La catechesi nel contesto della Nuova Evangelizzazione (Prima parte)

Relazione di monsignor Fisichella al Congresso Internazionale di Catechesi

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Riprendiamo oggi la prima parte della relazione tenuta giovedì 26 settembre da monsignor Rino Fisichella al Congresso Internazionale di Catechesi.

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            La tematica che si nasconde dietro i due termini in questione –nuova evangelizzazione e catechesi- è stata affrontata diverse volte, in sedi prestigiose e in documenti che segnano la storia della catechesi. Da parte nostra, l’obiettivo che ci poniamo è solo quello di evidenziare la problematica sottesa e i possibili percorsi che si potrebbero delineare nel prossimo futuro. Mi piace porre queste considerazioni nello scenario della Evangelii nuntiandi di Paolo VI, perché di fatto esprime la messa a fuoco della problematica nell’immediato post concilio: “Una via da non trascurare nella evangelizzazione è quella dell’insegnamento catechetico. L’intelligenza, soprattutto quella dei fanciulli e degli adolescenti, ha bisogno di apprendere, mediante un insegnamento religioso sistematico, i dati fondamentali, il contenuto vivo della verità che Dio ha voluto trasmetterci e che la Chiesa ha cercato di esprimere in maniera sempre più ricca, nel corso della sua lunga storia. Che questo insegnamento debba essere impartito per formare abitudini di vita cristiana e non per rimanere solamente intellettuale, nessuno lo contesterà. Certamente, lo sforzo di evangelizzazione trarrà un grande profitto, sul piano dell’insegnamento catechetico” (En 44). Per entrare più direttamente nel merito di questo testo programmatico è bene ricordare, in primo luogo, il contesto all’interno del quale si sviluppa la riflessione dell’Esortazione apostolica. Il Papa, infatti, individuava alcune vie privilegiate all’interno delle quali era necessario svolgere l’opera di evangelizzazione. L’attenzione era rivolta sul “come” evangelizzare (En 40) [1]. Egli poneva, anzitutto, la testimonianza come primo segno di ogni genuina opera evangelizzatrice [2]. E’ in questo contesto che si trova l’espressione divenuta paradigmatica: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni” (En 41). Aggiungeva, comunque, che l’annuncio era la condizione determinante per l’efficacia dell’evangelizzazione, anche se ricordava subito quanto fosse importante considerare la nuova cultura all’orizzonte che prendeva sempre più spazio e di cui oggi noi vediamo i risultati. Il Papa parlava della “cultura dell’immagine” che prendeva il predominio su quella della parola [3]. Su questo scenario dell’annuncio, Paolo VI poneva il primato della Parola di Dio, soprattutto nello spazio della liturgia sottolineando quanto fosse essenziale prestare tutta la dovuta attenzione all’omelia perché recuperasse la sua piena efficacia pastorale proprio in vista dell’evangelizzazione [4].

La ricostruzione di questo contesto permette di vedere la catechesi inserita all’interno del servizio dovuto in primo luogo alla Parola di Dio che viene annunciata, come una tappa peculiare dell’evangelizzazione. Dimenticare questo aspetto rischia di snaturare la stessa catechesi e renderla non conforme al piano pastorale della Chiesa e, quindi, impoverire l’impegno di evangelizzazione.

            Questa dimensione, comunque, porta a individuare un ulteriore aspetto che vede il primato dell’evangelizzazione sulla catechesi. La cosa può sembrare ovvia, ma porta con sé alcune conseguenze che meritano di essere considerate. Prima di tutto, il fatto che se si modifica il concetto fondante di conseguenza anche il secondo termine di riferimento viene trascinato in un processo di cambiamento. Pensare, pertanto, che la Chiesa intraprenda un cammino di nuova evangelizzazione e che la catechesi permanga con le stesse caratteristiche del passato –sebbene recente- è un pericolo da evitare. La relazione che porta a unire “nuova evangelizzazione” e “catechesi”, comporta necessariamente l’esigenza di una rinnovata interpretazione del processo catechetico letto alla luce della nuova evangelizzazione; quindi come strumento a servizio della comunità cristiana per incontrare i credenti e quanti sono in ricerca del senso della vita. Per i primi, non sarà da sottovalutare l’esigenza di una catechesi che si esprima e sviluppi in chiave missionaria per far comprendere a quanti sono parte attiva della comunità cristiana, l’esigenza di recuperare la forza dell’annuncio. Per i secondi, essa può diventare un vero strumento di “annuncio” –a volte “primo annuncio”- per recepire progressivamente la novità della fede e la sua importanza per la vita. Per usare le parole di Papa Francesco: “L’azione di Cristo ci tocca nella nostra realtà personale, trasformandoci radicalmente, rendendoci figli adottivi di Dio, partecipi della natura divina; modifica così tutti i nostri rapporti, la nostra situazione concreta nel mondo e nel cosmo, aprendoli alla sua stessa vita di comunione. Questo dinamismo di trasformazione proprio del Battesimo ci aiuta a cogliere l’importanza del catecumenato, che oggi, anche nelle società di antiche radici cristiane, nelle quali un numero crescente di adulti si avvicina al sacramento battesimale, riveste un’importanza singolare per la nuova evangelizzazione. È la strada di preparazione al Battesimo, alla trasformazione dell’intera esistenza in Cristo” (Lf 42).

