La disgregazione della famiglia africana

Intervista al vescovo Barry Wood

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DURBAN (Sud Africa), lunedì, 31 maggio 2010 (ZENIT.org).- Nonostante il positivo periodo di cambiamenti successivo all’apartheid, il Sud Africa si trova ad affrontare oggi una serie di problemi tra cui violenze, Aids e disgregazioni familiari, afferma un vescovo ausiliario di Durban.

Monsignor Barry Wood è nato e cresciuto in Sud Africa, in una famiglia che vive in quella parte del mondo da oltre 200 anni.

Noto per la sua diversità, il Sud Africa annovera le maggiori comunità di bianchi, indiani e di razze mescolate del continente africano. La sua costituzione riconosce undici lingue ufficiali.

In questa intervista, rilasciata al programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN), in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre, il Vescovo ha parlato dei cambiamenti “miracolosi” del suo Paese e dei problemi più pressanti della gente e della Chiesa.

Lei avrà assistito a molti cambiamenti nella sua vita. Il Paese, secondo lei, è cambiato per il meglio o per il peggio?

Monsignor Wood: Essendo cresciuto e avendo vissuto sotto un regime di apartheid per un tempo così lungo, è stato un grande sollievo sperimentare nel 1994 una nuova democrazia.

La Chiesa, come è noto, è stata molto attiva nel cercare di fare emergere questa nuova democrazia, a fronte dell’ingiustizia del sistema dell’apartheid, che è stato un periodo di profonde sofferenze.

La maggioranza della nostra gente ha sofferto molto, ma tutti noi abbiamo sofferto, in un modo o nell’altro, nel tentativo di far crollare quel regime malvagio. In questo senso il nuovo Sud Africa rappresenta un sollievo per tutti noi e la popolazione oggi può godere dei diritti umani. La gente sta anche imparando cosa sia l’autostima, cosa che era stata estirpata dal passato regime, e lentamente ma solidamente la gente sta crescendo spiritualmente e materialmente.

Quali sviluppi negativi sta riscontrando in questo periodo post-apartheid?

Monsignor Wood: Gli sviluppi negativi riguardano la disgregazione della famiglia. È in atto una terribile disgregazione della famiglia.

Come ha accennato nell’introduzione, c’è la criminalità, la violenza, gli stupri, gli abusi sulle donne, ma soprattutto il problema dell’ingiustizia economica.

Vorrei soffermarmi sulla questione della disgregazione della famiglia. Secondo lei da cosa deriva? Perché si sta prepotentemente insinuando nella vita dei sudafricani?

Monsignor Wood: Non credo che sia una novità. Durante l’apartheid, gli uomini erano divisi dalle donne. Le donne restavano nelle zone rurali mentre gli uomini andavano nelle città. Quindi le donne e le famiglie non potevano stare con gli uomini nelle città e, di conseguenza, questo stile di vita è diventato parte del sistema sudafricano.

Purtroppo, questo si è perpetuato anche dopo il 1994. In aggiunta, il Governo ha di recente concesso un contributo alle giovani donne rimaste incinta, con la conseguenza che molte cercano di rimanere incinta proprio per ottenere il contributo. E questo sta provocando parecchi danni tra i giovani.

Perché il Governo ha deciso di dare questo contributo? Qual è la finalità?

Monsignor Wood: L’obiettivo è quello di aiutare le giovani in gravidanza a portare avanti la propria famiglia. Ma purtroppo, come spesso accade, la gente se ne approfitta e cerca di ottenere i soldi.

Viene visto come una fonte di reddito?

Monsignor Wood: Viene considerata una fonte di reddito. Per questo le ragazze rimangono incinta, partoriscono e i bambini sono affidati alle nonne. Le donne quindi proseguono nel loro lavoro e fanno altri bambini. Sta diventando un vero problema.

Vorrei fare un piccolo passo in dietro. La transizione dall’apartheid è stata veramente un miracolo in Sud Africa e forse ciò non è stato sufficientemente riconosciuto. Si parla del Muro di Berlino e di come sia stato un cambiamento non violento e miracoloso, ma il cambiamento in Sud Africa è stato altrettanto miracoloso.

