"La Dottrina sociale della Chiesa trasmette alla politica la luce del Vangelo" (Prima parte)

L’intervento del prof. Fontana all’VIII Giornata sociale diocesana (Catania, 17 novembre 2012)

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ROMA, domenica, 25 novembre 2012 (ZENIT.org) – Riprendiamo di seguito la prima parte dell’intervento del prof. Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio Internazionale Card. Van Thwan sulla Dottrina sociale della Chiesa e direttore del settimanale diocesano di Trieste “Vita nuova”, all’VIII Giornata sociale dell’Arcidiocesi di Catania, svoltasi il 17 novembre 2012 nella città etnea.

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La crisi antropologica è una crisi teologica

Vediamo innanzitutto cosa si intende per questione antropologica, una espressione ormai entrata nell’uso corrente ma che i cattolici non considerano ancora nel suo enorme peso. La questione antropologica assume un senso stretto e un senso ampio.

In senso stretto si pone da quando le biotecnologie possono disporre della identità umana. La questione antropologica si pone quando nasce Luise Brown, la prima bimba nata con fecondazione in vitro. Per la prima volta un essere umano nasceva non concepito nel corpo di una donna. Per la prima volta la relazione tra u0mo e donna è diventata superflua per la generazione di una nuova vita. Sicché oggi un bambino che nasce può avere fino a sei genitori tra genitori biologici e sociali. La separazione tra sessualità e concepimento produce la dissoluzione delle relazioni naturali, la creazione di una società composta di individui asessuati, la sostituzione della natura con la cultura. La punta più acuta della questione antropologica è l’ideologia del gender con la pretesa di scegliere il proprio orientamento sessuale: donne e uomini non si nasce, si diventa. Nel prossimo futuro sarà sempre più facile essere padre senza essere uomo ed essere madre senza essere donna, avere un figlio senza partorirlo, concepirlo da sola senza bisogno dell’uomo, progettare un figlio, contrattare un figlio con una donna fornitrice di utero in affitto, selezionare un figlio. La richiesta del riconoscimento delle coppie omosessuali ha tutto questo alle spalle ed ha questo come scopo. Non ci sono associazioni che tutelano presunti diritti delle coppie di fatto eterosessuali. Ciò significa che il problema non sono i diritti dei conviventi. Questo semmai è per aprire la strada alla coppia omosessuale, il vero cambiamento epocale, perché oggi la coppia omosessuale può avere dei figli. Non si tratta nemmeno della questione di diritti degli omosessuali. Si tratta di molto di più: di una società diversa da quella che per secoli abbiamo conosciuto. Si tratta di produrre la persona in laboratorio, di sostituire la famiglia con qualcos’altro.

In senso lato la questione antropologica significa l’autolimitazione della ragione (Benedetto XVI). La ragione è retrocessa da ambiti che un tempo considerava alla sua portata e si è ridotta ad essere ragione calcolante i misurante. L’ambito della religione e della morale vengono considerati irrazionali, non conoscibili dalla ragione, oggetto di pure scelte. Gli ambiti del matrimonio o della convivenza, della vita o della morte del concepito, del bene o del male sono considerati oggetto di opinione. Il mondo dell’irrazionale si è così allargato, non si distingue tra la religione cristiana e lo yoga. La politica è il luogo della ragione pubblica, ma in questo clima irrazionale la politica perde la guida della ragione, diventa tecnica e non riesce più a guardare al bene comune, che è un concetto etico. Sparisce il modello del bene comune e prevale l’individualismo dei desideri. Del bene comune fa parte la legge morale naturale, ma la ragione oggi si ritiene incapace di conoscerla.

Con queste osservazioni però si comprende che la questione antropologica in realtà è questione teologica. Eliminato il concetto di natura nulla più rimanderà al Creatore. Sparita la natura sparisce l’idea stessa di un Creatore. La fede cristiana non può stare senza la natura, perché allora non ci sarebbe più la natura corrotta dal peccato delle origini e non ci sarebbe più bisogno del Salvatore. Il Battesimo non donerebbe più una seconda natura e non costituirebbe più nessuna rinascita. La Grazia non avrebbe più una natura da purificare. Senza natura non c’è più legge morale naturale.

