La fertilità della fede

La storia incredibile di una famiglia che si è fidata più di Dio che delle opere umane

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Era in carcere e non credeva. Madre Elvira della Comunità Cenacolo gli ha detto che Dio aveva fede in lui. Ha trovato la fede, il lavoro ed anche la moglie. Volevano tanti bambini ma i medici dissero che non potevano averli. Maurizio e Paola si sono affidati al Signore. Hanno pregato e frequentato i sacramenti. La medicina di Paola non erano le pillole per renderla fertile, ma l’Ostia. Così sono nati sei splendidi bambini.

Son partiti in missione, in Brasile hanno adottato altri sei bambini che non avevano famiglia. Sembrava che Paola non potesse avere bambine. Sono andati tutti insieme con i dodici maschietti a pregare sulla tomba di Giovanni Paolo II, ed è nata  Maria Chiara Luce. L’ultimo nato è stato Federico, è affetto dalla sindrome di Down, ma Maurizio e Paola lo hanno accolto con grande entusiasmo. Un dono, “il regalo più bello che Dio poteva farci”, hanno detto. Segue la storia incredibile di una famiglia che si è fidata più di Dio che delle opere umane.

Siamo Maurizio e Paola e siamo felicissimi di testimoniare i miracoli che Dio ha compiuto nella nostra vita. Dio si è manifestato nella mia vita attraverso Madre Elvira. In quel tempo, 27 anni fa, mi scrisse una lettera in carcere; io non la conoscevo, però i miei genitori si erano messi in contatto con lei. In questa lettera lei mi disse molte verità dirette, senza diplomazia. Dopo un anno di carcere ho compreso che lei mi stava amando davvero dicendomi la verità in faccia. Quando sono uscito dal carcere ed ero agli arresti domiciliari a casa, lei è venuta a trovarmi. Io le ho detto: “Ma suora, lei mi parla di fede, io non ho fede!”, e lei mi ha risposto: “Non ti preoccupare, ce l’ho io, abbi fiducia in noi!”. E io, molto orgoglioso, ho continuato: “Ma io non credo neppure in Dio, figurarsi in una suora!”, e lei: “Dio crede in te!”.

Questo è stato l’inizio del cambiamento della mia vita. Sono entrato in Comunità, ho fatto il mio cammino e poi Dio mi ha fatto il regalo più bello della mia vita, Paola, mia moglie. Ci siamo sposati, felici, volevamo avere tanti figli, solo che dopo tre anni di matrimonio abbiamo scoperto di non poterne avere. Paola rimaneva incinta, poi però al terzo, quarto mese di gravidanza “perdeva” il bambino, e così tre sono andati in cielo.

A quel punto i medici ci hanno detto di prendere delle precauzioni perché Paola rischiava la salute. Noi in quel periodo eravamo in Brasile come missionari pensando di “restituire” a Dio, in un anno di volontariato coi bambini di strada, tutti i doni ricevuti. Abbiamo avuto un momento di crisi. Ci siamo detti: “Mamma mia, noi qui accogliamo bambini che i genitori non vogliono e noi non possiamo avere figli! Ma Dio non può fare un miracolo con noi?”.

Abbiamo deciso di intensificare i momenti di preghiera e di chiedere a Dio cosa voleva da noi, ed è stato molto bello perché pregando insieme e parlandone, abbiamo capito che Dio ci voleva lì in Brasile: non eravamo ancora pronti per avere un figlio “nostro” e Dio, che lo sapeva, ci preparava. Allora abbiamo pensato di dire il nostro “sì” a Dio e a quei bambini pensandoli come “nostri”, un “sì” fatto di incoerenze, di debolezze, di povertà, ma che cerchiamo di rinnovare tutti i giorni da diciassette anni.

Paola ha preso la decisione di non prendere nessun farmaco particolare all’infuori dell’Eucaristia, tutti i giorni nella Santa Messa. E dopo nove mesi di questo nostro “sì”, è nato prima Francesco, dopo è nato Stefano, dopo è nato Tommaso, poi Filippo, poi è nato Lorenzo e quindi Giovanni Paolo. Potevamo solo ringraziare! La fede cresce e si rafforza attraverso le opere dell’amore e allora, con tutti i nostri limiti, abbiamo cercato di dedicare la nostra vita ai bambini del Brasile, che oggi nella missione dove viviamo sono ottanta.

Abbiamo preso questa decisione perché abbiamo capito che il servizio è la strada più breve per arrivare a Gesù. Poi è accaduto un altro miracolo: sei anni fa abbiamo accolto sei fratellini brasiliani nella nostra missione: il più piccolo, Samuele, aveva 2 anni, ed il più grande, Daniele, ne aveva 10. Quando sono piccoli, vanno in adozione abbastanza velocemente, solo che non c’era nessuna famiglia così “matta” da adottarne sei. Allora il giudice ci ha detto di prepararli perché non sarebbero stati adottati tutti e sei da un’unica famiglia. Quando gliene abbiamo parlato loro si sono messi a piangere con sofferenza grande, e ci hanno supplicato di non dividerli.

