"L'uomo d'oggi tormentato dalla paura dell'avvenire, ha bisogno della Buona Novella" (Prima Parte)

Intervista al Card. Péter Erdő, Primate d’Ungheria e Presidente della CCEE

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di Viktoria Somogyi

CITTA‘ DEL VATICANO, mercoledì, 31 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, Ungheria, ha partecipato al Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione, che si è concluso domenica il 28 ottobre. Sul finire dell’assise sinodale il porporato ungherese ha concesso a ZENIT la seguente intervista.

Eminenza, Lei sostiene che la scristianizzazione non è solo un percorso spontaneo ma che è accelerata dai mass media, dalla propagazione dei cosiddetti diritti umani di terza e quarta generazione, dai cambiamenti antropologici. Come si può contrastare questo processo?

Erdő: Se i cambiamenti antropologici la accelerano, questo è ancora un aspetto più o meno spontaneo. Però noi, che proveniamo da paesi ex-communisti, notiamo che la scristianizzazione non è stato uno sviluppo naturale nella società ma veniva imposto dalle autorità che vietavano molte attività delle Chiese, sopprimevano istituzioni, incarceravano un gran numero di vescovi, sacerdoti e religiosi, nazionalizzavano tutte le scuole cattoliche e così via.

Negli ultimi decenni noi siamo diventati più sensibili agli aspetti esterni che impediscono qualche tipo di attività delle comunità religiose nella società. Sicuramente quando una società è già molto secolarizzata, allora scattano diverse reazioni, che possono qualificarsi come naturali, come se uno non avesse nessuna informazione giusta ed oggettiva delle religioni; se poi si ottengono soltanto delle informazioni negative, forse si avrà meno interesse per tutto questo settore. Di fronte a questa realtà dobbiamo annunciare la Buona Novella perché l’uomo di oggi ne ha bisogno anche perché è tormentato dall’angoscia e dalla paura dell’avvenire, dall’incertezza, dal disorientamento. Tutto ciò è diffuso nel nostro mondo, per cui se arriva una risposta, che suona in modo chiaro e che viene anche confermata dalla testimonianza personale di credenti, allora vediamo buone possibilità di arrivare fino ai cuori di molta gente.

Questa testimonianza a volte può essere naturalmente aiutata dai mass media, come ai tempi di Beato Giovanni Paolo II, quando la TV ha presentato in tutto il mondo le grandi celebrazioni liturgiche e le GMG. Questa bella tradizione continua anche oggi con effetti molto preziosi.

Si può paragonare la presente situazione della Chiesa a quella creatasi dopo 1517, la riforma protestante? E questo sinodo si può considerare, in qualche maniera, simile al Concilio di Trento?

Erdő: Queste sommiglianze o analogie storiche non mi convincono troppo perché ogni epoca assomiglia sempre alle epoche precedenti sotto qualche aspetto. In questo senso certamente ci sono alcuni tratti simili e altri no. Allora il cristianesimo era la religione dei forti, delle grandi potenze, che andavano in tutto il mondo a colonizzarlo. Oggi la situazione è ben diversa. Oggi direi che – proprio pensando al Sinodo – il cristianesimo è stato già annunciato quasi in tutto il mondo. La presenza non è ugualmente forte in ogni paese, ma la nostra fede ha un carattere più globale di quanto aveva 500 anni fa.

Penso che simile al Concilio di Trento possa essere stato il Concilio Vaticano II: oggi siamo nella fase in cui si bisogna mettere in pratica i risultati di quel grande Concilio. Perché anche in quell’occasione ci fu un grande dialogo con la cultura rinnovata del mondo. Ci sono state delle grandi sfide e sono nati i documenti fondamentali di un rinnovamento integrale della Chiesa. Penso ai documenti del Concilio stesso ma anche ai documenti della nuova liturgia.

Dico soltanto che quando usiamo la Bibbia, non possiamo farlo efficaciamente, se noi stessi siamo incerti, se, ad esempio, alla luce della critica testuale, il testo ha veramente quel significato, che vediamo noi. Il rinnovamento in base ai risultati scientifici della lettura del testo stesso della Bibbia è anche un passo molto importante.

Poi c’è il Catechismo dell Chiesa Cattolica, di cui celebriamo il 20° anniversario. È molto simile al Catechismo indirizzato ai parroci, pubblicato dopo il Concilio di Trento. È una base dell’insegnamento rinnovato della fede. Sempre libero da un solo sistema filosofico, esso segue l’ordine kerygmatico della trasmissione della fede, cioè il Credo, i Sacramenti, Padre Nostro, la preghiera, i commandamenti di Dio. È una ricchezza, una completezza della fede cattolica. Se vediamo le note in calce alle pagine, troviamo sempre riferimenti alla Sacra Scrittura, alle fonti della tradizione, concili ecumenici, romani pontefici e ad alcuni grandi Padri della Chiesa, ma non alla moltitudine delle opinioni cattoliche o non cattoliche che girano nel mondo. Quindi, è una base solida che poi è stata anche presentata in forma breve nel Compendio e che serve anche come base per la preparazione dei catechismi in diversi paesi del mondo. Abbiamo uno strumentario provvidenziale per il rinnovamento e dobbiamo approfondire proprio quella richezza che abbiamo ricevuto dal Concilio.  

Come descriverebbe la situazione del cattolicesimo nei paesi ex-comunisti? C’è differenza tra l’Europa dell’Est e dell’Ovest a tal riguardo?

Erdő: È chiaro che c’è differenza. Il grosso della differenza è nascosto nelle esperienze storiche delle generazioni, che ancora vivono e si ricordano. Quello che, in alcuni paesi nell’Occidente, anche nella vita interna della Chiesa, sembra un problema grande e centrale, guardando con gli occhi dei fedeli dell’Est europeo sembra una cosa piuttosto secondaria perché vivono ancora nell’essere o non essere. E rispetto a quello, le questioni interne alle sagrestie appaiono piuttosto secondarie.

Poi c’è tuttora una differenza radicale anche nella posizione economica e sociale delle Chiese occidentali e orientali. Nell’Europa dell’Est, la Chiesa Cattolica, ma in generale le Chiese, anche se sono state loro restituiti alcuni immobili e anche se, a volte, hanno dovuto persino assumersi la responsabilità della gestione di diverse istituzioni di utilità pubblica come scuole o ospedali, in se stesse sono povere e anche la società attorno a queste Chiese è relativamente povera. Non basta dire: prendiamo le tecniche di fund raising dalle Chiese occidentali, facciamo la stessa cosa da noi e avremo lo stesso risultato. Naturalmente no. Questo vale anche per il campo civile.

[La seconda parte dell’intervista al card. Erdő sarà pubblicata venerdì 2 novembre]

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ZENIT Staff

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