Woman in prayer

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La crudeltà degli uomini e la “grande dolcezza di Dio”

Violenze dai genitori e dal marito, malattie, solitudine: la storia di Liliana, una donna che, nonostante tutto, non ha mai perso la fede, né la voglia di aiutare agli altri

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Liliana B. è una donna bella, colta ed elegante con un carisma straordinario. A ZENIT ha raccontato la grande fede che ha guidato i passi della sua vita, anche quando la sofferenza incombeva e, alle sue tante suppliche al cielo, rispondeva il maestoso silenzio in cui si celava la presenza di Dio.
Una donna che ha scelto di abbracciare la sua sofferenza di moglie incompresa, il dolore per un marito violento e per una famiglia che le ha voltato le spalle, eppure, anche nel buio profondo e nella persecuzione, il rovescio della medaglia della sua storia è diventato una vita illuminata da Cristo, che le ha permesso di sopportare soprusi, violenza e sofferenze.
“La fede è tutto – afferma Liliana – non si può pensare di affrontare da soli tutto il dolore del mondo, la fede ci sostiene e ci guida anche quando la vita ci riserva brutte sorprese”.
La vita di Liliana è stata sempre costellata da tante situazioni particolari. Fin da bambina ha sempre avuto una percezione molto spirituale di se stessa. “Avevo la sensazione di essere chiusa in una scatola legata alla materialità del corpo, malgrado la mia sensibilità profonda e la ricerca di una spiritualità – prosegue -. Ho sempre vissuto con dolore il rapporto con la mia famiglia, ho sempre amato profondamente la verità e mi sono scontrata con l’ipocrisia del mondo, eppure ho sempre amato dire la verità a qualunque costo, anche quando si è rivelata scomoda”.
Fin dall’infanzia, Liliana, di fronte ai limiti caratteriali dei suoi genitori, si rifugiava nel suo “mondo di dolcezza, dove Dio mi è stato vicino dimostrandomi, nella quotidianità, di non abbandonarmi mai”. Ha studiato in collegio, dove, confida, “mi ha aiutato anche la presenza di una suora dotata di una grande spiritualità che mi ha aiutato e mi ha seguito nel mio percorso di crescita”.
La propensione per la sequela di Gesù, portò Liliana a meditare se la sua strada fosse quella della vita consacrata comunitaria. “Sentivo che la chiamata di Gesù rispondeva alla mia sete, dopo il collegio però ho vissuto una ribellione per le ingiustizie che subivo in casa, dove mia madre spesso mi picchiava, perché anche lei viveva il dramma dei contrasti con mio padre. Allora, a 21 anni, andai via di casa e iniziai a spendere la mia vita accanto a quei giovani che allora – eravamo negli anni ’70 – vivevano situazioni di ribellione e di disagio. Spesso, come insegnante, ho aiutato e sostenuto ragazze che finivano in brutti giri”.
Dopo qualche anno, Liliana si sposò ma “con l’uomo sbagliato”. “Ricordo che, alle mie nozze tremavo come una foglia – ricorda -. Soltanto molti anni dopo capii che, pur nella nostra sensibilità, non siamo in grado di capire tutto”.
Il suo non fu un matrimonio felice, ciononostante Liliana volle diventare madre ma, durante la sua prima gravidanza, rischiò di perdere il bambino. “In quella circostanza pregai a lungo e mio figlio, non casualmente, nacque un 11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes. Con Maria – racconta – ho un rapporto molto intimo e la chiamo mamma. La Madonna ha sempre protetto la mia vita e non ha permesso che gli eventi potessero avere il sopravvento su di me”.
L’esperienza ha portato Liliana a reagire alle asperità della vita propria e degli altri, a partire dai disagi delle sue alunne, fino ad un episodio che cambiò radicalmente la sua vita, portandola ad interrompere il suo matrimonio. “Una domenica mattina suona il telefono: una mia alunna mi chiamava in cerca di aiuto, in quanto il padre l’aveva picchiata per l’ennesima volta, allora io di scatto volli andare da quella ragazza, mentre improvvisamente mio marito cominciò a insultarmi in tutti i modi. Ho anche rischiato la vita e sono andata via. Da lì a poco ho chiesto la separazione”.
