La forza della vita che incalza la legge sull'aborto

Lucas Moore, nato alla ventitreesima settimana e dato per spacciato dai medici, ha compiuto un anno. La sua storia supporta chi chiede una revisione in senso più restrittivo della legge

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Dopo la vicenda di Lily Burrows, la bambina nata nel 2009 alla 23esima settimana di gravidanza e che il mese scorso ha iniziato la scuola primaria, un’altra storia sta scuotendo l’opinione pubblica britannica e riaccendendo il dibattito intorno alla legge sull’aborto.

Si chiama Lucas Moore e il 29 agosto ha compiuto un anno di vita, è il bambino che ha sfidato le previsioni dei medici e infranto la linea rossa delle 24 settimane di gravidanza come limite entro il quale il feto può essere soppresso in quanto inibito a nascere e a vivere in modo sano.

I suoi genitori, Silvia e Thomas Moore, erano stati avvertiti dai medici di prepararsi al fatto che loro figlio sarebbe nato morto, dopo che si erano rotte le acque già alla 22esima settimana. Laddove fosse eccezionalmente sopravvissuto – la riserva dei medici – il bambino avrebbe avuto degli organi interni talmente deboli da renderlo esposto in maniera letale a ogni tipo di infezione. Come se non bastasse, alla coppia era stato inoltre detto che il piccolo non avrebbe ricevuto alcun supporto medico qualora il suo peso fosse stato inferiore a un’oncia (poco più di 28 grammi).

Un trittico d’informazioni, insomma, capace di fiaccare anche gli animi più fiduciosi. Informazioni che tuttavia hanno dovuto sin da subito confrontarsi con una realtà concreta che ha sbaragliato i convincimenti dei camici bianchi. Al reparto d’ostetricia dello University Hospital di Coventry si è assistito a una miracolosa affermazione della vita. Primo fatto inaspettato: Lucas è nato vivo. Secondo fatto inaspettato: pesava appena più di un’oncia.

Due condizioni favorevoli che non hanno però dissuaso i dottori. Secondo quanto dichiarato in questi giorni al Telegraph dai genitori di Lucas, i medici avrebbero infatti affermato che il bambino sarebbe rimasto gravemente disabile, ragion per cui si sarebbero spinti a consigliare alla coppia a dare il proprio assenso allo spegnimento della macchina a cui era appesa la vita di questo minuscolo neonato.

I coniugi Moore – che un mese prima che rimanessero in attesa di Lucas avevano perso un bambino durante la gravidanza – hanno però deciso di non seguire l’indicazione. I due hanno sostenuto con amore la lotta che il piccolo Lucas ha intrapreso per la sopravvivenza, fin quando – dopo quattro mesi di terapia intensiva – se lo sono riportato a casa sano e forte.

Ora, a oltre un anno dalla sua nascita, la mamma definisce il suo bimbo un “miracolo”. La donna ha inoltre aggiunto: “Dopo l’attesa di un bambino, sentirsi dire che non vivrà è semplicemente devastante”. Il papà ha affermato che avevano capito che la scelta di tenerlo in vita fosse quella giusta quando le infermiere gli hanno comunicato che un problema di salute presentato da Lucas alla nascita era completamente scomparso.

La legge in Regno Unito prevede che si possa interrompere la gravidanza fino alla 23esima settimana. Ma negli ultimi anni casi come quelli di Lucas Moore o di Lily Burrows stanno incalzando quel limite, un numero sempre più elevato di esperti si interroga sull’opportunità di abbassare la soglia.

D’altronde, al contrario di quanto avveniva nel passato, la maggior parte dei bambini nati alla 23esima settimana riesce a sopravvivere. Uno studio condotto nel 2013 ha individuato nei quattro anni precedenti almeno 120 bambini nati alla 23esima e sopravvissuti malgrado le comprensibili difficoltà iniziali. Il che è un vero e proprio “miracolo”, poiché – come osserva il prof. Neil Marlow, professore di neonatologia presso lo University College London Hospital – “quando si nasce nel bel mezzo della gestazione, il cervello non ha finito lo sviluppo”.

Il prof. Marlow sta eseguendo insieme alla sua squadra uno studio dal nome EPICure, il quale esamina 160 ragazzi nati a metà degli anni ’90 prima della 27esima settimana di gravidanza, per verificare gli effetti a lungo termine della loro nascita molto prematura. Ebbene, per ammissione dello stesso Marlow, “molti di loro frequentano l’università, e questo è qualcosa che nessuno pensava potessero raggiungere quando sono nati”. Un risultato che il professore definisce “fantastico”. Un risultato a cui sempre più persone chiedono che la legge britannica sull’aborto si adegui.

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Federico Cenci

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