La fede, le preghiere… una rinascita insperata

Una storia che dimostra che anche dall’alcol e dalla droga si può uscire, guardando verso l’Alto e “sperando contro ogni speranza”

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“Marta, te lo saresti mai immaginato un finale così?”. Marta si mette a piangere per la commozione del finale della storia. Già, la storia. La storia della sua famiglia e di suo fratello. La prima volta che la famiglia vide Davide ubriaco, era il settembre del 1998.

Davide era il fratello grande, sposato e, per certi versi, il maschio super amato da una tribù di femmine. Direttore commerciale; matrimonio felice; una famiglia d’origine unita alle spalle; eppure…

Eppure la vita è più difficile di quanto possiamo immaginare. Anche quando tutto ci va bene, il pericolo c’è. Siamo talmente fragili che la sicurezza economica può distruggere la nostra umiltà; la salute fisica ci può togliere il senso di gratitudine; la cura del nostro apparire ha un grande costo interiore e sostanze ed alcol possono diventare il paradiso in terra.

All’inizio non te ne accorgi. Credi di aver tutto sotto controllo. Poi ogni male presenta il suo conto. Ed il conto di Davide è stato molto salato. Piano piano l’azienda in cui lavorava ha iniziato ad emarginarlo e poi, col passare degli anni, tutta la sua vita è crollata. Questa è la storia di una famiglia che ha avuto la forza di non allontanarsi mai da Davide, sperando anche l’impossibile.

Dei ricordi brutti non parlerò molto, ma qualcosa “devo” scrivere, perché nessuno pensi che il buio di questa famiglia non sia stato abbastanza nero. Per renderci conto del passaggio della Grazia Divina nelle nostre vicende, dobbiamo essere convinti che davvero, umanamente, non ci fosse stato più niente da fare. E questa storia è proprio così.

Ricordo ancora le parole del responsabile del Sert che mi disse: “Cristina, per Davide oramai non c’è più niente da fare. Io ho visto come è ridotto il suo cervello a causa di anni di abusi di altre sostanze, oltre all’alcool”. Ma ricordo anche le parole di una delle sue tre sorelle: “Cristina, è vero che la situazione è senza vie d’uscita. Ma Dio non interviene proprio in queste cose? Per questo ti chiedo un favore: potresti portare questa mia lettera alla Madonnina? So che tu andrai a Lourdes: la Madre di tutti noi la leggerà e qualcosa farà”.

Non so il numero preciso delle volte in cui ho visto la mamma di Davide in ginocchio, nelle chiese della città, a pregare per il figlio. E non ricordo nemmeno quante volte Davide abbia promesso: “Ok, Ora basta! Ora ricomincio una nuova vita”, per poi deludere nuovamente la speranza appena nata nella sua famiglia.

Rammento invece la disperazione di Davide quando il buio prendeva il sopravvento nel suo cuore e lui si vedeva solo come il disastro della famiglia. Era in quei momenti che anche tagliarsi la pelle con la lama infuocata di un coltello, lo faceva sentire l’ennesimo fallito: neanche buono a suicidarsi. Il Sert, i ricoveri forzati, le varie cliniche per disintossicarsi, i cammini psicologici, i libri sul pensiero positivo… tutto si è tentato. E tutto veniva tristemente inframmezzato da fallimenti.

Gli incidenti stradali, le telefonate al padre da parte di creditori arrabbiati, la madre costretta a chiedere denaro alle figlie per poter fare la spesa. La separazione da sua moglie è stata, per Davide, l’ennesima prova del suo mancato valore come persona. Uno zero spaccato a cui nessun “uno” si sarebbe mai avvicinato, per trasformalo in “dieci”.

Chi poteva mettere quell’“uno”, se non Colui che è davvero l’“Uno” con la U maiuscola. E dalla follia della fede durata sedici anni, dalle preghiere fatte con le lacrime disperate, dai sogni premonitori della mamma di Davide che raccontavano la Comunione dei Santi meglio di qualsiasi libro di teologia (un giorno vide i suoi genitori che l’abbracciavano e piangevano con lei), dalla consacrazione della famiglia fatta alla Madonna di Loreto, dall’amore delle sorelle verso Davide, è scaturita la Luce. La Luce vera. Quella che illumina ogni uomo.

Quando tutto il nero aveva invaso oramai ogni anfratto, Davide è rinato. L’alcol e altre sostanze che uccidono, sono uscite definitivamente dalla sua vita. Oggi sta facendo un Corso di Formazione in Assistenza Sanitaria e mette in pratica gli studi con i suoi due genitori anziani. Il papà di Davide non dovrà mai più preoccuparsi di niente; la mano forte di suo figlio, lo proteggerà, finché Dio vorrà.

La mamma di Davide non dovrà mai più preoccuparsi per il futuro, perché quel suo figlio è stato partorito da lei per due volte: la prima volta con le spinte del suo corpo, la seconda volta con le spinte delle sue preghiere. Ed è stata proprio la mamma che il Lunedì dell’Angelo, con le lacrime agli occhi (questa volta di gioia!), al telefono mi ha detto: “Cristina, è un miracolo!!!”.

Davide che sostiene, organizza, consiglia, non giudica; semplicemente ama. Davide che, a causa delle conseguenze dei suoi errori, sa bene che amare è più costruttivo che giudicare. Ora Davide, con l’aiuto che sta dando ai suoi genitori, sta mettendo il balsamo del perdono su quelle ferite interiori che gli dicevano: “Sei un figlio da fare schifo!”.

Con l’inaspettata telefonata dell’ex moglie che gli ha chiesto aiuto per una figlia, sta ricostruendo la sua immagine di padre, anche ai suoi occhi! Si sta riappropriando della sua vocazione di Figlio di Dio dove, ognuno, sa di avere il suo posto unico ed irripetibile. Perdonare se stessi è la cosa più difficile che ci sia e Dio sa bene come poterci aiutare per farci capire che noi non siamo stati la sua delusione. Ed a me pare di sentirlo il Papà grande che è nei cieli che dice agli angeli e ai santi: “Venite e facciamo festa! Perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato!”.

<em>(dal blog www.intemirifugio.it )

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Maria Cristina Corvo

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