Pregnant woman

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La Gran Bretagna verso "l'aborto senza limiti"?

Oltremanica un’organizzazione di ostetriche e un’associazione pro-aborto lanciano una campagna per abbattere i limiti alla legge sull’interruzione di gravidanza

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Il Royal College of Midwives (Rcm), organizzazione britannica di ostetriche, il 6 maggio scorso ha formalmente dichiarato di sostenere le finalità della campagna We Trust Women (Crediamo nelle donne), lanciata dalla British Pregnacy Advisory Service (Bpas) qualche mese fa: la limitazione dell’obiezione di coscienza per le ostetriche e l’estensione della legge sull’aborto in Irlanda del Nord.
La Bpas è un’azienda che si occupa di aborti; “aborto legale fino alla nascita per qualsiasi ragione” è stato il suo grido di battaglia per la campagna. Una campagna certamente inusuale per le ostetriche che i bambini li fanno nascere.
Cathy Warwick, direttore esecutivo del Rcm, pur riconoscendo che “ostetriche ed aborto non vanno proprio di pari passo”, ha discusso, durante una conferenza  sulla pianificazione familiare ospitata dalla Royal Society of Medicine, su “come eludere” la vigente legge sull’aborto inglese. La legge britannica infatti non permette l’aborto senza limiti, fino al nono mese di gravidanza.
La Warwick ritiene che “le procedure abortive dovrebbero essere regolate come tutte le altre procedure collegate alla salute della donna”. L’aborto può essere considerato come una procedura per la salute della donna? L’aborto coinvolge direttamente la salute di due persone, in certi casi di due donne: la donna adulta e la donna bambina o l’uomo bambino. Insomma la mamma, perché madri si è dal momento del concepimento, e suo figlio, femmina o maschio che sia.
La conseguenza drammatica e definitiva dell’aborto per la figlia/il figlio è la morte. Quindi la salute della piccola donna e del piccolo uomo nel grembo non è tutelata.
Se è giusto e doveroso prendersi cura della salute della donna adulta, perché non si ritiene di tutelare la salute del nascituro? Qual è il discrimine tra i due soggetti? L’età? La grandezza fisica? Perché il “cucciolo d’uomo” non ha diritto alla salute alla stregua della madre-donna adulta? Perché  addirittura viene privato del più fondamentale e primario diritto alla vita? Il Rcm ritiene che “l’aborto dovrebbe essere integralmente depenalizzato”.
Se nessun tipo di aborto è soggetto alla legge penale significa che un aborto eseguito da un medico in ogni stadio della gravidanza dovrebbe essere permesso legalmente. In questo caso il Rcm sta portando avanti una campagna perché l’aborto possa essere praticato sempre per qualsiasi ragione.
Oggi nel Regno Unito l’aborto è permesso fino alla 24esima settimana in caso di pericolo per la vita e per la salute fisica e psichica della donna documentate dal medico. Si può abortire oltre la 24esima settimana, che corrispondeva nel 1967 alla viabilità del feto, solo in caso di grave rischio per la vita della donna e di danno permanente per la sua salute o se il bambino potrebbe nascere con disabilità.
Ann Furedi, Direttore esecutivo di Bpas, commentando il lancio della campagna We Trust Women, precisa che non ci dovrebbero essere limiti massimi previsti per abortire, questo significa depenalizzare l’aborto.
A conferma di questa linea la dott.ssa Suzanne Ryler, Direttore dei servizi del Rcm, ha dichiarato alla trasmissione Good Morning Britain del 17 maggio scorso: “In teoria la depenalizzazione significa che l’aborto non ha limiti”.
CitizenGo ha quindi lanciato una delle sue petizioni, spiegando tra l’altro che questo ampliamento includerebbe l’aborto selettivo sulla base del sesso e l’aborto di bambini con disabilità fino alla nascita.
“Solo la Cina, la Corea del Nord, il Vietnam e il Canada hanno leggi così permissive”, spiega CitizenGo. Di più, il Canadian Medical Association Journal riferisce in merito alla situazione in Canada: “Il facile accesso all’aborto e l’aver anticipato la scoperta del sesso del bambino in fase prenatale hanno reso il Canada un paradiso per genitori che vorrebbero terminare un feto femmina per avere figli maschi”.
CitizenGo fa notare che non solo il Rcm porta avanti una posizione estrema, ma anche contraria a quella che vuole la maggior parte delle donne. Una statistica del 2012, secondo CitizenGo, riportava  che solo il 2% delle donne voleva ampliare la possibilità di abortire sempre oltre la 24esima settimana. Al contrario il 59% delle donne voleva una riduzione dei limiti.
C’è poi una questione di conflitto d’interessi. CitizenGo sottolinea che “il capo esecutivo del Royal College of Midwives, Cathy Warwick, è anche a capo del consiglio di amministrazione della Bpas, che fornisce aborti”.

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Elisabetta Pittino

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