La Chiesa: nuovo cerchio di solidarietà del genere umano

Omelia della Messa in memoria di padre Joseph Wresinski e di Alwine de Vos van Steenwijk

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ROMA, martedì, 14 febbraio 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo l’omelia di monsignor Barthélemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, pronunciata durante la Messa celebrata domenica 12 febbraio nella basilica del Laterano in memoria di padre Joseph Wresinski (12 febbraio 1917-14 febbraio 1988), fondatore del Movimento Internazionale ATD Quarto Mondo, e di Alwine de Vos van Steenwijk, la presidentessa onoraria del Movimento scomparsa il 24 gennaio scorso.

***

VI Domenica del Tempo Ordinario
12 febbraio 2012
Basilica del Laterano

Testi: Lev 13, 1-2, 45-46 – 1Cor 10, 31-11, 1 – Mc 1,40-45

Fratelli e Sorelle in Cristo,

I testi di questa domenica ci portano a meditare sulla più terribile delle esclusioni sociali che il popolo di Dio dell’Antico Testamento abbia conosciuto: la lebbra.

Il primo testo ci dice che il malato stesso doveva escludersi suonando una campanella e gridando ad alta voce la sua esclusione: “Impuro, Impuro”.

Avendo dovuto denunciare per tanto tempo la sua auto-esclusione, il lebbroso del Vangelo secondo San Marco, una volta guarito, è stato talmente felice di ritrovarsi in buona salute che, invece di continuare ad annunciare la sua esclusione fino al riconoscimento ufficiale da parte del sacerdote e all’offerta per la purificazione, si è messo a proclamare la sua appartenenza alla comunità umana, la fine della sua esclusione.

Ma che cosa è accaduto in realtà? San Marco ci mostra un malato audace. Invece di tenersi lontano e di gridare la sua impurità, questo lebbroso, mosso dalla fede, si avvicinò a Gesù, lo supplicò in ginocchio, dicendo: “ Se tu vuoi, puoi purificarmi”. Dinanzi a tale fede audace, Gesù, l’Amore di Dio diventato amore umano, ebbe compassione, poi tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!”. È quindi l’Amore che si fa cuore compassionevole; è Lui che fa tendere la mano, è Lui che fa toccare il malato. L’incontro della fede viva e dell’Amore commosso e diventato compassione produce la felicità della salvezza, che abolisce l’esclusione. Questa salvezza può anche tradursi in salute fisica, in guarigione che elimina l’esclusione.

Il Vangelo ci riferisce tanti altri eventi di abolizione di esclusione. Levi/Matteo, Zaccheo, noti pubblicani, furono liberati dalla loro esclusione grazie a Gesù, in un ambiente di festa e di gioia, dando scandalo a quelli che lo escludevano, i farisei che si ritenevano giusti. La donna peccatrice pubblica che fu condotta da Gesù, per essere lapidata e, così definitivamente esclusa dalla società dei buoni, si vedrà anch’essa redenta da Gesù, dalla morte non soltanto sociale ma fisica che la minacciava: “Donna, nessuno ti ha condannata? – Nessuno, Signore! – Neanch’io ti condanno. Va’ e non peccare più!”.

Il Vangelo ci insegna che Gesù passava facendo il bene. Ciò vuol dire che Egli prendeva su di sé le nostre malattie fisiche, sociali e morali, per liberarci, per purificarci, per restituirci il nostro volto di bellezza voluto dal Padre, che ci ha creati a sua immagine per essere a sua somiglianza. Il lebbroso di questo brano del Vangelo secondo Marco è per noi un esempio di fede audace che dobbiamo tutti portare incontro a Cristo che continua ancora oggi ad attirare a Sé ogni uomo, ogni donna, di qualsiasi condizione.

Dopo quest’annuncio intempestivo della sua guarigione da parte del lebbroso, Gesù non poteva più andare apertamente nelle città, ma se ne teneva fuori, in luoghi deserti. Ciò preannuncia il momento dell’esclusione di Gesù dalla città di Gerusalemme, quando sarà crocefisso, come ci dice il Vangelo, “fuori dalla città”. Sulla croce, totalmente sfigurato dalle torture, Egli promette di attirare a sé tutti gli uomini per costituire un nuovo cerchio di solidarietà tra fratelli e sorelle riconciliati della Nuova Umanità.