La fede cristiana ha anche bisogno della famiglia naturale. tutto il suo lessico teologico è incentrato su di essa. Se l’uomo del futuro non dovesse più fare esperienza della famiglia naturale non capirebbe più cosa voglia dire la parola padre, figlio, fratello, parole senza delle quali non c’è fede cristiana.

La lotta alla fede cristiana è stata condotta spesso direttamente contro di essa. Ma l’attacco principale è avvenuto e avviene indirettamente: corrodendo le basi naturali su cui essa si fonda. Prendiamo ancora la realtà della famiglia. Marx diceva che siccome la base della Sacra Famiglia è la famiglia terrena è quest’ultima che si deve eliminare per eliminare quella. Lo scopo ultimo delle legislazioni contro la famiglia non è sociale ma religioso. I cattolici però non sempre capiscono che difendendo la natura e la famiglia si difende la possibilità della fede cristiana.

Fare i conti con la secolarizzazione

Davanti a questi esiti disumani della secolarizzazione, la prima cosa da fare sia di riconsiderare la secolarizzazione stessa. La secolarizzazione doveva essere – secondo gli ottimisti – una acquisizione di autonomia del mondo dalla religione utile a purificare la stessa religione. Invece è stato un processo di eliminazione della religione cristiana dallo spazio pubblico. Eliminata però la religione dallo spazio pubblico alla secolarizzazione religiosa è seguita fatalmente la secolarizzazione etica, per cui dallo spazio pubblico ormai sono eliminati anche i grandi valori etici legati alla legge morale naturale. Pluralismo e tolleranza riguardano non più solo le fedi religiose ma anche l’adesione o meno ai principi della legge naturale. Anzi, come abbiamo visto, la corrosione di questi principi della legge morale naturale, frutto della secolarizzazione religiosa, produce a sua volta nuova secolarizzazione religiosa in quanto toglie alla religione le basi naturali perché possa essere comprensibile e ragionevole, relegandola perciò inevitabilmente nel privato, come se fosse una setta. Senza natura umana, infatti, non è nemmeno più possibile percepire la ragionevolezza della fede cristiana, ragionevolezza è sinonimo di naturalezza. Ma si noti che inevitabilmente anche il vissuto della fede nel privato è così soggetto a secolarizzazione: come si può accettare il relativismo religioso ed etico nel campo pubblico e mantenere viva l’adesione a significati assoluti nella propria anima? Poco a poco anche la nostra vita interiore cede il passo al relativismo e si inaridisce. Non si creda che sia possibile che la religione cristiana sia relegata nel privato senza che poi anche da questo sia irrimediabilmente espulsa.

C’è stato un lungo periodo, che in alcuni tuttora dura, nel quale si pensava che la secolarizzazione fosse frutto dello stesso cristianesimo. Si diceva che le ideologie e i progetti politici della modernità erano nient’altro che il messaggio cristiano secolarizzato e quindi erano figli illegittimi del cristianesimo, illegittimi ma pur sempre figli. Da qui un sguardo benevolo sulla secolarizzazione vista come occasione positiva per il cristianesimo di purificarsi dai legami con l’ordine sociale e politico. Il cristianesimo non è una religione integralista e quindi è vero che una legittima laicità è un suo portato. Ma l’ordine sociale e politico, nella sua autonomia, dipende direttamente dalla morale e dipende indirettamente anche dalla religione in quanto non è in grado di fondarsi da sé senza diventare disumano. Si deve dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio, ma anche Cesare ha dei doveri verso Dio.

Abbiamo assistito a due aspetti della secolarizzazione che non erano stati completamente previsti. Il primo è l’esito anticristiano di questa secolarizzazione ce sarebbe nata dal
cristianesimo. Il secondo è che nello sviluppo della secolarizzazione c’è un punto di non ritorno, una svolta non recuperabile di abbandono senza possibilità di ritorno del rapporto con la fede cristiana. Ad un certo punto – e secondo molti analisti ciò avviene con Comte – la secolarizzazione “esce” da qualsiasi rapporto con il cristianesimo e diventa radicalmente anti-cristiana. Diventa una nuova religione. La ragione umana fuori della fede si limita a constare relazione e diventa relativismo e si impone come tale. La ragione fuori della fede diventa positivismo e il positivismo è radicalmente anticristiano.

[La seconda parte verrà pubblicata lunedì 26 novembre]

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ZENIT Staff

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