Monsignor Wood: È stato un miracolo e noi non ce l’aspettavamo. Ci aspettavamo il peggio e per anni e anni, dopo ogni celebrazione eucaristica abbiamo pregato per la pace in Sud Africa: la preghiera di San Francesco. E io credo veramente che la preghiera della gente abbia influenzato le trattative intercorse tra Nelson Mandela e F.W. De Klerk.

Credo fermamente che la fede della gente abbia ottenuto questo miracolo.

E forse il miracolo prosegue ancora oggi. Lei non avverte un senso di rivalsa da parte della popolazione nera nei confronti dei bianchi? Esiste questo sentimento?

Monsignor Wood: Assolutamente no. Domina l’accettazione e il perdono. In alcune aree esiste un senso di rabbia e di vendetta, ma direi che la stragrande maggioranza l’ha accettato e guarda avanti.

Si potrebbe dire, in questo periodo post-apartheid, che il Paese sta ancora cercando la sua identità. Quale identità vede per il Sud Africa? Secondo lei, quale identità nazionale il Paese è in grado di assumere e di mostrare?

Monsignor Wood: Beh, siamo ancora giovani quanto a democrazia. Abbiamo solo 16 anni, e come ogni sedicenne stiamo cercando la nostra identità.

Come un adolescente?

Monsignor Wood: Un adolescente, una democrazia adolescente, e stiamo veramente cercando la nostra identità.

Facciamo i nostri errori, così come ogni adolescente fa errori nel processo di maturazione, e credo che questo stia avvenendo anche con noi. Facciamo errori, ma ci rialziamo e andiamo avanti, e cerchiamo di imparare dai nostri errori. Ma siamo una democrazia adolescente che ha l’obiettivo di maturare. Credo che la volontà sia reale, da parte di tutte le persone.

Esiste, tuttavia, tra la gente anche la tendenza ad accomunare la Chiesa cattolica al periodo coloniale. Si parla di un nuovo movimento che tende a rigettare tutto ciò che è appartenuto al periodo coloniale, inclusa la Chiesa, a favore di istituzioni e organizzazioni che si caratterizzano per la loro origine e il loro orientamento africano. Qual è il cammino della Chiesa cattolica in questo nuovo movimento?

Monsignor Wood: Ho sentito parlare di questo movimento, che vorrebbe disfarsi di tutto ciò che proviene dal periodo coloniale, ma la Chiesa cattolica in Sud Africa è abituata alle persecuzioni. Sin dal nostro arrivo in Sud Africa abbiamo trovato resistenza: anzitutto da parte degli olandesi, poi degli inglesi e poi dal regime degli afrikaner che ha fatto di tutto per respingerci, chiamandoci “il pericolo romano”.

Quindi siamo abituati alle persecuzioni, siamo abituati ad abbattere i regimi, e quindi, rispetto a quest’ultimo problema, sentiamo la nostra fede e la nostra gente è salda nella fede e ha inculturato la fede al punto da essere in grado di resistere a qualunque tipo di attacco.

Quindi la fede si radica nella gente. Le radici sono abbastanza profonde nella popolazione e nelle comunità, per resistere davanti a questo tipo di sfida?

Monsignor Wood: Io credo di sì; ne sono convinto.

Il Sud Africa ha uno dei più alti tassi di Aids al mondo. Cosa ne pensa?

Monsignor Wood: Effettivamente ha uno dei più alti tassi ed è una vera pandemia nel nostro Paese. Milioni di persone affette dall’Aids, infettate e malate. Ed è diventato un vero problema per la nostra gente.

In concreto che problemi vede? Per esempio, gli orfani dell’Aids e tutte le altre questioni concrete?

Monsignor Wood: Anche qui parliamo della disgregazione della famiglia. Alcune famiglie hanno perso sia la madre che il padre e vanno avanti con i soli figli. Questi orfani dell’Aids sono bambini vulnerabili. E non si tratta di casi isolati: è una realtà diffusa in tutto il Paese. E le cure domiciliari per questi orfani dell’Aids sono una grande sfida.

Il Sud Africa ha tentato di farvi fronte con la politica del
preservativo. Nell’arco degli ultimi 20 anni il preservativo è stato presentato come la soluzione, eppure l’Aids continua a imperversare, affliggendo il 22% della popolazione. Si può dire che la politica del preservativo sia fallita?

