La bioetica cattolica del Terzo Millennio

Monsignor Anthony Fisher pubblica un saggio in Australia

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di padre John Flynn LC

ROMA, lunedì, 19 marzo 2012 (ZENIT.org) – Mentre le dispute su temi bioetici continuano a coinvolgere i mezzi di comunicazione, i Cattolici sono più che mai sotto pressione nella difesa delle loro posizioni, dall’aborto all’eutanasia, dal trapianto di organi alla libertà di coscienza.

Monsignor Anthony Fisher OP, ha recentemente pubblicato il suo nuovo saggio Catholic Bioethics for a New Millennium (Cambridge University Press), nel quale l’autore prova a spiegare e a difendere la posizione della Chiesa su un’ampia gamma di tematiche di bioetica.

Monsignor Fisher non è soltanto il vescovo di Paramatta, nei pressi di Sydney: è anche professore di Teologia morale e Bioetica all’Istituto Giovanni Paolo II per il Matrimonio e la Famiglia a Melbourne.

In tema di assistenza sanitaria e alla bioricerca, i risultati positivi sono molti, così ha riconosciuto nell’introduzione del suo ultimo libro. Eppure, quando si tocca l’etica, la mentalità di quello che Fisher definisce “l’imperativo tecnologico” è spesso presente. Si tratta, in sostanza, del dilemma su cosa si può o non si può fare. Gli oppositori di questa mentalitàvengonoquindi etichettati come oppositori del progresso.

Monsignor Fisher delinea un gran numero di linee-guida che possono essere prese in considerazione. Tra queste viene incluso il fatto che esistono obiettive verità sulla persona umana, che le persone posseggono un’intrinseca dignità, che le azioni umane sono spesso complesse, e che abbiamo una responsabilità nella protezione della vita.

Un capitolo è dedicato al tema della coscienza che non è, spiega monsignor Fisher, solo una forma di forte sentimento o di sincera opinione. La nostra coscienza, afferma il teologo, ha bisogno di essere guidata da obiettivi principali, altrimenti rischia di degenerare in mere espressioni delle nostre personali preferenze.

Coscienza informativa

L’insegnamento della Chiesa, prosegue Fisher, “non è una sorta di fonte esterna al pensiero etico a cui la coscienza privata può aggrapparsi. Esso, piuttosto, dà forma alla coscienza, un po’ come un’anima dà forma a un corpo, dandovi direzione dall’interno”.

Il nucleo del libro consiste in capitoli su specifici argomenti, ad esempio, su dove inizia la vita umana, sull’eutanasia, sui trapianti e sull’aborto.

Nel capitolo dedicato alle cellule staminali l’autore pone in evidenza l’esagerata montatura di tutte le cure promesse dalla ricerca sulle cellule staminali embrionali che, alla fine, si sono rivelate un bluff. Monsignor Fisher sottolinea che, ormai, persino Ian Wilmut, l’ideatore della pecora Dolly, ha abbandonato l’idea della clonazione umana e della ricerca sulle staminali embrionali e ha affermato che la via maestra è quella della riprogrammazione delle cellule staminali adulte.

Anche se le promesse sulle cellule staminali embrionali divenissero realtà, il capitolo successivo spiega la non-eticità del loro utilizzo, poiché l’embrione umano è davvero un uomo.

La Cristianità non è anti-scientifica, come qualcuno sentenzia, afferma monsignor Fisher: è vero il contrario; tuttavia essa difende la vita umana fin dai primi stadi.

“Una volta che i parlamenti, il business medico-sanitario o i laboratori individuali ci hanno portato sul terreno scivoloso dell’uccisione di qualcuno a beneficio di altri, ci troviamo lungo un sentiero che porta ad altri sviluppi che l’opinione pubblica di oggi non approverebbe”, ammonisce il teologo domenicano.

In un altro capitolo, venendo al tema dell’aborto e dei test genetici, monsignor Fisher ha affermato che l’enfasi posta sui diritti e sull’autonomia delle scelte non è di grande aiuto nel determinare le scelte. “La maternità non ha nulla a che vedere con la proprietà o con la competizione”, scrive il vescovo domenicano.

Parlando del presunto diritto all’aborto, non si tengono in considerazione le nostre relazioni con gli altri e le implicazioni delle nostre scelte per le vite degli altri e per il bene comune, osserva Fisher.

Quando si abortiscono embrioni che soffrono di qualsivoglia malformazione, monsignor Fisher riflette che, invece di chiederci se starebbero meglio morti e se la compassione sia la nostra reale preoccupazione, dovremmo assicurare ai bambini disabili la fruizione di trattamenti adeguati e di ogni forma di assistenza.

Senza questo sforzo, poi, invece della compassione, è più una questione di pregiudizio che deriva dallo screening prenatale e dall’aborto, ammonisce l’autore.

Segno di contraddizione

Nel suo capitolo sulla nutrizione artificiale per pazienti non autosufficienti, monsignor Fisher fornisce un’osservazione di carattere generale sulla bioetica cattolica. Il Cattolicesimo, osserva, si è opposto ai cambiamenti nelle attitudini della persona umana ed è diventato “segno di contraddizione”.

Tutto ciò è emerso, prosegue l’autore, per via dei cambiamenti nelle visioni filosofiche che oggi vedono la persona umana come un tipo di sistema funzionale.

Al contrario: “La cristianità tiene realisticamente conto della persona come un essere materiale, vivente, animale, razionale, libero, sociale, emotivo ed immortale ed offre, quindi, argomenti metafisici e biologici per questa personalità dal primo momento della sua esistenza, fino all’ultimo”.

L’autonomia non è la fonte del valore dell’uomo o dei valori, osserva l’autore, citando Giovanni Paolo II.

Due capitoli molto rilevanti esaminano il ruolo e le responsabilità degli ospedali cattolici e di come i politici cattolici dovrebbero agire nel contesto dei loro incarichi pubblici.

Pur trattandosi di un libro di alto profilo, le molte riflessioni di monsignor Fisher ne fanno una valida guida per i dibattiti bioetici di ogni giorno.

[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]

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ZENIT Staff

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