La Chiesa, luogo dove si celebra la risposta all'amore e all'alleanza di Dio

Lectio Divina per domenica 9 novembre, Dedicazione della Basilica Lateranense

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per domenica 9 novembre, Dedicazione della Basilica Lateranense.

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Rito Romano

Dedicazione della Basilica Lateranense

Ez 47, 1-2.8-9.12; Sal 45; 1Cor 3,9-11.16-17; Gv 2, 13-22

Rito Ambrosiano

Ultima Domenica dell’Anno Liturgico – Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

2 Sam 7,1-6.8-9.12-14a.16-17; Sal 44; Col 1,9b-14; Gv 18,33c-37

1) La Chiesa è casa nostra

Oggi si sarebbe dovuta celebrare la XXXII Domenica del Tempo ordinario. Poiché, quest’anno (2014), la domenica cade il 9 novembre1, la Liturgia ci chiede di solennizzare la dedicazione della chiesa-madre di Roma, la Basilica Lateranense, consacrata inizialmente al Santissimo Salvatore e in seguito anche ai santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista.

Le letture della Messa di oggi ci aiutano a cercare un rapporto vero e profondo di amore con il Signore, che si fa incontrare nelle chiese-templi di pietra, dedicati all’incontro con Lui, e specialmente in Cristo “Tempio del Dio vivente” e nella Chiesa edificata da noi. Tuttavia, prima di riflettere brevemente su tali testi, credo sia utile farsi questa domanda: “Perché è importante per i cristiani celebrare la dedicazione di una chiesa e l’esistenza stessa della chiesa, intesa come luogo di culto?” Per rispondere prendo spunto da queste parole del Vangelo: “È venuto il momento, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre cerca tali adoratori”.

Però, queste parole fanno sorgere altre domande, quali: “A che titolo, allora, noi cristiani diamo tanta importanza alla chiesa di pietra, se ognuno di noi può adorare il Padre in spirito e verità nel proprio cuore, o nella sua casa? Perché questo obbligo di andare in chiesa ogni domenica?”.

La risposta è che Gesù Cristo non ci salva separatamente gli uni dagli altri. Lui è venuto a formarsi un popolo, una comunità di persone, che sono in comunione con Lui e tra di loro.

In effetti, è da tener presente che da sempre l’uomo religioso ha cercato in tutti i modi rendere presente e visibile la divinità, anche quando la fede affermava che si trattava di un Dio invisibile ed inaccessibile alle umane facoltà. Il Popolo eletto, per volere divino, costruì il famoso tempio di Gerusalemme per dare una dimora a Dio, godere della sua presenza e testimoniare la reciproca fedeltà all’alleanza. Nella cristianità, la chiesa di mura, quale nuovo tempio del Dio tra noi, ha assunto un significato più profondo: è il luogo, dove i fedeli celebrano, in comunione di fede, i divini misteri. E’ il luogo, dove Dio stesso si rende presente in mezzo a noi per intessere un dialogo perenne con noi, suoi figli, e dove, sotto le specie eucaristiche, ci nutre con il suo corpo e il suo sangue. È il luogo dove i misteri divini si svelano nelle celebrazioni liturgiche e dove la chiesa come edificio rende visibile la Chiesa vera, quella intesa come comunione di fedeli che, in Cristo, sperimentano la fraternità. È perciò anche il luogo della festa, che trova la più alta espressione nella celebrazione eucaristica, memoriale della morte e risurrezione del Signore.

Fin dalle prime lezioni di catechismo abbiamo imparato che con il battesimo ognuno di noi è diventato tempio di Dio e che Gesù ha insegnato che il tempio di Dio è, innanzitutto, il cuore dell’uomo che ha accolto la sua parola. Riferendosi a sé e al Padre suo celeste disse di ogni credente cristiano: “Noi verremo in lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23) e San Paolo scrive ai cristiani di Corinto: “Non sapete che voi siete il tempio di Dio?” (1 Cor 3, 16). Se, dunque, il tempio di Dio è il credente, non va dimenticato che il luogo della presenza di Dio e di Cristo è anche quello, “dove due o più sono riuniti nel suo nome” (Mt 18, 20). Dal Concilio Vaticano II la famiglia cristiana è chiamata “chiesa domestica” (Lumen gentium, 11), cioè divino tempio di famiglia, proprio perché, grazie al sacramento del matrimonio, essa è, per eccellenza, il luogo in cui “due o più” sono riuniti nel suo nome e lì c’è Lui.

2) La Chiesa luogo di una Presenza.

Ormai il “luogo” nuovo in cui adorare il Padre è il corpo del Cristo risorto. Già l’accennava Gesù stesso nella discussione con i giudei, offesi grandemente per aver scacciato dal tempio i venditori di animali e cambiavalute. Come si legge nel Vangelo di oggi, gli Ebrei chiedevano un segno che spiegasse perché il Messia avesse fatto quel gesto così violento. E Gesù rispose con un segno profetico: “Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo, così ricordarono i discepoli dopo la sua risurrezione. Nel colloquio con la donna samaritana riaffiora il medesimo concetto. Alla domanda dove si doveva adorare Dio: sul monte Garizim o in Gerusalemme, Gesù, pur sapendo che la salvezza verrà dai giudei, si mette al di sopra di quelle questioni. Il luogo in cui l’uomo può entrare in contatto con Dio non è il monte Sion a Gerusalemme in Giudea, né il monte Garizim in Samaria, ma la persona di Gesù, che ha dedicato il suo Corpo sulla Croce e da allora ogni altare è monte sacrificale. “E’ giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (cfr. Vangelo di oggi). Dio è Spirito e Vita, come è Amore e Luce. I suoi adoratori non si prostrano con sacrifici di sangue e di animali bruciati (olocausti), ma si elevano a lui in Spirito, come figli amati che sanno amare.

3) Festa di Cristo e nostra.

Quella di oggi è una festa del Figlio di Dio che si è fatto uomo, ha messo la sua tenda – il suo corpo – tra noi. Le Chiese di pietra sono un segno di questa sua presenza: è lui che ci parla, dà se stesso in cibo, presiede la comunità raccolta in preghiera. Nella festa della dedicazione della Basilica Lateranense, ogni comunità locale, oltre a esprimere la propria comunione con la Sede di Pietro, ricorda e celebra anche la dedicazione della propria chiesa locale, piccola o grande che sia. Gesù insegna che il tempio di Dio è, innanzitutto, il cuore dell’uomo che accoglie la sua Parola. E ogni qual volta questa Parola sarà accolta, dice Gesù: “Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

Dunque, non è una festa strana quella di oggi, anche se sembra onorare delle “mura” antiche e importanti, quelle della Basilica di San Giovanni in Laterano, mentre le letture della Messa ci invitano a spostare l’attenzione sul loro significato simbolico. Certo, questa festa ci ricorda il valore simbolico di questa particolare Cattedrale, che ci rimanda alla Cattedra di Pietro e dei suoi successori, i Papi, come punto di riferimento e garanti dell’unità della fede. Tuttavia oggi celebriamo, soprattutto, la Chiesa quale edificio spirituale, di cui, come ci ricorda San Paolo nella seconda lettura, siamo noi le pietre vive, costruite sopra il fondamento che è Cristo.

“Se casa di Dio siamo noi stessi, noi veniamo edificati in questa vita per essere dedicati alla fine del tempo. L’edificio o, meglio, la costruzione comporta fatica, la dedicazione è motivo di gioia. Quello che si è verificato mentre la chiesa veniva costruita, avviene ora che i credenti si sono radunati in Cristo. Come dal legno dei boschi e dalla pietre dei monti è nata la chiesa, dal battesimo e dalla catechesi le pietre vive sono state sgrossate, squadrate, levigata quasi trovandosi in mani di muratori e di artigiani” (S. Agostino, Serm. 336, In dedicatione Ecclesiae).

Le Vergine consacrate nel mondo vivono con particolare intensità questa dedicazione, offrendosi corpo e an
ima completamente a Cristo sull’esempio della Vergine Maria, Madre della Chiesa. La Madonna fu la prima tenda del Verbo di Dio, colei che, per prima e in modo unico, diede corpo al Corpo di Cristo. Suggerisco quindi di chiedere a Maria Santissima di poter custodire fedelmente nel nostro cuore Colui Che lei custodì anche sotto il suo cuore. La nostra preghiera alla Madonna e l’esempio delle Vergini consacrate ci aiuterà ad abbandonarci allo Spirito, perché soltanto nell’abbandono allo Spirito Santo si compie il mistero di questo prolungamento dell’Incarnazione che è la vita cristiana, di questo prolungamento di Incarnazione divina, che è il mistero stesso della Chiesa e della santità di ciascuno di noi.

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NOTE

1 Oggi, la liturgia celebra la ‘Dedicazione della Basilica Lateranense’, costruita dall’imperatore Costantino, sul colle Laterano e, a quanto risulta, questa festa, già dal XII secolo era celebrata il 9 novembre. Inizialmente fu una festa solo della città di Roma. In seguito la celebrazione fu estesa a tutte le Chiese dell’Urbe e dell’Orbe, come segno di comunione e di unità verso la cattedra di Pietro che, secondo S. Ignazio di Antiochia, ‘presiede a tutta l’assemblea della carità’ e, secondo S. Clemente di Alessandria, ‘presiede alla verità’.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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