Ancient Roman Way near Lanuvio

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La cultura liquida della modernita’

Lo scempio del pianeta e le ruspe non si fermano nemmeno davanti ai reperti archeologici e ai beni culturali

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In questi giorni sono andato ad una conferenza commemorativa di un grande archeologo, Bruno Martellotta che fondò negli anni ’50 il Gruppo Archeologico del Lazio, insieme ad altri giovani valenti tra i quali spicca il mitico Pino Chiarucci, che a sua volta fondò il museo archeologico di Albano, istituzione di grande rilievo scientifico per lo studio di tutta l’area dei Castelli Romani. Questi appassionati pionieri inventarono dal nulla una serie enorme di ricerche sul campo e negli archivi, che hanno fruttato scoperte e ritrovamenti memorabili e costituzioni di collezioni affascinanti. Il dott. Franco Arietti Presidente ArcheoClub di Roma L.V. e allievo storico di Bruno Martellotta ha ricostruito le vicende che hanno portato alla scoperta e alla ricostruzione storica de La tomba principesca del Vivaro a Rocca di Papa. L’affascinante ricostruzione ed interpretazione scientifica dei reperti archeologici dell’VIII sec. a.C. di epoca romulea ha contribuito anche alla ricostruzione delle origini, non solo dei grandi popoli latini, ma anche e soprattutto di Roma. Dopo aver esposto tutti i dati scientifici e le note ricostruttive, Arietti ha rivelato alcuni retroscena sconcertanti. Il sito archeologico scoperto per caso nel 1977 circa da un gruppo di operai che stavano spianando con le ruspe la zona, fu saccheggiato dagli stessi operai e le grandi pareti di pietra sperone, che costituivano il sacello principesco, furono divelte e buttate in una discarica. Dopo undici anni di faticosissimo lavoro psicologico su quegli operai, si riuscì ad ottenere la descrizione del luogo esatto del ritrovamento e del luogo dove avevano gettato le pietre e la restituzione dei reperti bronzei rinvenuti in quella tomba. Questa storia purtroppo non è eccezionale, infatti spesso i ritrovamenti casuali dei reperti nel contesto di una comune incoscienza del loro valore ha causato e causa perdite molto gravi per la comprensione di intere epoche preistoriche o protostoriche (e non solo).

Ma questa storia possiede altri tratti inquietanti. Le pietre che costituivano il sacello funebre furono ritrovate e portate a proprie spese in una sede istituzionale da questi eroici archeologi, come testimonia il documento olografo della presa in carico da parte della soprintendente e del curatore di un museo; purtroppo questi non era molto interessato a questi importanti reperti, che furono più volte spostati in varie parti di un cortile antistante il museo. Infine tutte le pietre sparirono, probabilmente fatte fare a pezzi dagli operai che lavoravano ad opere di restauro di muri antiche realizzati nel XVI secolo con il medesimo materiale. Si tratta precisamente di pietra sperone, un tipo di pietra tufacea tipica della zona dei Castelli Romani. Qualche tempo dopo, avvenne che la zona archeologica dove erano stati questi ed altri importanti ritrovamenti, fu acquistata e utilizzata come cava a cielo aperto. Le numerose rimostranze del Gruppo Archeologico del Lazio, le decine di lettere di protesta alla Soprintendenza non riuscirono ad impedire lo scempio; la zona fu presa in concessione e sventrata, tanto che oggi non esiste più quella collina.

Lo stesso gruppo archeologico riuscì a fermare l’azione di una ruspa che stava demolendo gli scavi dove essi avevano, tempo a dietro, ritrovato le tracce di un insediamento di capanne. La ruspa era guidata da un giovane straniero ignaro di essere entrato nei ruderi di una importantissima chiesa del X sec. costruita a fianco dell’antico insediamento protostorico, di cui la ruspa stava distruggendo tra le altre cose un pavimento cosmatesco. Gli archeologi riuscirono a fermare l’ignaro operaio ed avvisarono subito i responsabili della Sopraintendenza, affinché si recassero celermente ad ispezionare  quel cantiere con i carabinieri. Sorprendentemente il Sopraintendente si presentò nel luogo non prima di una settimana dopo, trovando ovviamente lo scavo ormai pulito e privo di ogni traccia di reperto storico. Quell’insediamento urbano, quella tomba sono elementi fondamentali per comprendere la vera storia di Albalonga, della nascita di Roma e della grande civiltà tuscolana e per ricostruire i modelli politici, economici, religiosi e sociali del periodo compreso dal X all’VIII secolo. a.C., ovvero dal periodo Laziale I A al periodo Laziale II B (830 a.C.- 730 a.C.). La suddivisione in Curie del popolo albano, l’elezione del dictator, la mitologia fondativa della città di Tuscolo legata a due gemelli ritrovati lungo il fiume che un tempo la bagnava, sono solo alcuni degli elementi storiografici importantissimi legati a questi e a tanti altri reperti archeologici spariti sotto l’incalzante processo economico e politico dell’urbanizzazione e modernizzazione. Tutta l’area geografica dei Castelli Romani è stata  devastata, decine di ville di pregio di fine Ottocento e inizi Novecento sono state abbattute per far posto a palazzine in serie, aumentando a dismisura il numero degli abitanti, cementificando ogni cosa, distruggendo beni culturali, opere d’arte e bellezze naturalistiche invidiabili, inquinando irrimediabilmente fonti d’acqua che non potranno mai più essere potabili. Questa azione è stata giustificata nel nome del progresso, della modernizzazione e soprattutto della civiltà contemporanea. Questo è accaduto in varia misura in tutte le provincie italiane, tanto che sembrerebbe che quanto ha resistito alle devastazioni belliche non ha potuto resistere all’ammodernamento ideologico. L’arte, la cultura, i beni archeologici e ambientali sono stati considerati come un bene da sacrificare per una errata idea  di progresso e di modernità, analogamente a quanto è accaduto e accade nella sottostima e nella devastazione della cultura umanistica e degli interessi della scuola e  dell’università.

Ma forse le distruzioni dei beni culturali e dei monumenti, comunque e dovunque effettuate, non sono altro che il frutto di una liquidità senza cultura? Forse questa distruzione è il vero volto della liquidità e della transmodernità?

Non dobbiamo piuttosto urgentemente fermarci a riflettere di fronte alla devastazione del pianeta, della biodiversità, della umanità, del passato e del futuro, in nome dell’unico dio riconosciuto che è il denaro?

Rodolfo Papa, Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Storico dell’arte, Accademico Ordinario Pontificio. Website www.rodolfopapa.it  Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com  e.mail:  rodolfo_papa@infinito.it  .

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Rodolfo Papa

Rodolfo Papa è presidente dell'Accademia Urbana delle Arti / Sito internet: www.rodolfopapa.it ; Blog:http://rodolfopapa.blogspot.com ; e.mail: rodolfo_papa@infinito.it .

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