La crisi morale dell'Italia tra sdegno e ira

Molte recenti manifestazioni in Italia, seppur giuste nelle cause, sono motivate da un’ira populistica, irrazionale e incivile, piuttosto che dal giusto sdegno che è una virtù

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“In Italia bisogna purificare l’aria ammorbata dai comportamenti licenziosi”; “la questione morale non è un’invenzione mediatica”; “la piovra della corruzione va combattuta al pari dei comitati d’affari”. Sono le osservazioni sferzanti del cardinale Angelo Bagnasco, pronunciate nella prolusione del Consiglio permanente dei Vescovi del 26 novembre 2011. L’intervento del Presidente della CEI, seguiva di quattro giorni dalla presa di posizione di Benedetto XVI, che partendo per il 21° viaggio pastorale in Germania, auspica al Presidente Napolitano ”un sempre più intenso rinnovamento etico per il bene della diletta Italia”. 

Dobbiamo dire che entrambi gli interventi, fotografano in maniera realistica la situazione della società italiana: fatti di corruzione a tutti i livelli della vita economica, civile e politica fanno parte della cronaca quotidiana. Come si è arrivati a questa situazione? Sembra che una parte della società civile italiana risponda a quanto scriveva nel 1928 Bertolt Brecht con L’opera da tre soldi: “Rivoltatela come più vi pare, prima viene lo stomaco, poi viene la morale”. Brecht in questi versi introduce un assioma che ben incarna una visione materialistica che ha sconvolto il nostro Paese.

Il concetto di etica del bene comune viene declassato a razionalità mercantile ed assegna all’utilitarismo egoistico una pratica dominante. In questo senso un ulteriore sviluppo del declino etico del nostro Paese possiamo riconoscerlo (anche se da una posizione culturale diversa da quella cristiana) in quello che denunciava Simone de Beauvoir nel suo saggio del 1947, Per una morale dell’ambiguità: “È proprio di ogni morale considerare la vita umana come una partita che si può vincere o perdere, e insegnare all’uomo il modo di vincere”: questo vincere è l’affermazione dell’ateismo materialistico individualista.

Qui si colloca il problema della morale. Per Simone de Beauvoir e Sartre, la certezza dell’assenza di Dio apre una domanda che ribalta, ancora una volta, il tema agostiniano: Si Deus est, unde malum? Se Dio esiste, da dove nasce il male? Si Deus non est, unde bonum? Se Dio non esiste, da dove nasce il bene? Il bene di cui si parla non è quello metafisico o fisico, è quello morale. Ancora, Nietzsche nel suo saggio Al di là del bene e del male già nel 1886 anticipava i presupposti del soggettivismo, affermando: “Non ci sono fenomeni morali ma solo interpretazioni morali dei fenomeni”.

Tutto questo ha comportato un declino della verità e di conseguenza al declino morale che ha lasciato spazio a vari forme di populismi individualistici fondati sull’ira e sul rancore, che modella le parole a proprio vantaggio come ladri di parole. In tale clima culturale di crisi, si sta diffondendo una grande confusione tra sdegno e ira. Molte delle manifestazioni di questi giorni in Italia, pur giuste nelle loro cause, sembrano essere motivate più da questa ira populistica che non dal giusto sdegno che è una virtù. La rabbia conduce a comportamenti irrazionali, animaleschi, incivili che distruggono la base civile delle relazioni mentre la nostra società ha bisogno di recuperare il senso di con-cordia. 

Serve una conciliazione della comunità civile, che si concentra sull’essenziale, lasciando da parte quello che è vanità e sofismo. E’ un errore cadere dalla confusione alla disperazione e al nichlismo distruttivo. Lo sdegno può essere una virtù se orientato con cum-passione verso coloro che subiscono le ingiustizie.Per comprendere meglio la differenza tra ira e sdegno ci rifacciamo a quanto affermava Sant’ Agostino: “Mentre lo sdegno è un’ erba che cresce verdeggiante soltanto fino a quando la giustizia viene ristabilita, l’odio invece è una malapianta inestricabile”. Quindi non dobbiamo confondere lo sdegno virtuoso con l’ira che alimenta la violenza, il rancore contro l’altro, l’isterica irrazionalità.

Con ciò non vogliamo dire che la nostra società è la peggiore storicamente, difatti ci sono stati periodi storici di gran lunga peggiori. La risposta alle ingiustizie è espressa magnificamente da Papa Francesco, il quale è rigoroso e chiaro quando denuncia il peccato, ma buono e misericordioso quando cerca di liberare le vittime dal male. Indignato contro il male e amorevole verso le vittime. Come cristiani dobbiamo ricordare che se l’ira è un peccato capitale, lo sdegno può essere una virtù, altrimenti come fa la Chiesa a predicare la necessità di giustizia?

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Carmine Tabarro

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