Monsignor Wood: Assolutamente sì. La pandemia è in aumento.

Milioni di preservativi sono stati distribuiti tra la gente, eppure l’Aids non solo è ancora presente ma è in crescita. Il Ministro della salute dice che i numeri sono in diminuzione, ma la gente afferma il contrario, e i nostri sacerdoti incaricati di seppellirne i morti, settimana dopo settimana, dicono che la situazione sta peggiorando.

Qual è l’elemento fallimentare nella politica del preservativo?

Monsignor Wood: L’educazione. Alla gente sono stati distribuiti i preservativi e gli è stato detto che esiste un problema e che se avessero usato il preservativo, il problema sarebbe sparito.

Ma non è sparito.

L’astinenza non viene promossa come una possibile alternativa?

Monsignor Wood: A dire il vero, la Chiesa lo sta facendo da anni. Ora, lentamente, se si guardano le campagne informative del Governo, l’astinenza sta prendendo il primo posto.

Ci si sta arrivando; si sta promuovendo al contempo l’astinenza, la fedeltà e i preservativi. Ma direi che il primo posto lo dovrebbe avere l’astinenza e credo che stanno iniziando a rendersene conto.

In Sud Africa vi sono circa 3,3 milioni di cattolici, quindi, di fatto, le dimensioni della Chiesa cattolica sudafricana sono piuttosto modeste, eppure la sua rilevanza è significativa. Qual è l’impatto della Chiesa cattolica in Sud Africa? Quali programmi avete portato avanti? E perché la Chiesa cattolica, pur essendo così contenuta in proporzione alla popolazione ha un così grande impatto?

Monsignor Wood: Nel corso degli anni, la Chiesa in Sud Africa ha esercitato un concreto impatto sulla gente, attraverso l’educazione e la sanità. Sin dall’arrivo della Chiesa, perché il Governo a quel tempo non assicurava né la salute né l’istruzione.

Oggi, con la pandemia in atto, siamo solo secondi al Governo nella cura della gente. Mi dispiace se non ho i dati a portata di mano, ma è cosa riconosciuta, e la gente sostiene la Chiesa per questa azione.

Un’azione che spazia in tutti i campi: cure domiciliari, cure per i bambini bisognosi e per gli orfani, ospizi per i malati terminali, cure per le donne abusate e per quelle incinte che vorrebbero abortire; l’intero spettro delle cure necessarie compresa la distribuzione di farmaci antiretrovirali.

Qual è, secondo lei, la necessità più grande oggi in Sud Africa?

Monsignor Wood: La necessità più grande in Sud Africa oggi è il lavoro, l’occupazione, perche credo che tutti questi problemi come la criminalità, la violenza sulle donne e i bambini e altro, siano alimentati dalla frustrazione e dalla rabbia della gente che non può lavorare. Sarebbe quindi un grande beneficio se riuscissimo a dare lavoro alla maggioranza della popolazione del nostro Paese. E anche formazione professionale, perché credo siano due cose che vanno di pari passo.

E dal punto di vista della Chiesa? Quale sarebbe la necessità più grande della Chiesa in Sud Africa?

Monsignor Wood: Credo che la necessità più grande della Chiesa sia la sfida derivante dal problema della disgregazione delle famiglie. Dovremmo far convergere tutte le nostre risorse nel tentativo di ricostruire il senso della famiglia.

Come è possibile fare ciò?

Monsignor Wood: Difficile dirlo. Se avessi la soluzione sarei felice. Ma credo che occorra iniziare dalle piccole comunità cristiane, lì dove siamo più forti.

Abbiamo piccole comunità cristiane e dobbiamo evangelizzarle nel senso di sottolineare, ancora una volta, l’importanza della famiglia.

È una parte sostanziale della cultura africana, ma questo forte individualismo occidentale è penetrato anche qui in modo distruttivo. Credo che ciò che dovremmo fare ora è di far riscoprire la bellezza del ruolo del marito e padre, e dei figli: la bellezza della famiglia.

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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per “Where God Weeps”, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre.

Per maggiori informazioni: www.acs-italia.glauco.it

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ZENIT Staff

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