consegnato il premio a Carlos Hoevel, Novak ha ringraziato Joseph Calihan, principale benefattore dell’iniziativa, indicandolo come esempio concreto di “carità intellettuale”. Nel ricordare l’importanza dell’etica nell’economia, Novak ha concluso ricordando che, in tempi difficili come questi, il capitale più importante è il “capitale umano”.

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ZENIT Staff

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