            La Chiesa ha sempre evangelizzato. Evangelizzare non è uno dei tanti compiti che il Signore Gesù le ha affidato, è la stessa natura della Chiesa. Senza evangelizzazione non c’è Chiesa. La drasticità dell’espressione evidenzia l’essenza della questione teologica. A partire dalla missione di evangelizzare è nato nel recente passato il richiamo a una “nuova evangelizzazione” [5] come responsabilità che la Chiesa è chiamata ad assumere a seguito di un modificato clima culturale che vede in modo particolare i Paesi di antica tradizione cristiana sottoposti a una radicale trasformazione. Ciò che si può costatare è la consapevolezza del nostro contemporaneo di essere entrato ormai nella fase dell’età matura e quindi di aver raggiunto la libertà per essere autonomo e responsabile in ogni condizione personale, sociale e religiosa del suo vivere. Questa condizione diventa ancora più evidente per la complessità dei rapporti che il mondo odierno vive alla luce della globalizzazione e della rapidità delle informazioni da essere ormai in contemporanea da una parte all’altra del pianeta. Le innumerevoli possibilità di dominare e modificare la natura, le quotidiane conquiste della scienza e della tecnica, unite al pluralismo delle opinioni ormai di fatto incontrollabile, lontano dall’aver irrobustito il nostro contemporaneo, lo hanno fortemente indebolito nella sua identità. Paradossalmente, la consapevolezza della maggiore età è obbligata a coniugarsi con l’esperienza della precarietà. La mole di informazioni e conoscenze in cui è inabissato lo rendono più smarrito nella ricerca della verità sulla propria vita e sulla progettualità per il suo futuro [6].

            Il credente non è immune da questo contesto culturale. Ciò che ne è derivato è sotto i nostri occhi. Appare in modo evidente il distacco dalla fede battesimale che si esprime in molti modi: l’analfabetismo religioso, esteso anche a credenti che nella vita professionale occupano posti di rilievo culturale; mancanza di identità credente, che trova riscontro in comportamenti spesso in netto contrasto con la fede; indifferenza verso la partecipazione alla vita della comunità con la conseguente perdita del senso di appartenenza alla Chiesa stessa; visione relativista dei contenuti della fede e della morale che prescindono dalla prospettiva della fede. Questo e tanto altro provoca a verificare lo stato di crisi della fede presso i battezzati in un
contesto sociale e culturale che nel passato era impregnato di fede cristiana e che oggi sembra dissolversi sempre più velocemente. Questa condizione è maggiormente visibile nei Paesi di antica tradizione cristiana –e, purtroppo, non più solo in quelli- dove è facile incontrarsi con persone che sono state plasmate dal cristianesimo per la cultura stessa in cui sono inseriti, ma che non hanno il coraggio di compiere la scelta di fede. La presenza in questi Paesi mostra anche tanti che non sono più neppure battezzati e molti che, pur battezzati, non sentono l’esigenza di confermare la fede o di ricevere il matrimonio cristiano.

(La seconda parte segue domani, domenica 29 settembre)

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NOTE

[1] “Ci basti, in questa riflessione, ricordare alcune vie che, per una ragione o per l’altra, hanno un’importanza fondamentale” (En 40).

[2] “La testimonianza di una vita autenticamente cristiana, abbandonata in Dio in una comunione che nulla deve interrompere, ma ugualmente donata al prossimo con uno zelo senza limiti, è il primo mezzo di evangelizzazione” (En 41).

[3] “Sappiamo bene che l’uomo moderno sazio di discorsi si mostra spesso stanco di ascoltare e, peggio ancora, immunizzato contro la parola. Conosciamo anche le idee di numerosi psicologi e sociologi, i quali affermano che l’uomo moderno ha superato la civiltà della parola, ormai inefficace ed inutile, e vive oggi nella civiltà dell’immagine. Questi fatti dovrebbero spingerci, certo, a mettere in opera nella trasmissione del messaggio evangelico i mezzi moderni escogitati da tale civiltà” (En 42).

[4] “Dal momento che la liturgia rinnovata dal Concilio ha molto valorizzato la «Liturgia della Parola», sarebbe un errore non vedere nell’omelia uno strumento valido ed adattissimo di evangelizzazione. Bisogna certo conoscere e mettere a profitto le esigenze e le possibilità dell’omelia perché essa acquisti tutta la sua efficacia pastorale. Bisogna, però, soprattutto esserne convinti e dedicarvisi con amore. Questa predicazione particolarmente inserita nella celebrazione eucaristica da cui riceve forza e vigore particolari, ha certamente un ruolo speciale nell’evangelizzazione, nella misura in cui esprime la fede profonda del ministro sacro che predica, ed è impregnata di amore” (En 43).

[5] Cfr R. Fisichella, La nuova evangelizzazione. Una sfida per uscire dall’indifferenza, Mondadori, Milano 2011.

[6] Cfr K. Rahner, Scienza e fede cristiana. Nuovi Saggi IX, Roma 1984, 165-169.

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ZENIT Staff

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