"La colonizzazione della natura umana" (Seconda parte)

Sintesi introduttiva del Quarto Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo

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Riportiamo la seconda parte della sintesi introduttiva del Quarto Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo (Cantagalli, Siena 2012), di Flavio Felice, Stefano Fontana, Fernando Fuentes Alcantara, Daniel Passaniti, Manuel Ugarte Cornejo1.

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L’ideologia del gender è un nuovo colonialismo dell’Occidente sul resto del mondo. La vecchia colonizzazione tra i tanti aspetti negativi ne aveva avuti anche di eroici ed era sospinta da un desiderio di esportare qualcosa di significativo. Questa nuova colonizzazione occidentale è invece l’esportazione del nulla. Individui astratti e asessuati sono infatti privi di identità se non quella che essi stessi arbitrariamente si danno. Nella loro ricerca di liberarsi da ogni caratteristica naturale, sottraendosi ad una educazione sessuata ossia identitaria, essi rimandano tale loro identità a future scelte e a futuri contratti con gli altri individui, soggiacendo al peggiore dei condizionamenti: il condizionamento del nulla.

La nuova ideologia del genere promana in tutti gli aspetti della società e la riplasma su basi innaturali. In tutti gli Stati in cui le coppie di fatto o le unioni gay vengono riconosciute segue inevitabilmente la riforma del diritto di famiglia, del regime fiscale, delle finalità e dei metodi delle strutture educative. L’impossibilità di condannare moralmente l’omosessualità per non rischiare di esseri accusati di omofobia compromette la libera espressione delle idee, l’educazione dei figli, la difficoltà a proporre pubblicamente il modello di famiglia eterosessuale. Le “nuove famiglie” vengono promosse dai media senza possibilità di contraddittorio perché si tratta di un pensiero unico imperante.

I poteri pubblici abdicano al loro ruolo di tutelare la moralità pubblica della società. Astenendosi dal promuovere una visione legata alla legge morale naturale in questi campi fondativi, limitandosi a registrare i desideri dei cittadini confermandoli in diritti, accettando un completo pluralismo di comportamenti etici, i poteri pubblici si ritirano dall’etica, senza poi più poter recuperare tale dimensione in altri campi della vita sociale, perché è venuta meno in quelli fondamentali. Se le relazioni sono solo tecniche ed individualistiche nel campo della procreazione e della famiglia, se la complementarietà e l’unità delle differenze non si realizzano nell’incontro tra uomo e donna, come potranno riprodursi negli altri rapporti umani?

La gravità della situazione non è diffusamente percepita e gli attori della Dottrina sociale della Chiesa ad ogni livello inseguono tante altre problematiche, certamente da non sottovalutare, ma non si concentrano su questa sfida essenziale. Essenziale perché destruttura le essenze e trasforma la società in una serie di ruoli funzionali regolati da procedure contrattate. Se essere uomo ed essere donna è solo una funzione assunta volontariamente, tutte le altre dimensioni della società diventeranno delle funzioni da assumere volontariamente. Ma una società senza doveri non può sopravvivere.

La sovversione portata avanti da queste nuove teorie riguarda anche la religione cattolica. Abbiamo fatto prima l’esempio dell’Argentina, un grande Paese di tradizione cristiana. La demolizione del concetto di natura umana e la sua colonizzazione da parte di un pensiero post-naturale se a prima vista sembrano diretti contro la natura, ad un esame più approfondito risultano essere contro la religione cristiana. Abolendo per legge la famiglia naturale, si impedisce di fare esperienza della famiglia. Ora, fare esperienza della famiglia ha una funzione sociale, in quanto è il fondamentale apprendistato della vita in società, ma ha anche una funzione religiosa, in quanto tutto il lessico della vita cristiana è un lessico ”familiare” e chi non sa cosa voglia dire Padre, Madre, Figlio, Sposa, Sposo non può comprendere la rivelazione cristiana. Non fare esperienza della famiglia naturale distrugge la società e soprattutto distrugge la Chiesa. In Argentina, come in tanti altri Paesi, si vuole che il cristianesimo sparisca, privandolo delle condizioni naturali per essere conosciuto e compreso.

