La Chiesa italiana e la custodia del creato

di monsignor Angelo Casile*

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ROMA, giovedì, 26 agosto 2010 (ZENIT.org).- Il 1° settembre la Chiesa in Italia celebra la 5ª Giornata per la salvaguardia del creato. È una giornata da vivere «in spirito di fraternità ecumenica, nel dialogo e nella preghiera comune con i fratelli delle altre confessioni cristiane, uniti nella custodia della creazione di Dio» (Messaggio Custodire il creato, per coltivare la pace, 1° settembre 2010).

Mi sembra molto bello interpretare il “salvaguardare” con il “custodire”, che richiama il coltivare e il custodire della Genesi, il promuovere e il proteggere, e non solo la preoccupazione a non rovinare qualcosa. L’approccio cristiano alle tematiche ambientali parla anzitutto di creato, perché riconosce in Dio Padre, il Creatore del cielo e della terra, come professiamo nel Credo. Il creato è dono di Dio per la vita di tutti gli uomini, «e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità verso i poveri, le generazioni future e l’umanità intera» (Caritas in veritate, n. 48). A motivare il nostro impegno per il creato è la passione verso l’uomo, la ricerca della solidarietà a livello mondiale, ispirata dai valori della carità, della giustizia e del bene comune, vissuti nella fede e nell’amore di Dio.

La custodia del creato riveste particolare rilevanza, anche perché «la creazione è l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 198). L’enciclica Caritas in veritate (CV) nei numeri 48-51, si sofferma sulla responsabilità per il creato della Chiesa. Tale responsabilità consiste nel difendere «la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti» e «proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso… Il degrado della natura è infatti strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana: quando l’“ecologia umana” è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio». Infatti, «il libro della natura è uno e indivisibile, sul versante dell’ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale» (CV 51). Se si avvilisce la persona, si sconvolge l’ambiente e si danneggia la società, è necessario quindi educarci ad una responsabilità ecologica che «affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’amore per il prossimo e al rispetto della natura» (CV 12).

Il credente guarda alla natura con riconoscenza e gratitudine verso Dio, per questo non la considera un tabù intoccabile o tanto meno ne abusa con spregiudicatezza. «Ambedue questi atteggiamenti non sono conformi alla visione cristiana della natura, frutto della creazione di Dio» (CV 48).

L’approccio cristiano mette Dio creatore al primo posto, l’uomo come prima creatura e il creato come dono di Dio all’uomo, perché nel creato l’uomo, ogni uomo, tutto l’uomo si sviluppi e faccia sviluppare il creato stesso in tutte le sue componenti: uomini, animali, piante,… la visione cristiana è il camminare insieme dell’uomo e dell’ambiente verso Dio.

Nel messaggio Custodire il creato, per coltivare la pace in occasione della 5ª Giornata per la salvaguardia del creato, i Vescovi ci invitano ad «accogliere e approfondire, inserendolo nel suo agire pastorale, il profondo legame che intercorre fra la convivenza umana e la custodia della terra». È un impegno prezioso per noi, per la nostra terra e per le future generazioni: «costruire la pace nella giustizia significa infatti orientarsi serenamente a stili di vita personali e comunitari più sobri, evitando i consumi superflui e privilegiando le energie rinnovabili. È un’indicazione da realizzare a tutti i livelli, secondo una logica di sussidiarietà: ogni soggetto è invitato a farsi operatore di pace nella responsabilità per il creato, operando con coerenza negli ambiti che gli sono propri».

Promuovere nuovi stili di vita attenti al creato

Per manifestare la propria attenzione nei confronti del creato e per promuovere sempre maggiore attenzione sui temi ecologici, la Chiesa italiana celebra ogni anno, il 1° settembre la Giornata per la custodia del creato che ha anche risvolti ecumenici, e la seconda Domenica di Novembre la Giornata del ringraziamento per i doni della terra. Sono due momenti particolarmente vissuti dalle Diocesi e dalle Associazioni laicali molto sensibili a questi temi.

L’azione dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro è prevalentemente di evangelizzazione, nella convinzione che il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa possiedono una forte connotazione educativa, che favorisce la crescita di una cultura attenta all’ambiente, rispettosa della persona, della famiglia, dello sviluppo e di una civiltà dell’amore cristiano capace di custodire con tenerezza il creato.

L’obiettivo generale è quello di promuovere un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita, “nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, n. 36)». La tradizione cristiana ha grandi risorse da valorizzare in quest’ambito e già esistono importanti esperienze che l’attualizzano nella vita delle nostre diocesi, penso alla “Rete Interdiocesana Stili di Vita”, coordinata da p. Adriano Sella della pastorale sociale di Padova.

Obiettivi particolari si concretizzano nel riflettere, aiutati da esperti teologi, sul rapporto vitale tra l’uomo, l’ambiente e Dio, nell’ottica della responsabilità di ciascuno; nella promozione di nuovi stili di vita che utilizzano con maggior sobrietà le risorse energetiche, per contenere le emissioni di gas serra, ma anche per la vivibilità delle nostre città; nella diffusione di studi sul miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, anche per gli spazi delle nostre comunità, riprendendo il convegno realizzato del marzo 2007; sulla possibilità di far avanzare la ricerca di energie alternative e la promozione dell’energia eolica, solare e geotermica per il riscaldamento e l’illuminazione; sul sostenere e praticare nelle nostre comunità la raccolta differenziata dei rifiuti, il riuso dell’usato.

Il degrado ambientale che spesso notiamo attorno a noi, «chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi, gli stili di vita e i modelli di consumo e di produzione attualmente dominanti, spesso insostenibili dal punto di vista sociale, ambientale e finanche economico» (Benedetto XVI, Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato, 11). È sempre più «necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita, “nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 36)» (CV 51).

Se si avvilisce la persona, si sconvolge l’ambiente e si danneggia la società, è necessario quindi educarci a una responsabilità ecologica che «affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’amore per il prossimo e al rispetto della natura» (Benedetto XVI, Se vuoi coltivare la pace…, n. 12).

Il “dovere gravissimo” del custodire il creato

Benedetto XVI nella Caritas in veritate ci invita ad «avvertire come dovere gravissimo quello di
consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla e ulteriormente coltivarla» (n. 50). L’espressione “dovere gravissimo” esprime una qualifica etico-teologica molto forte, che il Concilio Vaticano II usa per esprimere l’obbligo dell’educazione che i genitori hanno nei confronti dei loro figli, della solidarietà che le nazioni ricche hanno verso i popoli in via di sviluppo, della promozione della pace in tutti gli uomini.

Il nostro lavoro deve svolgersi nel rispetto dell’ambiente che il Signore ci ha donato: «C’è spazio per tutti su questa nostra terra: su di essa l’intera famiglia umana deve trovare le risorse necessarie per vivere dignitosamente, con l’aiuto della natura stessa, dono di Dio ai suoi figli, e con l’impegno del proprio lavoro e della propria inventiva». Abbiamo il dovere gravissimo «di consegnare la terra alle nuove generazioni» affinché «possano degnamente abitarla e ulteriormente coltivarla». Ciò è possibile solo rafforzando «quell’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino» (Ivi).

Anche i Vescovi italiani nel loro ultimo documento Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno notano gli «accenti di particolare gravità» che «ha assunto la questione ecologica… stravolgimento del mondo dell’agricoltura… sfruttamento del territorio… fenomeno delle ecomafie» (n. 5), e ci invitano a promuovere una «cultura del bene comune, della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione e della sana impresa nel rifiuto dell’illegalità» (n. 16).

«La questione ecologica non va affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila all’orizzonte; a motivarla deve essere soprattutto la ricerca di un’autentica solidarietà a dimensione mondiale, ispirata dai valori della carità, della giustizia e del bene comune» (Benedetto XVI, Se vuoi coltivare la pace…, 10). Per tale motivo è indispensabile che l’umanità rinnovi e «rafforzi quell’alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino» (CV 50).

Custodire «l’ambiente naturale per costruire un mondo di pace è, pertanto, dovere di ogni persona. Ecco una sfida urgente da affrontare con rinnovato e corale impegno; ecco una provvidenziale opportunità per consegnare alle nuove generazioni la prospettiva di un futuro migliore per tutti» (Benedetto XVI, Se <i>vuoi coltivare la pace…, 14).

È necessario educarci ed educare a una grande attenzione nei confronti del creato, pensando che esiste una grande reciprocità tra noi, il creato e Dio, anzi «nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi» (Ibidem, n. 13).

* Monsignor Angelo Casile è direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro.

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ZENIT Staff

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