La croce dell’amore

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Gv 15,18-21

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Lettura

La croce è l’altra faccia dell’amore. Come il dolore è l’altra faccia della vita. Rimanere in Cristo Gesù significa per il discepolo condividere il suo destino di morte e di vita, di amore e dolore. Ma qui sta il fondamento della gioia. Proprio in questo intreccio si snoda il cammino, senza soluzione di continuità, di via crucis e via lucis; sentiero che porta il cielo in terra perché eleva la terra fino al cielo della gloria dell’uomo nella gloria di Dio.

Meditazione

Per diciassette versetti il capitolo 15 del Vangelo secondo Giovanni insiste sulla necessità per i discepoli di rimanere in Cristo, nella sua Parola, nel suo Amore. E questa altezza profonda dell’unione vitale con Lui ad un certo punto si dilata ad una dimensione orizzontale nella misura senza misura dell’amore di Dio e da Dio: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». E così piano piano Gesù conduce i discepoli ad essere come Lui e ad amare come Lui, «perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Nel brano odierno del vangelo – dopo questa straordinaria ascensione fino a farci condividere il suo destino di gloria, facendoci respirare aria di cielo – Gesù ci rimanda alla terra per condividere il suo destino di dolore. Perché «un servo non è più grande del suo padrone». E non ci sono scappatoie né si danno compromessi. Perché, come Lui, i discepoli autentici non sono del mondo anche se Lui li ha scelti dal mondo. Il volto di Dio, incarnato e testimoniato da Gesù per le strade e i villaggi fino alla collina del Golgota, è quello di un Dio fattosi debole, vulnerabile, sottoposto fino in fondo alla libertà dell’uomo amato alla follia, per condurre ogni uomo alla libertà dell’amore. Per questo Gesù – come il chicco di grano – muore crocifisso pienamente amante e fratello dell’uomo. Ma è proprio questo volto di Dio che abbiamo estromesso dal nostro pensare cristiano; un Dio “debole” ci è troppo vicino e ci mette in difficoltà. E la Croce, vertice della debolezza di Dio, da noi è assunta più come motivo di consolazione che come chiave di interpretazione della vita, come “norma” e criterio dell’amore. Forti della forza crocifissa e viva di Dio, noi possiamo amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati, certi che in Dio e «con Dio noi faremo cose grandi» (Sal 60,14). Questa fiducia e questa consapevolezza credente nascono dal coraggio e dalla capacità di “leggere” nella propria debolezza e sofferenza la certezza di essere amati da Dio per amare come Dio.

Preghiera

È la Croce il tuo trono, Signore! E coraggio a me chiedi per salire con te su quell’albero verde e il mondo abbracciare nel perdono di pace, costruendo la storia con solchi d’amore. È la Croce il mio trono, Signore!

Agire

Oggi accoglierò ogni contrarietà, difficoltà, incomprensione come occasione per salire con il mio Signore sul trono della Croce per amore.

Meditazione a cura di mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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