Il processo di congedo dalla natura intrapreso dalle leggi che destrutturano la procreazione sessuata e la famiglia naturale si fonda su una concezione sbagliata della natura, cui si può rispondere solo con una battaglia culturale all’altezza della sfida in atto. La natura viene qui intesa come semplice dato biologico. La si considera quindi secondo la prospettiva positivista e materialista. Il dato biologico, preso solo come tale, non può esprimere una forma ed essere fonte di una identità. Esso è semplicemente un fenomeno conseguente ad una catena di causalità deterministiche. Ma la natura ha anche un altro significato, cui si accede solo con una razionalità non di tipo positivistico. L’identità sessuata, che ha anche una imprescindibile base materiale, non si limita ad essa ma esprime una forma dell’essere persona. Siccome siamo forme incarnate, l’essere uomo e l’essere donna non può non esprimersi anche in termini fisiologici, ma non si riduce ai soli aspetti fisiologici. Questa dimensione risulta ad una visione metafisica della persona. Da ciò si capisce che gli attori della Dottrina sociale della Chiesa non possono trascurare questa dimensione del confronto culturale. Piegare la Dottrina sociale della Chiesa sulle sole scienze sociali non è sufficiente per poter condurre questa battaglia contro la colonizzazione della natura umana.

Con la Caritas in veritate di Benedetto XVI tutti questi temi sono entrati ufficialmente nella Dottrina sociale della Chiesa. L’attenzione degli addetti ai lavori però è ancora maggiormente concentrata su temi sociali più tradizionali. Il popolo cristiano è poco informato su queste sfide. Una militanza diffusa contro queste tendenze è difficile da attuarsi. Si sente la necessità di un cambiamento di strategia che riveda le priorità. Questi temi, infatti, condizionano anche tutti gli altri. E’ questo il motivo per cui nella sezione “L’intervento dell’anno” abbiamo pubblicato un articolo di S. E. Mons. Crepaldi sui cosiddetti “principi non negoziabili”, che hanno un valore strategico proprio nel combattere le nuove ideologie radicali del genere e della distruzione della famiglia. Essi non sono solo dei valori, sono dei principi, ossia delle luci orientative. Gli attori della Dottrina sociale della Chiesa li dovrebbero assumere come prioritari senza ambiguità. Ne dovrebbero trattare non solo come argomenti settoriali, ma come luci che illuminano l’intera convivenza. Li dovrebbero promuovere e mobilitare le coscienze al loro rispetto e alla lotta pacifica contro chi li vuole eliminare.

Può sembrare, da queste nostre parole, che il futuro della fede cristiana dipenda dalla tenuta della dimensione naturale nella procreazione e nella famiglia e nella cultura che ne consegue. In realtà è vero il contrario: è il futuro della dimensione naturale del bene umano che dipende dalla fede cristiana. Quando gli uomini si allontanano da Cristo, perdono anche di vista il loro autentico bene sul piano naturale. E’ per questo che l’impegno deve certamente essere culturale, legislativo, politico perché la procreazione naturale, la famiglia e l’accoglienza della vita non siano ridotte a funzioni, ma siano viste come espressioni dell’essere della persona, nella complementarietà irriducibile di maschio e di femmina, ma senza illudersi che questo diventi possibile senza una profonda vita di fede e senza una nuova missionarietà religiosa, che oggi si suol chiamare nuova evangelizzazione.

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NOTE

1 Flavio Felice, Direttore dell’Area Internazionale di Ricerca “Caritas in Veritate” della Pontificia Università Lateranense, Roma.

Stefano Fontana, Direttore dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale
della Chiesa, Trieste.

Fernando Fuentes Alcantara, Direttore della Fundación Pablo VI, Madrid.

Daniel Passaniti, Direttore esecutivo CIES-Fundación Aletheia, Buenos Aires.

Manuel Ugarte Cornejo, Direttore del Centro de Pensamiento Social Católico della Universidad San Pablo di Arequipa, Perù.

(La prima parte è stata pubblicata ieri, domenica 23 dicembre 2012)

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ZENIT Staff

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