Lo sappiamo bene, questo nuovo cerchio di solidarietà del genere umano è la Chiesa. In essa ciascuno è membro attivo della relazione, della rete di solidarietà. J. Wresinski di cui commemoriamo il ritorno definitivo alla fonte dell’Amore da cui noi tutti siamo nati, si era lui stesso distaccato, per la medesima forza della compassione che animava Gesù, il suo Maestro e Signore, per andare a toccare i nuovi esclusi del nostro tempo e della nostra società, materialmente ricca, ma senza cuore e senza compassione e che precipita ogni giorno un po’ più nella miseria, per costituire il Quarto Mondo.

Giuseppe voleva rompere il canale attraverso il quale si formava il volto grigio e cupo dei più emarginati dalla società dell’abbondanza e della sovrabbondanza. Attingendo con la sua intelligenza al cuore compassionevole di Gesù, ha voluto mobilitare ed ha mobilitato effettivamente il “possibile” che giace sotto le macerie della nostra umanità, feroce nella sua demolizione del fratello, della sorella, nel nome del danaro e dei beni materiali, che si cerca di accaparrare ad ogni costo. Questo “possibile” è la creatività dell’uomo che rimane inalienabile da lui in quanto immagine di Dio.

Giuseppe sapeva soprattutto appoggiarsi sulla grazia battesimale che “ci ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Con questa leva, sapeva di poter sollevare il Quarto Mondo e di portarlo al di sopra del nostro mondo miserabile perché senza compassione, nella nuova civiltà che mette la persona umana al centro di se stessa.

Tutti noi qui presenti siamo affascinati da questo nuovo distacco dei discepoli di Cristo, di cui Giuseppe è la testa di ponte, e ci troviamo alla sorgente stessa, alla quale egli ha attinto senza sosta, perché possiamo diventare capaci di fare ciò che egli ha fatto, anzi fare di più, grazie alla mondializzazione della solidarietà. Siamo alle sorgenti della compassione, Gesù di Nazareth, che ancora oggi continua a toccare, non soltanto i lebbrosi, ma anche tutti gli esclusi, per fare un mondo nuovo, nuovo perché mosso dal didentro da un’umanità nuova.

Giuseppe era figlio della Chiesa famiglia di Dio. Era membro del Corpo Fraterno di Cristo, principio divino di solidarietà senza frontiere. Era interiormente mosso dallo Spirito di Cristo, che riconcilia l’umanità con se stessa e con Dio, e che fa l’unità del primo, del secondo, del terzo e del quarto mondo. Dio, che ha creato un’unica umanità, ci ha anche assegnato il compito di costruire un mondo degno di Lui e della sua immagine che siamo noi. Ma abbiamo diviso e frammentato questo mondo. È urgente di rifarlo uno a favore del povero come del ricco.

L’aspirazione del nostro tempo al dialogo, alla comunione delle culture è un’aspirazione a costruire insieme una civiltà solidale. Giuseppe, un cristiano in senso stretto, si era impegnato molto presto nell’edificazione di questa civiltà, attingendo le sue risorse al cuore di Gesù, che è l’icona nel tempo del Grande Cuore del Padre Eterno, cuore che batte a ritmo da gigante per dare impulso alla vita nel mondo. Il cuore di Dio, il cuore di Gesù, il cuore di Giuseppe, sono dei cuori compassionevoli. E i nostri cuori, possono rimanere senza compassione?……..

La nostra celebrazione dell’Eucaristia è azione di grazie a Dio nostro Padre per il cuore compassionevole del suo Figlio Gesù di Nazareth. La grazia che chiediamo oggi è di saperci lasciar toccare, come nostro fratello Giuseppe, da quella potenza rivoluzionaria dell’amore che è la compassione. Sapremo allora mobilitare la nostra “immaginazione di carità”, come ci chiedeva già il Beato Giovanni Paolo II, all’inizio del nuovo millennio, per affrettare l’avvento di un mondo nuovo: unificato dall’amore, perché avrà scelto di ricominciare dal cuore amante e compassionevole come principio di un mondo unificato.

Gesù, nostro Signore, nostro Fratello e nostro Amico, ha fatto dei due, – dell’ebreo e del pagano che si escludevano a vicenda -, “un solo uomo”.
È Lui che ha permesso a Giuseppe di iniziare a fare dei “ Quattro Mondi” “un” mondo unico. Possa Cristo concedere a ciascuno di noi la grazia di seguire le sue orme per portare, con tutta la generosità di cui i nostri cuori, mossi dalla sua generosità, saranno capaci, il nostro contributo all’edificazione di un mondo riconciliato, giusto, buono a vivere per tutti, e pacifico, Amen!

+ Barthélemy ADOUKONOU
Segretario del Pontificio Consiglio della Cultura

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione