Croce

Pixabay CC0 - MichaelGaida, Public Domain

La croce con il Cristo risorto?

Un simbolo così importante deve essere ben visibile all’altare

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Nella sua rubrica di liturgia, padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e Decano di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde oggi a un lettore dal Brasile.
Esistono documenti ecclesiastici che dicano se sulla croce possa essere rappresentato il Cristo risorto? Vari siti parlano di questa possibilità, ma nessuno cita dei documenti. – H.Y., São Paulo, Brasile
Nei documenti ufficiali c’è ben poco riguardo a questo elemento, nonostante esistano varie usanze e tradizioni. Le norme basilari si possono trovare nell’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR). Riguardo la croce d’altare, il documento dice:
“117. L’altare sia ricoperto da almeno una tovaglia bianca. In ogni celebrazione sull’altare, o accanto ad esso, si pongano almeno due candelabri con i ceri accesi, o anche quattro o sei, specialmente se si tratta della Messa domenicale o festiva di precetto; se celebra il Vescovo della diocesi, si usino sette candelabri. Inoltre, sull’altare, o vicino ad esso, si collochi la croce con l’immagine di Cristo crocifisso. I candelabri e la croce con l’immagine di Cristo crocifisso si possono portare nella processione di ingresso. Sopra l’altare si può collocare l’Evangeliario, distinto dal libro delle altre letture, a meno che non venga portato nella processione d’ingresso.
“122. Arrivati all’altare, il sacerdote e i ministri fanno un inchino profondo. La croce con l’immagine di Cristo crocifisso se portata in processione viene collocata presso l’altare perché sia la croce dell’altare, che deve essere una soltanto, altrimenti si metta in disparte in un luogo degno. I candelabri invece si mettano sull’altare o accanto ad esso; è bene che l’Evangeliario sia collocato sull’altare.
“188. Nella processione all’altare, l’accolito può portare la croce, affiancato da due ministri con i ceri accesi. Giunto all’altare, colloca la croce presso l’altare, affinché sia la croce dell’altare, altrimenti la ripone in un luogo degno. Quindi va al suo posto in presbiterio.
“308. Inoltre vi sia sopra l’altare, o accanto ad esso, una croce, con l’immagine di Cristo crocifisso, ben visibile allo sguardo del popolo radunato. Conviene che questa croce rimanga vicino all’altare anche al di fuori delle celebrazioni liturgiche, per ricordare alla mente dei fedeli la salvifica Passione del Signore.
“350. Inoltre si deve avere ogni cura per le cose che sono direttamente collegate con l’altare e la celebrazione eucaristica, come la croce dell’altare e quella processionale”.
I vescovi degli Stati Uniti hanno inoltre pubblicato un documento sugli edifici e arredi ecclesiastici, Built of Living Stones. Questo documento presta delle linee guida che, pur non costituendo di per sé stesse una regola, sono basate sulla legge e sull’esperienza pastorale. Riguardo la croce d’altare questo documento dice:
“91. La croce con l’immagine di Cristo crocifisso ci ricorda del mistero pasquale di Cristo. Essa ci fa addentrare nel mistero della Passione ed è un segno visibile per la nostra fede, secondo la quale la nostra sofferenza, quando è unita alla passione e morte di Cristo porta alla redenzione. Ci dovrebbe essere un crocefisso posizionato sopra l’altare o accanto ad esso, e […] ben visibile alla gente ivi adunata. Dal momento che un crocifisso collocato sull’altare e abbastanza grande per essere visto dal popolo potrebbe eventualmente anche ostacolare la vista dell’azione che si svolge sull’altare, altre alternative possono essere più appropriate. Il crocifisso può essere appeso sopra l’altare o fissato alla parete del presbiterio. Una croce processionale sufficientemente grande, collocata in un supporto visibile ai fedeli dopo la processione d’ingresso, è un’altra opzione. Se la croce processionale viene usata per questo scopo, allora le dimensioni e il peso della croce non devono precludere che venga portata in processione. Se c’è già una croce nel presbiterio, la croce processionale viene posizionata fuori dalla vista dell’assemblea dopo la processione”.
Circa le norme più antiche, vigenti prima del Concilio Vaticano II, possiamo citare il libro Ceremonies of the Roman Rite Described di Fortescue-O’Connell-Reid:
“Sull’altare è collocata una Croce – con la figura del crocifisso – sufficientemente larga da poter essere vista sia dal celebrante sia dai fedeli. Dovrebbe stare in mezzo a dei grandi candelabri, con la sua base alta quanto questi, e l’intera croce stessa più alta degli stessi. Se è presente un tabernacolo la croce non deve starvi davanti. La croce non deve nemmeno stare sul tabernacolo, né sul trono usato per l’esposizione del Santissimo Sacramento, nonostante questi usi siano talvolta tollerati”.
Una nota di piè di pagina aggiunge che, se immediatamente dietro l’altare si trova una grande rappresentazione della Crocifissione, questa vale come croce d’altare.
A queste norme il più dettagliato manuale liturgico italiano, il Compendio di liturgia pratica di Ludovico Trimeloni, aggiunge che una piccola croce sopra il tabernacolo o ai piedi di una statua non è da considerarsi sufficiente.
Tutti questi documenti parlano dell’uso del crocifisso con la raffigurazione di un crocifisso appunto, e non un Cristo glorioso o maestoso. È vero che la maggior parte dei più antichi esempi di crocifissi presentavano un Cristo vestito, col corpo eretto, gli occhi aperti e senza visibili segni di sofferenza. Gli storici attestano che questa forma di rappresentazione di un Cristo in maestà “regnante dalla croce” era dovuto a una iniziale riluttanza nel raffigurare un Cristo svestito e sofferente. Non era, tuttavia, un’immagine del Cristo risorto, nonostante tenesse in conto la resurrezione. L’uso di rappresentare Cristo sofferente e spogliato dei suoi averi divenne comune dopo il X secolo.
Mentre vi sono alcune indicazioni di un precedente uso della croce nella liturgia, l’evidenza indica un utilizzo abituale del crocifisso, solitamente una croce processionale, solo dall’XI secolo, e il suo uso come presenza stabile sull’altare dal XIII, vale a dire molto più tardi di quando divenne comune la rappresentazione del Cristo sofferente.
Tuttavia, i documenti qui sopra precluderebbero la sostituzione del crocifisso con una rappresentazione del Cristo risorto, in quanto fanno esplicitamente menzione di un’immagine del Cristo crocifisso in ogni Messa.
Non ci sarebbe alcuna difficoltà nel collocare nel presbiterio un’immagine del Cristo risorto durante il tempo Pasquale, come visibile rimando al periodo liturgico. Allo stesso tempo, dobbiamo ricordare che il primario simbolo liturgico della Resurrezione è il cero pasquale.
Come ci ricorda Built of Living Stones:
“94. Il cero pasquale è il simbolo della luce di Cristo, risorto in gloria, che disperde le tenebre dei nostri cuori e delle nostre menti. Come simbolo, eccellente luce di Cristo, il cero pasquale dovrebbe prima di tutto essere una vera candela. Le scelte di grandezza, stile e colore dovrebbero essere compiute in relazione al presbiterio in cui verrà collocato. Durante la Veglia di Pasqua e per tutta la stagione pasquale, il cero pasquale si troverà vicino all’ambone o nel centro del presbiterio. Dopo il tempo pasquale ottiene un posto d’onore presso il fonte battesimale per il suo uso nella celebrazione dei battesimi. Durante i funerali invece il cero pasquale viene collocato vicino alla bara, in segno del passaggio dalla morte alla vita per il cristiano”.
[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]
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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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