La forza del campione: il "qui e ora"

Il film ispirato a un romanzo di Dan Millman è una riflessione sul vero senso del successo

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di Gaia Bottino

ROMA, sabato, 1 settembre 2012 (ZENIT.org) – Cosa ci allontana dalla verità? Cosa impedisce alle persone di essere felici? Ognuno di noi custodisce gelosamente nel proprio animo progetti di sogni a lunga scadenza che teniamo in un cassetto impolverato solo per il timore un giorno, di vederlo realizzato. Quindi, quando ciò accadrà, a cosa ci aggrapperemo?

La forza del campione è un film tratto dal libro autobiografico di Dan Millman, La via del guerriero di pace: Dan è un giovane ginnasta di successo e il suo sogno è quello di vincere l’oro alle Olimpiadi. Ma la vita, come spesso accade, ha altri progetti per lui. Un brutto incidente mette a repentaglio la sua vita e la sua carriera ma soprattutto, la fiducia in sé stesso. Per la prima volta, Dan si sente un uomo perso e senza nessuna apparente ragione per tornare a sorridere.

Un incontro con un uomo misterioso conosciuto ad una stazione di servizio, Socrate, interpretato da Nick Nolte, cambia il corso degli eventi e mostra al ragazzo la possibilità di rinascere dalle sue rovine, osservando il corso degli eventi con occhi nuovi e iniziando la via verso la pace. Una pace più vicina di quanto il giovane atleta creda, dato che si trova dentro di lui ma che deve ancora scoprire.

Socrate insegna al ragazzo ad essere presente nel momento, il qui ed ora a cui Dan non ha mai prestato attenzione, a causa dei mille pensieri rivolti ad un futuro che ogni giorno diventa sempre più incerto, sfumato il sogno dell’oro olimpico.

“Butta via la spazzatura, Dan!”, gli ripete continuamente Socrate. La spazzatura sono tutti quei pensieri che visitano ormai continuamente la mente del giovane: vogliono convincerlo che ormai non vale più nulla senza il suo sogno di vincere una medaglia d’oro che possa finalmente renderlo felice. È qui che si racchiude il cuore del film, la visione comune e distorta della felicità, che si ottiene solo con il raggiungimento di un obiettivo, ciò che sta nel mezzo non ha nessuna importanza.

Socrate invece gli mostra esattamente il contrario: essere felici significa fare ciò che si ama indipendentemente dal risultato finale. Non è la meta che conta, ma il viaggio. Quando Dan incomincia a dedicarsi al momento presente durante il suo cammino verso la “risalita”, impara a liberarsi dalle sue paure e a credere veramente nelle sue capacità, come mai prima di allora.

“La gente ha paura di cosa ha dentro, ed è l’unico posto in cui non vanno mai a cercare quello di cui hanno bisogno”, asserisce Socrate che, fino alla fine del film, non è chiaro allo spettatore se sia esistito davvero o sia solo un’intuizione del protagonista.

Dan trova la chiave per ascoltarsi e risponde alle domande del suo animo che non si accontentava più delle risposte date dagli altri: “Perché ognuno ti dice cosa fare e ciò che va bene per te. Non vogliono che trovi da te le tue risposte. Vogliono che tu creda alle loro.”

Il film, diretto da Victor Silva, vuole essere uno specchio del nostro oggi: tutti hanno vissuto come Dan un prima, quando pensavano che la loro vita era perfetta così e desideravano solo trovare il tassello per renderla ancora più completa e poi, a seguito di una sofferenza, un dopo: quando il castello crolla davanti agli occhi e tra le dita rimane solo qualche tassello per ricominciare l’opera dalle fondamenta. Morire per poi rinascere. Una scommessa da intraprendere ogni giorno perché, più terrificante della morte, è il non aver mai vissuto.

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ZENIT Staff

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