“Questo evento mi ha notevolmente ferito, ho deciso quindi di imparare le arti marziali per potermi difendere. La mia grande sofferenza poi mi condusse nel cammino di una persona che, per 25 anni, mi è stato affianco e mi ha permesso di tornare a vivere”.
“Dio di certo non aveva permesso che la mia esistenza potesse finire in quella maniera così tragica, sapevo di avere l’amore di Dio e ho portato Gesù in tutti i gruppi religiosi”, prosegue Liliana.
“La mia vita continuava ad andare avanti, malgrado lo stress fisico. In seguito la fuga del padre di mio figlio, mi portò a sopportare anche le minacce da parte di gruppi delinquenziali: ero una donna giovane e sola avevo mio figlio piccolissimo e non ho mai smesso di chiamare Dio in mio soccorso. Ho sempre visto, sentito e avuto la certezza che Gesù misericordioso è la guida della mia vita e medito nel mio cuore quanto Dio ci abbia amati, al punto di darci il suo unico figlio”.
Lentamente Liliana ha iniziato a risalire la china, anche attraverso pellegrinaggi in luoghi mariani come Medjugorje. Nel frattempo, il suo compagno si era ammalato di tumore ed era in viaggio con lei.
“Malgrado la mia situazione di sofferenza e di dolore, volevo sentirmi in pace con Dio – prosegue -. Quella sera compresi che Maria mi annunciava che nel mio futuro ci sarebbe stata la solitudine e la cura per gli altri”.
“Da anni, malgrado abbia perso il mio compagno, la forza da parte di Dio non è mai mancata, seguo le fragilità umane e sostengo il cammino di preghiera e, soprattutto, l’adorazione eucaristica e le preghiere di liberazione”.
Liliana ha trovato una grande forza nella vicinanza di Gesù che le ha permesso di sperimentare la misericordia e la “grande dolcezza di Dio”, offrendosi sempre con semplicità al disegno di Dio senza stancarsi e senza dire di no ai fratelli che hanno bisogno del sostegno della vicinanza e della preghiera.
“La grande vicinanza a Dio – spiega – mi ha permesso di leggere le difficoltà e le sofferenza degli altri: amare l’altro vuol dire dagli aiuto”. Si è trovata a dare aiuto anche al padre di suo figlio, colui che aveva tentato di ucciderla: “Quando si ammalò di meningite virale chiamò me e io l’ho soccorso, stando in ospedale con lui fino a che è guarito”.
“Consiglio a tutti di fidarsi anche nella malattia e nella sofferenza – dice -. Dalle malattie non sempre si guarisce ma bisogna fidarsi di Dio, bisogna lasciarsi andare ed accettare senza ribellione la Sua volontà di Dio. Anche Maria ha sofferto la morte del suo figlio senza ribellarsi, tracciandoci una strada che ci conduce a Lui”.
I piccoli e grandi miracoli, quelli che Liliana definisce “le mani e le braccia di Gesù”, sono state tutte le persone – amici e conoscenti – che le sono state accanto e oggi le sono vicine. “Ho imparato tanto, nella sofferenza, nella malattia e nella morte del compagno della mia vita. Ho compreso ed ho fatto tesoro dei doni che Dio, attraverso la vita e attraverso i momenti di accettazione e di difficoltà, ci fa trovare sul nostro cammino”.
“Bisogna andare incontro a Dio, nella nostra piccolezza, nella nostra debolezza e in tutti gli istanti in cui ci sentiamo soli e sconfortati. Malgrado gli ostacoli nella nostra vita, bisogna sempre accettare come Dio illumina e guida”.
Parole di ringraziamento, Liliana le ha per “la Chiesa” e per “il mio caro padre Antonio, che mi ha aiutato con serenità ad accettare la mia missione la mia vita e la mia solitudine. Oggi, imparando come la morte non è l’ultima parola sulla vita, attraverso la sofferenza e la morte del mio compagno, ho sperimentato come una vita piena vada aiutata e sostenuta”.
“Sono tanti gli episodi della mia vita tra il già e il non ancora, eppure la preghiera e la vicinanza agli altri mi permette di sperimentare l’amore di Dio. Oggi – conclude Liliana – abbiamo sempre più bisogno di testimonianze della sua esistenza: Dio non elimina i problemi, ci aiuta a superarli, sempre. La nostra vita comincia qui ma va vissuta con una prospettiva completamente diversa: Dio è nella nostra vita”.

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Maria Luisa Spinello

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