Allora mia moglie ed io abbiamo chiesto un segno a Dio. La cosa bella è che io non ne ho parlato con Paola e lei non ne ha parlato con me. Io ho dato la mia disponibilità dinanzi a Gesù, nell’adorazione quotidiana, e gli ho detto: “Se Tu lo vuoi, io ci sono, ma deve essere Madre Elvira a confermare il passo dell’adozione, e devi dirlo tu a Paola”. Avevamo scritto una mail in Italia per cercare una famiglia disposta ad adottare questi bambini. Nella Veglia di Pasqua di quell’anno, padre Stefano ha avuto una luce, ne ha parlato con Madre Elvira e poi ci hanno risposto dicendo: “Abbiamo pregato e cercato, ma non abbiamo trovato la famiglia. Ma perché non potreste essere voi i genitori di questi bambini?”. Sono corso da Paola commosso e le ho letto la mail: “Paola, è Madre Elvira che ce lo consiglia”, e Paola con le lacrime agli occhi mi ha detto: “Sai che io l’avevo chiesto a Dio?”. Così Dio ci ha preparato e ci dà la forza ancora oggi per educare questi meravigliosi figli.

Ma i miracoli non sono finiti!

In quegli anni Paola aveva fatto degli esami scoprendo che un anticorpo provocava la morte delle figlie femmine nel suo grembo. Con i dodici figli maschi, cinque anni fa, siamo venuti qui alla festa e poi siamo andati a Roma per ringraziare Giovanni Paolo II, sulla sua tomba. Paola ed io abbiamo detto ai bambini che era un Papa speciale e che potevano chiedergli qualsiasi cosa. Quando siamo usciti dal Vaticano ho chiesto loro: “Cosa avete chiesto?” e tutti in coro: “Una sorellina!”. Nove mesi dopo, il 2 aprile, giorno in cui Giovanni Paolo II era andato in cielo, è nata Maria Chiara Luce! Infine, tre mesi fa, è nato Federico, con la sindrome di Down, ed è il regalo più bello che Dio poteva farci per completare l’opera. Interessandoci sui bambini Down, abbiamo scoperto che sono più puri, senza malizia o interesse quando parlano, ascoltano, abbracciano: Federico è venuto per purificare il nostro amore. Concludo dicendovi che con Dio, davvero, si può costruire un matrimonio felice! 

Al racconto di Maurizio Paola ha aggiunto:

Quando è nato Federico non sapevamo che fosse così speciale; i medici mi giravano intorno: “Signora, quanti anni ha? Perché suo figlio ha dei lineamenti che potrebbero sembrare…”. E io ho detto: “Ha la sindrome di Down? Benissimo! Ma a noi non interessa! È nostro figlio, lo amiamo! Ci siamo innamorati appena lo abbiamo visto. Ditemi solo come fare per aiutarlo. L’importante è che viva, noi siamo contenti così!”.

Abbiamo sentito da subito che era unico, un dono speciale, perché ci ha fatto sentire tanta tenerezza, l’ha tirata fuori al primo sguardo, e poi, impareremo tanto da lui. Soprattutto, è venuto a portare l’essenzialità nella nostra famiglia, da subito. Abbiamo iniziato a togliere delle cose in casa, abbiamo tolto il sofà per poter tornare dall’ospedale perché fa polvere e non va bene per la sua salute. Piano piano ci ha riportati all’essenziale. Lo ringraziamo tanto perché è una cosa con la quale lottavamo ma non riuscivamo a metterla in pratica con costanza.

“Beata colei che ha creduto”: lo sento lo slogan della mia vita perché è ciò che mi ha tenuto in Comunità. Oggi sto scoprendo quel qualcosa di più che sono i figli, la missione, la famiglia, ma anche qualcosa di più dentro di me. Sono le battaglie di ogni giorno che vale la pena superare perché c’è qualcosa di più dopo, è come un grande puzzle quotidiano, che se hai saputo
viverlo unendo ogni pezzo, viene fuori un’immagine così bella! Ringrazio Dio e la Madonna perché da quando l’ho sentita come Madre, mi dà tanta forza.

Tanti ci chiedono come facciamo con tutti questi figli: ebbene, non facciamo nulla se non affidarli ogni giorno a Dio. Umanamente noi non ce la possiamo fare: abbiamo i nostri limiti, mancanze e povertà, ma affidandole a Dio, abbiamo la certezza che Lui li trasforma. Noi diciamo soltanto “sì”, e Dio di questo “sì” fa qualcosa di importante per tutti.

Chiedo perdono a Dio perché tante volte dico di “sì” a denti stretti, ma oggi voglio chiedergli di dire di “sì” a cuore aperto, proprio con gioia. Insomma, dai denti stretti non esce nulla, invece con un “sì” dal cuore nasce la fede e tutto quello che abbiamo bisogno per accompagnare questo “sì”.

***

fonte: Comunità Cenacolo  http://www.comunitacenacolo.it

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ZENIT Staff

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