La droga che sorride

La morte, a volte, si presenta con un volto accattivante e simpatico. Impariamo a smascherarla!

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di Carlo Climati

ROMA, venerdì, 2 novembre 2012 (ZENIT.org) – Che cosa sta succedendo alle nuove generazioni? Perché alcuni giovani rifiutano l’idea di divertirsi in modo tranquillo, senza scadere negli eccessi? Droghe ed alcolici trovano sempre più spazio in certi ambienti del tempo libero, come la discoteca.

Ovviamente non bisogna cadere nell’errore di generalizzare, perché non tutti i locali da ballo presentano insidie. Ci sono tante persone che si sforzano di creare luoghi di divertimento sicuri, per tutelare la salute dei ragazzi.

È sicuramente un errore attaccare tutto il mondo delle discoteche. Bisogna avere rispetto per chi cerca di svolgere il proprio lavoro con serietà. Ma non bisogna neanche chiudere gli occhi di fronte ad un fenomeno che dev’essere osservato con attenzione.

La discoteca non è un luogo satanico da guardare con sospetto. Rappresenta una risposta ad un comprensibile desiderio dei giovani: quello di riunirsi per trascorrere alcune ore ballando, incontrando altri amici. Il problema è che, a volte, alcuni ambienti che dovrebbero rilassare e divertire nascondono autentiche trappole.

Particolarmente pericolosi sono gli eccessi dei “rave”, immensi raduni musicali che si svolgono in posti isolati, lontani dai centri abitati, con elevato consumo di droga e alcolici.  

Il principale strumento di autodistruzione si chiama “ecstasy”, una pillola colorata che viene venduta nei rave e in alcuni  locali da ballo. Tra gli elementi che ne hanno favorito la diffusione c’è sicuramente la sua apparenza rassicurante.

Potremmo definirla “la droga che sorride”, per il suo aspetto simpatico, accattivante. Non a caso, viene spesso offerta sotto forma di pastiglie raffiguranti personaggi dei cartoni animati (riprodotti illegalmente). Si tratta di disegni ingannevoli, che hanno lo scopo di nascondere la natura pericolosa di ciò che viene consumato.

La trappola dell’ecstasy consiste nel dare ai ragazzi l’illusione di assumere dei “superpoteri”, come certi eroi del mondo dei fumetti. Si ingerisce con facilità e non desta le preoccupazioni di altri tipi di droga (come, ad esempio, il rischio di contrarre l’Aids). Produce uno stato di eccitazione innaturale e una perdita di consapevolezza delle reazioni del proprio corpo.

A volte, nei rave, il ritmo della musica è talmente martellante che l’ecstasy diventa una specie di carburante necessario per poter stare al passo con ciò che si ascolta. Musica e droga diventano una cosa sola. Si nutrono e si sostengono reciprocamente. Ognuna, per esistere, ha bisogno dell’altra.

Il rischio mortale è legato al possibile colpo di calore, dovuto all’eccessiva attività fisica e all’aumento critico della temperatura corporea. Ci si illude, per poco, di diventare superuomini. Ma poi, gli effetti di certe sostanze possono essere devastanti.

L’ecstasy viene erroneamente considerata una droga “possibile”, con la quale molti adolescenti si illudono di riuscire a convivere. Chi la consuma rifiuta l’idea di essere un “drogato”. Pensa semplicemente di vivere un momento di trasgressione, per poi tornare a condurre una vita normale. Ma è solo un inganno.

Il paradosso è che la discoteca nasce come strumento di allegria e di svago. Un modo come un altro per rilassarsi, dopo una settimana trascorsa a studiare o a lavorare. Quindi dovrebbe rappresentare una parentesi di riposo.

Ma a volte accade l’esatto contrario. I ragazzi, dopo una notte passata a ballare, sono stanchissimi. Letteralmente sconvolti e tutt’altro che riposati.

Eppure, per trascorrere una serata rilassante con gli amici non è necessario fare troppo tardi, ubriacarsi o drogarsi. Basta controllarsi ed imparare a gestire con intelligenza la propria libertà.

La cultura del limite dovrebbe essere alla base di ogni autentica civiltà. Ma purtroppo, oggi, tanti ragazzi sono quasi incoraggiati a vivere senza regole.

Spesso sono gli stessi genitori a spingerli alla deriva. A volte, quando parlano dei loro figli, li sentiamo dire: “Io lo lascio libero. Deciderà lui quando sarà maggiorenne”. Oppure: “Non voglio condizionarlo. Dev’essere lui a scegliere liberamente”.

Il rischio è che i ragazzi rimangano eterni bambinoni, che non crescano mai e non si assumano le proprie responsabilità. Con la scusa di “lasciarli liberi di scegliere”, i giovani finiscono per non essere educati. E la libertà diventa una schiavitù.

Oggi la parola “libertà” viene spesso interpretata come libertà di fare qualsiasi cosa. Ci si dimentica che per essere davvero liberi è necessario porre dei confini morali alle proprie azioni. Altrimenti, tutto diventa lecito. Il cattivo uso della libertà può fare del male a noi stessi e ad altri esseri umani.

La vera educazione dei giovani è quella che propone dei limiti, delle regole, dei “no”. Inizialmente può sembrare meno gradita, ma poi darà sicuramente ottimi frutti. È questa la soluzione giusta per illuminare il domani delle nuove generazioni. Un domani in cui sarà possibile ballare e divertirsi senza pasticche colorate che sorridono vendendo la morte.

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ZENIT Staff

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